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Pop&Sports – Elogio al riscatto: saper rialzarsi nei momenti più bui

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 “Il successo non è definitivo e l’insuccesso non è fatale. L’unica cosa che conta davvero è il coraggio di continuare.”
Winston Churcill

Per quanto uno ci provi a non farlo, cadere è inevitabile. Lo impariamo fin da bambini, da quando cerchiamo di imparare a camminare. Inevitabile, perché quando si prova ad andare in contro a qualcosa, che sia nuovo per noi o inaspettato, non riusciamo da subito a gestire il problema davanti a noi. E cadiamo. L’importante è alzarsi. Alzarsi e riprovarci, senza che il fallimento o il problema prenda il sopravvento. Testa alta ad affrontarlo. E questo, come ben sappiamo non è semplice per tutti. Ad un anno esatto dalla scoperta della malattia di Sinisa Mihajlovic, oggi raccontiamo cinque storie di cinque personaggi che sono caduti, ma nonostante le avversità sono riusciti ad andare oltre, diventando più forti e di esempio per chi, come loro, hanno simili o stessi problemi. Un elogio al riscatto. 

sport.sky.it

Alex Zanardi
D’obbligo, secondo me, partire con chi ne ha passate tante e che, purtroppo, sta tutt’ora affrontando l’ennesimo ostacolo. Alex Zanardi, oltre ad essere un campione automobilistico e paralimpico, è prima ancora un uomo, amatissimo per la sua forza di volontà, la determinazione e l’atteggiamento sempre positivo nei confronti della vita. Non si è mai arreso alle avversità che la vita gli ha riservato, risollevandosi sempre col sorriso e ripartendo ogni volta. La carriera di Alex inizia nel 1991 in Formula 1, con la Jordan, grazie alle ottime prestazioni fatte in Formula 3000. Poi, guiderà per la Minardi e la Lotus,Poi, anche se non riuscì ad affermare suo passaggio nell’alto livello,nonostante le qualità. Successivamente, nel 1997, Zanardi passò alla formula Cart americana, dove conquistò tre vittorie già nel primo anno, arrivando a vincere due campionati nel 1997 e nel 1998. Nel 1999, Alex ci riprova e torna in Formula 1 con la Williams, anche se risultati furono deludenti e il contratto venne recesso nel 2000 consensualmente. Lo stesso anno il Manager della Formula Cart lo convinse a tornare nella categoria con la Reynard Honda. Tragico il momento che gli cambiò la vita: l’incidente del 15 settembre 2001, nella pista del Lausitzring, quando a undici giri dal termine perse il controllo della vettura. La vettura di Alex venne spaccata in due nello scontro. Il pilota, dopo essere stato in coma, si salvò miracolosamente, amputandogli le gambe per limitare l’emorragia. Quella che poteva essere la fine della carriera sportiva e della vita considerata da tutti “normale”, fu invece l’inizio di una seconda vita, come ama sottolineare lui stesso. Alex Zanardi torna a gareggiare presto con l’ausilio delle protesi, cimentandosi in diversi sport, sorprendendo per i risultati ottenuti, la capacità di adattarsi all’avversità e allo spirito forte con cui affronta ogni gara. Diventa campione italiano di automobilismo nel campionato di superturismo nel 2005 e con l’handbike, nel paraciclismo, emoziona tutto il mondo. La prima gara a cui partecipa è la maratona di New York nel 2007, chiusa con un incredibile quarto posto. Nel 2011 ci riprova, stabilendo un nuovo record per handbike sia nella Maratona newyorkese, sia che in quella della di Roma, nel 2012.Tante le medaglie paralitiche ottenute, per la precisione 6: due ori e un argento a Londra 2012 e due ori e un argento pure a Rio 2016. Un’uomo incredibile ed è per questo che è riuscito ad entrare nel cuore della gente, diventando un’idolo per molti.

corrieredellosport.it

Francesco Acerbi 
Come non parlare di Ace, un giocatore affermato diventato titolare a 25 anni, quando altri sono già belli che avviati. Francesco ha perso un sacco di tempo: quando giocava per La Spezia e per il Pavia faceva grandi serate più che allenamenti e, nell’estate in cui ha avuto l’occasione di iniziare la stagione da titolare con la maglia che, nel 2012 , era ancora “la più titolata al mondo”, il Milan, butta tutto nel rusco. Il padre di Acerbi muore pochi mesi dopo il suo arrivo a Milano e, come dice lui stesso: “Mi sono messo a bere, ho bevuto tutto”. Era un bravo calciatore, ma di sicuro non aveva testa. Viene ceduto prima al Chievo e poi al neopromosso Sassuolo. Nel luglio 2013, durante i controlli medici del Sassuolo, si accorgono che qualcosa non andava e sottopongono Acerbi ad altri accertamenti, determinano una diagnosi inaspettata: tumore al testicolo sinistro. Francesco viene operato d’urgenza e l’intervento è perfettamente riuscito. Proseguirà poi con 4 cicli di chemioterapia. La sua seconda vita è cominciata quel giorno. Si rialza da quella brutta batosta, sconfiggendo il male e tornando a giocare più forte di prima. Oggi, a 32 anni, Acerbi è il pilastro della difesa della Lazio ed è uno dei più forti difensori italiani, nella rosa della Nazionale. Invece di stroncarlo, la malattia lo ha rimesso nel giusto cammino.

f1ingenerale.com

Niki Lauda
Forse lo conoscete principalmente per il film “Rush”, ma Lauda era un personaggio affermato nel mondo della F1, lasciandoci nel 20 maggio dell’anno scorso. 3 titoli mondiali, 177 titoli disputati, 25 vittorie, 24 pole e 54 podi  e 24 giri veloci. E’ il pilota che è riuscito a riportare il titolo al cavallino rampante nel 1975, fermando il suo letargo durato 11 anni.  Quello che contraddistingueva nel mondo della Formula 1 era la sua visione tecnica- strategica della corsa e la cura verso la sua vettura.Esordisce nel 1971, al volante di una March, e nel ’74 entra nella Scuderia Ferrari. Nel ’75, la vittoria del mondiale lo lancia nell’Olimpo delle corse automobilistiche. Nel ’76 il tragico incidente a Nurburgring, GP di Germania e pista più pericolosa e selettiva del campionato: Lauda va a sbattere nella curva Bergwerg e la sua Ferrari inizia ad andare a fuoco. Viene estratto dalle lamiere da altri piloti, tra cui l’italiano Arturo Merzario. Lauda riporta ustioni molto gravi su tutto il corpo, ma a preoccupare sono le inalazioni dei fumi della combustione della benzina, che compromettevano i polmoni. Niki riesce a risollevarsi, sconfigge la paura, schiaffeggi la morte e gli dice “Non oggi!”, recuperando a tempo record in 42 giorni, per poi ripresentarsi a Monza, dove riesce a conquistare un miracoloso quarto posto. Quell’anno sarà la McLaren con James Hunt, storico rivale, a vincere il titolo, per appena un punto. Nel 1977, l’anno della riscossa e l’ultimo nel cavallino rampante, vincendo pure il suo secondo mondiale. Nel ’79 si mette giacca e cravatta abbandona il mondo delle corse, per suoi interessi imprenditoriali. Ma non riesce a dire addio. Infatti, nel 1982, firma con la McLaren e, nel 1984, vince il suo terzo titolo. Nel 1985 l’addio definitivo alle corse, ma non al suo mondo: dal 2012 al 2019, fino la sua morte, Niki ha coperto il ruolo di Presidente non esecutivo per il team Mercedes AMG F1, raggiungendo risultati incredibili. Anch’esso un uomo incredibile, che ha avuto il coraggio di affrontare la paura e di farsela amica.

ilprimatonazionale.it

Manuel Bortuzzo
Non solo campioni affermati, ma anche giovani promesse. Manuel Bortuzzo, 21 anni, è il nuotatore che noi tutti conosciamo perché, dopo un’uscita del sabato sera, attesa dopo una settimana di allenamenti, viene colpito alla schiena da due colpi di pistola, per uno scambio di persona, a Roma. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2019, i proiettili danneggiano il midollo spinale, facendogli perdere l’uso delle gambe. Quello che potrebbe essere l’ennesima cronaca nera nella Capitale, invece diventa una storia esemplare: prima in coma farmacologico, poi operato due volte; cinque giorni dopo registra un audio, in cui dice “torno più forte di prima” e, in due settimane, esce dall’ospedale. 32 giorni dopo è già in piscina a nuotare e registra un video che conquista l’Italia. Per lui si prospetta comunque una grande carriera, perché comunque non si è mai arreso. 

corrieredibologna.corriere.it

Sinisa Mihajlovic
Arriviamo dunque al nostro mister felsineo, Sinisa Mihajlovic. La storia ormai la conosciamo e di certo non la sto a ripetere. L’importante è soffermarsi a pensare come anche lui non si sia perso d’animo e abbia combattuto per eliminare il male. Un’anno fa l’annuncio all’Italia intera e non solo. Un mese dopo, già in cura per la Leucemia, lo si trova sulla panchina della squadra a Verona, allo stadio Bentegodi, confermando che è un combattente. Sinisa ha sottolineato diverse volte come la testa sia importante in queste situazioni: “Ricordo quando volevo tornare in panchina. A decidere era il dottor Cavo. Inizialmente forse non era il caso, ma lui sapeva che non andare per me avrebbe significato stare peggio. Ha avuto una comprensione infinita nei miei riguardi”, racconta nella conferenza stampa, durante la Giornata Nazionale per la lotta contro la Leucemia. Un leone che, nonostante la scorza dura, in quel periodo buoi è riuscito a mostrare il suo lato sensibile e che adesso, nonostante sia guarito, continua ad avere pur esigendo la normalità. 

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