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Pop&Sports – Il vento sta cambiando per lo sport femminile
Si sa, e per fortuna, che le donne stanno prendendo il posto che gli spetta in questo mondo maschilista e, a volte, misogino. Negli scorsi anni, specialmente in quest’ultimo, abbiamo visto grande volontà da parte dei rappresentanti dello sport nel voler cambiare. Certo, a mio avviso (e probabilmente dico un’ovvietà) si sta scalfendo ancora la superficie, ma intanto qualcosa si sta muovendo.
Il 2020 non è stato solo un anno legato al Coronavirus, ma anche al movimento culturale, non solo del #blacklivesmetter. Il mondo femminile ha iniziato a muoversi per richiedere i pari diritti con gli sport maschili. Come? Riconoscendo lo sport femminile, nella massima serie, come professionismo.
L’avvento del professionismo nel calcio femminile è stato uno dei temi più caldi dello scorso anno. Le voci sono state ascoltate e ad inizio gennaio la FIGC ha deliberato che, a partire dalla stagione 2022-23, tutti i club della massima serie saranno professionisti. Certo i prossimi due anni rappresenteranno una fase di transizione molto delicata, da affrontare con estrema prudenza e chiarezza, dato che, ancora, non è dato a sapere se l’ammontare dell’investimento dello Stato sia destinato a solo al calcio femminile o anche alle altre discipline.
Esatto, perché ovviamente non si tratta solo di calcio, ma anche di altre discipline che aspettano di essere riconosciute a livello professionistico. Prendiamo anche il basket femminile: nemmeno due settimane fa, Bologna ha ospitato le LBF Final Eight di Coppa Italia, tra l’altro facendo coincidere la finale l’8 Marzo. A differenza del calcio femminile, dove Sky ha avuto un peso importante per la lotta al professionismo – facendo trasmettere le finali di coppa italia femminile l’anno scorso e prendendo i diritti televisivi per il Campionato in corso, ndr. – il basket rosa deve cavarsela da sola, un po’ come le altre discipline. Possiamo dire che, comunque, la LBF ha una federazione dietro che ci tiene al lancio della parte femminile. Durante la conferenza stampa del 3 Marzo, dove gli organizzatori presentavano l’evento della finale di Coppa Italia, il presidente della LBF Massimo Protani ha reso noto come la FIP abbia impiegato le sue risorse per salvaguardare il campionato di basket femminile, stanziando una somma tale da finanziare le società di Serie A e B per tamponi e sanificazioni. Importante è anche la semantica di far accadere la finale di Coppa Italia l’8 Marzo, giornata internazionale dei diritti della donna.
Sì, ma in concreto cosa cambierà col passaggio tra dilettanti e professionisti? In grosso modo, con questo passaggio le atlete diventeranno dipendenti delle società e potranno godere di tutti i diritti e le tutele del caso in ambito legale e sanitario. Le tutele proteggeranno le atlete anche in caso di maternità, dato che ora non hanno alcuna forma di tutela e i loro accordi possono essere risolti dalle società di appartenenza. Dal 2017 possono però accedere al Fondo Unico per il Potenziamento dello Sport Italiano, che prevede l’erogazione di un rimborso di 1000 euro al mese per 10 mesi, senza però avere nessun obbligo. Cambia anche l’assicurazione sanitaria in caso di infortunio, cui la società pagherà non in collettivo ma per singola atleta.
Il passaggio tra dilettanti e professionismo per il mondo femminile fa sì che storie come quella dell’ex pallavolista Laura Lugli, che si è vista negare l’ultima mensilità di stipendio del 2019 a causa della maternità e ora citata in giudizio dalla società, non si ripetano più. Il fatto che una società si possa proteggere con la sola frase “ci doveva informare di un eventuale suo desiderio di gravidanza”, sciogliere l’accordo e negarle anche l’ultimo stipendio è davvero uno schifo!
Noi della redazione siamo con Laura Lugli e allo sport femminile possiamo dire di stringere i denti, il vento sta cambiando.
Fonte: football.it / repubblica.it
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