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QUESTO STRANO TOUR
Con la partenza della corsa più importante al mondo, in bicicletta, ritorna il nostro “chansonnier” preferito del mondo della pedalata. A Walter il compito di raccontarcelo, con la sua penna e la sua esperienza, con alcune incursioni nelle tappe più significative.
Mancheranno tante cose al Tour de France che, finalmente, partirà oggi da Nizza e si concluderà (Covid permettendo) il 20 settembre sugli Champs-Elysées di Parigi.
Mancherà il mese di luglio, come già al mese di luglio mancò il Tour per la prima volta nella piccola-grande e ultra centenaria storia della corsa a tappe Francese. Tanto che a me, come credo a molti suiveur, il mese di luglio quest’anno è parso un po’ meno luglio, con tutti quei lunghi pomeriggi stranamente liberi per fare gite in montagna, o, a seconda dei gusti, bagni al mare. O magari per starsene semplicemente svaccati su qualche divano, davanti a qualche Tv, che però nontrasmetteva le immagini del Tour, o se lo faceva erano immagini di repertorio.
Col mese di luglio mancherà, a parte forse nei primi giorni, il caldo. Quella “chaleur” (rigorosamente al femminile dall’altra parte delle Alpi) che da sempre contribuisce, al di là dei percorsi, a rendere più massacrante la grande corsa.
Mancherà la carovana pubblicitaria, al prossimo Tour. O meglio, sarà assai ridotta rispetto al solito. E allora che ci va a fare un bambino o un ragazzino (di dieci, di quindici, ma anche di sessant’anni e oltre) sulla strada del Tour se non si può manco sperare di far razzia dell’enorme quantità di gadgets che vengono distribuiti ogni anno sulle strade di Francia? E se i gadgets sono infetti? E se….Troppi pensieri!
Decisamente troppi pensieri!
Mancherà la gente sulle strade del Tour. Ma sì, un po’ di gente alla fine ci sarà sicuramente, ma vuoi mettere con le centinaia di migliaia di persone che ogni anno, da ogni parte del mondo, raggiungono la Francia perché è luglio e c’è il Tour?
Mancherà la gente, perché le ferie per la maggior parte delle persone sono ormai un ricordo, perché ci saranno limitazioni agli accessi, perché col Covid non si scherza e gli assembramenti non si devono fare, perché da molti paesi non ci si può spostare, perché magari vai in Francia e poi, sempre per via del virus, da lì non riesci più ad uscire e se ce la fai a raggiungere casa tua magari ti mettono in quarantena, e non puoi tornare subito al tuo posto di lavoro per raccontare ai tuoi colleghi che anche quest’anno, come sempre, sei stato al Tour.
Dal punto di vista eminentemente tecnico, mancheranno alcuni sicuri protagonisti, al Tour. Innanzi tutto quel Chris Froome che si è aggiudicato quattro delle ultime otto edizioni. Ma anche Mister G., al secolo Geraint Thomas, vincitore nel 2018 e Vincenzo Nibali, l’unico corridore in grado di spezzare in dominio Sky/Ineos negli ultimi nove anni vincendo nell’ormai lontano 2014.
“Ok. Bravo! Complimenti!” mi direte se siete arrivati a leggere fino a questo punto.
“Ora che hai elencato tutte le cose che non ci saranno nel prossimo Tour ci puoi per favore dire anche se c’è qualcosa che ci sarà? Magari per spingerci a seguirlo, se ce ne venisse la voglia”.
Agli ordini signori, eseguo, o almeno ci provo! Ci saranno tante montagne: Pirenei, Massiccio Centrale, Alpi e, come si sarebbe detto un tempo, nientepopodimenoche una cronoscalata alla penultima tappa sulla durissima ascesa de La Planche de Belles Filles.
Ci saranno, almeno si spera, belle sfide che dovrebbero avere per protagonisti il Colombiano Egan Bernal, vincitore dell’edizione 2019 che si è ritagliato a furor di pedale i gradi di capitano del Team Ineos, lo Sloveno Primoz Roglic (annunciato in gran forma, prima della caduta al Giro del Delfinato), il suo compagno di squadra Tom Dumoulin (reduce da un 2019 da buttare per colpa di una caduta). E ancora l’altro Sloveno Tadej Pogacar, i due francesi Thibaut Pinot e Julian Alaphilippe che seppe infiammare e rendere spettacolare l’edizione del 2019 prendendo la maglia gialla nelle prime tappe e difendendola con lo spirito del moschettiere fin quasi alla fine. Da non dimenticare i colombiani Miguel Angel Lopez, Nairo Quintana e Rigoberto Uran, l’ecuadoriano Richard Carapaz (vincitore dell’ultimo Giro), il basco Mikel Landa, l’eterno Alejandro Valverde, il tedesco Emanuel Buchmann, il russo Pavel Sivakov, il francese Guillaume Martin.
Ci saranno, come sempre, tanti eroi di un giorno, di un’ora, di un momento che sapranno ritagliarsi il loro capitolo, la loro pagina, la loro riga nel romanzo che stiamo per iniziare e che si chiama Tour de France. Sì, perché il Tour non è una semplice corsa ciclistica. Non è solo sport. E’, giustappunto, un romanzo che odora di strada, di paesaggi montani, campagnoli o marini. E di colori. E di villaggi fioriti. E di frizioni bruciate. E di sudore. E di sangue. E di lacrime ora di gioia ora di rabbia. E di osterie. E di salsicce alla griglia cucinate a bordo strada. E di formaggi. E di vini bianchi o rossi, con bollicine o senza. E di Francia. Soprattutto di Francia. La Douce France cantata da Charles Trenet.
Ed ecco che, arrivato a questo punto che pensavo fosse la fine, parlando della Francia, dei suoi sapori , dei suoi odori, mi rendo conto che prima, nel citare le “mancanze” di questo Tour, mi sono dimenticato di indicare la più importante di tutte.
Mancherà la sua macchina per scrivere. Mancherà la sua voce impastata di fumo. Mancheranno le sue “colonne sonore” a base di Trenet e di Brassens. Mancheranno le sue descrizioni del territorio, dei ristoranti, dei cibi, dei vini. E il suo modo unico di raccontare la corsa, e la Francia, e la vita.
Insomma, mancherà tanto, tantissimo, il mio amatissimo Gianni Mura.
Infinitamente.
Tanto che da mesi mi sto chiedendo se sia davvero immaginabile un Tour senza la sua presenza. E no, non dev’essere un caso se si sono dovuti aspettare due mesi perché la corsa partisse. A settembre, Messieurs, non a luglio come d’abitudine.
Senza di lui, però, porca vita!
E forse anche senza di me lungo la strada. Per la prima volta da ventiquattro anni a
questa parte. Ma in fondo chi se ne frega, Amici miei?
Ci frega che oggi finalmente parte il Tour.
Evviva il Tour.
Anzi, come direbbero quelli della Douce France di Trenet, di Mura, e anche un po’mia: Vive le Tour!
“Il Tour de France è avventura umana, una chanson de geste, preciseranno subito quelli che hanno studiato, dove ogni giorno succede qualcosa di bello, di brutto, di inatteso, di doloroso, di doloso. Il Tour è storia, leggenda, è cronaca spicciola, letteratura, mangiare e bere, fatica. (Gianni Mura)
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