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I racconti del commissario – La prima Aventador

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Imola, febbraio 2011. Faceva freddo e una tipica nebbia da inverno romagnolo lasciava intendere che fino all’imbrunire avrei potuto apprezzare tutte le tonalità del grigio. Era uno scenario un po’ insolito per iniziare la stagione da commissario di percorso, ma l’idea di tornare all’ Enzo e Dino Ferrari mi rendeva felice. Era insolita anche la presenza del cliente: Lamborghini aveva riservato la pista per sé, destinandola verosimilmente al collaudo di qualche esemplare di Gallardo in versione Super Trofeo. Non potevo immaginare che mi aspettava uno dei momenti più importanti del decennio per la storia dell’auto.

La Lamborghini Aventador è già pronta per entrare nella storia (Lamborghini Media Center)

Forme uniche nello spazio

Nell’assegnazione delle postazioni mi ritrovai nel mio “habitat” naturale: la corsia box dove operavo da sette anni. In particolare avrei passato la giornata sul “trabattello”, una cabina sopraelevata da cui viene esposta la bandiera a scacchi che può definirsi la camera con vista privilegiata su rettilineo e box. Come immaginavo appena la nebbia consentì l’avvio delle attività diverse Gallardo Super Trofeo scesero in pista guidate dai collaudatori del Toro. Tuttavia nel box notai un oggetto inatteso. Era una supercar, senza dubbio, ma “wrappata” con una livrea “camouflage” che voleva celare delle forme inconsuete. Ma non c’è camuffamento che tenga quando si è davanti a qualcosa che sembra arrivare dal futuro. Quella supersportiva aveva linee mai viste, alternava volumi vuoti a pieni creando superfici complesse. Un fiorire di spigoli donavano l’aspetto di una belva con i muscoli pronti a farla scattare nello spazio. Non sembrava nemmeno un aereo di caccia o una navicella spaziale: era una scultura unica, innovativa e sconvolgente a cui erano state donate quattro ruote per correre veloce su una striscia di asfalto. Solo le portiere a forbice e l’enorme cofano motore lasciavano intendere che si trattava di una Lamborghini V12. I tecnici si limitavano a dire “quella è una roba nuova…” in modo sbrigativo. Ero estasiato come mai prima alla vista di una supercar.

Pronta al debutto

Nel primo pomeriggio un via vai continuo tra auto di rappresentanza ed elicotteri mi fece capire che stavo assistendo ad un evento riservato ma di straordinaria importanza. La dirigenza del gruppo Audi-VW arrivò a Imola al completo. La belva scese in pista per mostrare i suoi artigli a pochissimi eletti più il sottoscritto, addetto ai lavori inconsapevole testimone di un evento storico. Poche settimane dopo colsi la portata di quanto avevo vissuto quando al Salone dell’Automobile di Ginevra l’amministratore delegato di Lamborghini Stephan Winkelmann lanciò la nuova Aventador LP 700-4 con queste parole:

«L’Aventador rappresenta un salto di due generazioni in termini di design e tecnologia: offre un pacchetto eccezionale di tecnologie uniche e innovative abbinate a prestazioni letteralmente travolgenti

Telaio monoscocca in fibra di carbonio, trazione integrale permanente, poderoso motore V12 a 60° da 700 cavalli, un florilegio di controlli elettronici racchiusi in un design che faceva invecchiare di colpo il resto della produzione sportiva mondiale: era nato un nuovo mito della Motor Valley e lo avevo visto davanti a me prima di tutti. Mi sentivo un privilegiato.

Una Aventador Roadster con colorazione “Ad Personam” saluta la linea di montaggio (Lamborghini Media Center)

Arte in movimento

L’idea iniziale di essere davanti ad un’opera d’arte non fu solo una mia iniziativa personale: con un paio di centinaia di colori e finiture uniche la grande maggioranza degli acquirenti avrebbe personalizzato il suo esemplare di Aventador. Ma anche artisti come Skyler Grey e Yohji Yamamoto avrebbero decorato esemplari esclusivi con livree uniche, Krista Kim e Steve Aoki avrebbero realizzato opere digitali mentre la vettura sarebbe stata al centro di mostre da San Pietroburgo a Miami Beach fino a Venezia. Ma le arti figurative non bastavano: la Aventador sarebbe apparsa sul grande schermo in pellicole come “Batman: Il cavaliere oscuro – Il ritorno” eTransformers 4 – L’era dell’estinzione” oltre a vari videoclip musicali. Anche la mia prima visita allo stabilimento Lamborghini fu tutta a base Aventador con la scoperta della linea di montaggio in cui prendeva forma “la bestia”. Un’esperienza unica che mi legò ancora di più a quella supercar che mi aveva regalato di suoi primi vagiti – pardon, rombi – sull’asfalto dove ero cresciuto.

Foto ricordo con l’ultima Aventador che lascia la linea di montaggio di Sant’Agata Bolognese (Lamborghini Media Center)

Per sempre nel mito

Non potevo immaginare che la storia si sarebbe conclusa in una giornata di inizio autunno. Lunedì 26 settembre 2022 l’ultimo esemplare di Lamborghini Aventador ha lasciato lo stabilimento di Sant’Agata Bolognese. Una roadster di colore azzurro realizzato “Ad Personam” per un cliente svizzero consegnata alla storia per essere l’ultimo Toro con un cuore V12 aspirato prima della transizione verso la propulsione ibrida. Un’automobile che mette la parola fine ad un’avventura fatta da un totale di 11.465 esemplari venduti in tutto il mondo, otto modelli derivati, una decina di “one-off” ed edizioni limitate (come la splendida Miura Homage e la Ultimae), un paio di record stabiliti sulla Nordschleife, decine di apparizioni in videogiochi, milioni di modelli in scala ridotta. Ma i numeri non potranno mai raccontare un’emozione partita in riva al Santerno in una grigia giornata di febbraio per cristallizzarsi eternamente nella leggenda dell’automobilismo.

Una Aventador SVJ regala il suo canto (worldofcars.tv su YouTube)

Woyshnis Media

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