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Il personaggio della settimana – Phil Hill
Americano nato a Miami ma cresciuto dall’altra parte del paese nella west coast precisamente a Santa Monica. Phil Hill rispetto alla storia del suo continente colonizzato nei secoli dagli europei, ha fatto il percorso contrario. Si è trasformato in un conquistatore ed è venuto a prendersi la corona della Formula 1 che in quegli anni a parte per alcuni Gran Premi era prettamente europea con piloti soprattutto del vecchio continente. Fu il primo americano a riuscirci e lo fece con la rossa della Motor Valley, la Ferrari.
Una Ferrari per un americano
Come Enzo Ferrari arrivò a pescare uno dei suoi piloti in America è molto semplice. Phil fin dall’età di nove anni guidava e mostrava uno spiccato interesse per l’automobilismo così come le corse. Si trasferì in Inghilterra per lavorare con la Jaguar come collaudatore e pilota sostitutivo. Ma presto si mise in mostra, nel 1954, arrivando secondo su una Ferrari 375 MM Vignale nella Carrera Panamericana. Questo risultato gli valse l’occhio del Drake che lo mise sotto contratto per la 24h di Le Mans e la gara in cui aveva colto il podio la stessa stagione. Purtroppo il 1955 non fu un anno fortunato per l’automobilismo, tanto che dopo la terribile strage di Le Mans, evento destinato a influire nella storia delle corse automobilistiche, anche in Messico decisero di cancellare la Carrera Panamericana. Con la Scuderia di Maranello arriverà a vincere la gara regina delle gare endurance alla sua quarta partecipazione nel 1958 a bordo di una Ferrari Testa Rossa insieme a Olivier Gendebien. Hill aveva un legame speciale con le macchine della valle dei motori, tanto che forse non tutti sanno che la sua prima partecipazione alla 24h di Le Mans fu con una Osca. Della 24h francese vinse altre due edizioni, nel 1961 e nel 1962, sempre con una Ferrari e sempre con il suo collega belga al fianco.
Phil for speed
Enzo Ferrari di lui diceva che era un amante della velocità pura e delle curve rapide, i circuiti tortuosi non erano i suoi prediletti, al contrario di quelli dove la potenza poteva essere scaricata su dei lunghi rettilinei. Riusciva a unire in modo quasi naturale la velocità alla costanza e questo gli permise di ottenere grandi risultati anche in altre gare di durata. Il suo anno è il 1958 quando insieme alla 24h di Le Mans vince anche la 1000 km di Buenos Aires e la 12h di Sebring. Quei risultati lo misero sempre più in luce all’interno delle gerarchie dei piloti Ferrari. Phil voleva la Formula 1 ma i sedili in rosso erano tutti occupati. Così sempre nel ’58 decise di affittare la Maserati 250F dell’amico Jo Bonnier e prese parte al suo primo gran premio a ruote scoperte in Francia a Reims dove arrivò settimo. Purtroppo quella stagione sarà tragica per la Ferrari e i suoi piloti. Dopo la morte di Musso in Francia e quella di Collins in Germania, Ferrari decide di chiamare Hill come scudiero di Hawthorn per il finale di stagione. L’americano ricopre il ruolo di gregario egregiamente scortando il britannico alla vittoria finale del Campionato del Mondo. Dopo il ritiro di Hawthorn lui rimase in Ferrari fino al 1962 come pilota di punta. Il suo anno fu però il 1961 poiché oltre alla corona di Le Mans si conquistò anche quella della Formula 1.
Un titolo amaro
In quella stagione la Ferrari 156 F1 era la macchina da battere e la lotta per il titolo tutta interna con il suo compagno di squadra, il nobile Wolfgang Von Trips. I due si contesero la vittoria fino a Monza. Fino a quel momento Phil aveva vinto una volta al contrario del suo amico tedesco, il quale però aveva ottenuto quattro podi contro i cinque dell’americano. Si giocarono tutto nel tempio della velocità. A Hill bastava vincere per chiudere il discorso mondiale. Il pilota dalla Florida fece ciò che doveva, si prese la prima posizione e non la lasciò. In quel gran premio c’era però uno scozzese che voleva mettere i bastoni nelle ruote alle due Ferrari, Jim Clark. Al via insidiò subito le rosse e ci fu un contatto proprio con la monoposto di Von Trips dal quale si scatenò una carambola nella quale oltre al pilota persero la vita altre quattordici persone. Phil vinse la gara e si laureò campione del mondo di Formula 1. La notizia la apprese solo quando finì la gara e insieme alla squadra non si presentarono al gran premio successivo in America in segno di lutto e rispetto.
Fino al 1966 rimase in Formula 1 anche saltuariamente negli ultimi anni della sua carriera. Dopo l’avventura in rosso guidò per la Porsche, ATS, Cooper e per una scuderia americana la che correva con le Eagle. Passò Anche dalla Lotus e dalla McLaren come privato ma senza mai ritrovare quella scintilla che aveva con il Cavallino Rampante.
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