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Il Semaforo Rosa – Rebecca Busi: “Ho vissuto la vera Dakar, quella dei racconti. Non vedo l’ora di tornare là”
Appena tornata dalla sua seconda Dakar, la bolognese classe 1996 si è dedicata a qualche giorno di relax totale per riprendersi dal viaggio di ritorno vissuto come una vera odissea e dalle fatiche di una competizione che ti porta fisicamente allo stremo e che lascia strascichi che porti a casa come dolci souvenir dal deserto saudita. Rebecca ha un amore incredibile per i rally e la competizione regina delle corse off road è un’occasione unica da vivere a 360 gradi. Già l’anno scorso aveva avuto la possibilità di partecipare per la prima volta nella categoria Classic, ma quest’anno si è messa alla prova con un Can-Am Off Road o come ama chiamarlo lei nel suo resoconto social, “il suo bronzino” ed è partita alla volta di dune, strade sterrate e piene di sassi oltre che ostacoli che mettono a dura prova chiunque ci provi, anche i più esperti. Figurarsi una ragazza così giovane alla sua seconda esperienza assoluta in una gara così tosta.
Un’avventura unica al mondo, al limite di qualsiasi sforzo si possa richiedere al nostro corpo. Rebecca eppure, insieme alla sua navigatrice Giulia Maroni, non ha mai mollato, anche quando il freddo pungente delle tenebre arrivava a tenergli compagnia lasciandola tremare per ore e ore fino al bivacco. Nonostante questo la giovane pilota porterà questa Dakar 2023 con sé per sempre come bagaglio di esperienza per le prossime gare e con lo sguardo già rivolto verso l’edizione 2024, che non vede già l’ora di affrontare con ancora più determinazione e passione. Perché solo così si vive la vera Dakar.
“Ho passato diverse fasi nel fare un bilancio su questa Dakar 2023. Mentre ero là sicuramente la parola giusta era sfortuna. Adesso, con il senno di poi, mi è quasi piaciuto che questa edizione sia stata così sudata. Non so perché. Forse per romanticizzare il fatto che io abbia affrontato di tutto e di più e quindi, essendo prima di tutto un’avventura e non avendo tanta esperienza quanto è richiesta da una gara del genere, penso che siano state tre settimane di ricordi che mi porterò dietro per tutta la vita.”
Cosa ha imparato Rebecca da questa Dakar? Sicuramente tantissimo a livello umano e professionale ma anche qualche piccolo trucco per migliorare l’esperienza vissuta: “Una cosa che farò sicuro prima della gara del prossimo anno sarà una cura per le difese immunitarie prima di partire e comprarmi una tuta specifica per il freddo e la pioggia che quest’anno si sono fatti sentire”. Questo per evitare anche influenze destabilizzanti come quella avuta quest’anno che le ha causato non pochi problemi. “Quando mi sono ribaltata l’ultima volta avevo la febbre e secondo me l’incidente è successo perché la mia soglia di attenzione e i riflessi erano influenzati dal mio stato fisico. Stavo veramente molto male, tanto che mentre stavamo tornando via asfalto volevo stare nella mia macchina ma non ci riuscivo, tremavo moltissimo. Ho fatto quindi fermare tutti e sono salita sul camion di assistenza che ci seguiva. Ho dormito per i restanti 300 km, nonostante stessero ascoltando Rock ‘n Roll ad alto volume. Già nella tappa precedente sentivo di non stare bene e quando mancavano 200 km mi sono fermata e mi sono messa a piangere perché sentivo di non farcela. In quel momento Giulia è stata fondamentale perché ha continuato a sostenermi.”
Quando ti trovi in difficoltà cerchi di aggrapparti a qualsiasi soluzione pur di venirne fuori, cercando sostegno nelle persone più vicine. Ed è lì che una navigatrice come Giulia può diventare una forza in più alla quale attingere: “Ci siamo trovate molto bene insieme. Non abbiamo mai litigato ed il che è molto particolare. La Dakar tira fuori sempre il peggio, soprattutto se affronti un viaggio pieno di problemi e frustrazioni come il nostro. Stare in macchina tutto il giorno con la stessa persona può mostrare il lato peggiore di te. Lei ha patito molo il freddo, perché è molto più freddolosa di me e si copriva di continuo con strati di vestiti che poi doveva togliere durante la speciale. Ed è stato molto divertente. Dopo due settimane del genere non ci spaventava più nulla”.
Rebecca Busi e Giulia Maroni durante la seconda tappa della Dakar 2023 – credits to Profilo IG di Rebecca Busi
Una menzione particolare al suo team che non le ha fatto mancare mai nulla. “Can-Am e HRT non hanno rivali. I ragazzi si sono impegnati a darmi sempre il mezzo nelle condizioni migliori possibili, cosa che non ho fatto altrettanto io (ride, ndr). Poi man mano che imparerò a conoscere il mezzo mi divertirò sempre di più”.
La Dakar regala emozioni e storie da raccontare ed è così che Rebecca definisce quanto vissuto in questa edizione: “Ho vissuto la Dakar dei racconti, quella dove non va tutto liscio. Ascoltando anche i miei amici piloti, quelli pro, mi hanno confermato che l’approccio alle prime volte è sempre diverso. Io ho vissuto la Dakar di quella che starebbe quattro ore a parlare di quello che le è successo, che ha vissuto e visto. Tanto è che nell’ultima tappa che abbiamo fatto, prima degli ultimi 50 km abbiamo incontrato quelli dell’organizzazione e ci siamo fermati un’ora con loro. Abbiamo preso un caffè, mangiato e fatto due chiacchiere e dopo abbiamo finito la speciale con calma. Tanto ormai avventura era e come avventura doveva finire”.
Dopo un esperienza del genere anche pensare di rimanere a dormire nel deserto sotto il cielo stellato dell’Arabia Saudita non era utopia: “Ad un certo punto per fare una pausa abbiamo spento tutto e ci siamo messe a guardare le stelle e non era proprio male. Dopo averci pensato un pochino però abbiamo deciso che sarebbe stato meglio tornare al bivacco. Quando siamo arrivate ci hanno fatto un applauso tutti perché avevamo fatto un miracolo, dopo esserci insabbiate per due ore e mezzo”.
Dopo la Dakar 2023 lo sguardo di Rebecca punta verso altre gare Rally Off Road per la stagione corrente: “Dobbiamo ancora capire. Dovrei partecipare all’Abu Dhabi Desert Challenge, ma non è ancora sicuro. Il mezzo sta tornando in nave e prima di un mesetto non sarà qui. Poi faremo qualche gara in giro tra Europa e Italia. Ovviamente la Dakar 2024 che non ce la toglie nessuno! Sono tornata da nemmeno 48 ore e vorrei essere di nuovo là. Nel deserto è come se i problemi sparissero e le sensazioni che vivo sono uniche. Ora sono a casa, ma passare ancora un mese in camper in condizioni precarie non mi dà fastidio. È un modo di vivere un po’ da nomade ma non mi dispiace, anzi.”
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