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Chiacchiere da Bar…bieri – Red Passion

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Passione rossa. Passione come entusiasmo, come tifo, come voglia di vincere. Passione come astinenza da quel trionfo, a più livelli e voglia di tornare nell’Olimpo del motorsport. È stata una domenica da sogno quella vissuta ieri. Il 10 aprile 2022 potrebbe rimanere negli annali degli sport motoristici. È stata una domenica delle palme nella quale la Motor Valley ha conquistato praticamente tutto il conquistabile. Ma andiamo con ordine.

Alla mattina ci ha pensato la Scuderia Ferrari a dare il buongiorno agli italiani. A voler essere pignoli è stata in realtà una vittoria a metà. Leclerc ha dominato il suo weekend, mentre Carlos Sainz non è riuscito a risalire la china, finendo per ritirarsi con la sua F1-75 inghiaiata. Nell’epoca delle vie di fuga asfaltate, è stata decisamente una scena d’altri tempi. Non sono un amante delle lodi sperticate, bensì preferisco guardare a ciò che si può migliorare, anche quando sembra che vada tutto bene. Nella lotta ai due mondiali, sia piloti che costruttori, che mancano rispettivamente dal 2007 e dal 2008, tutti i contendenti hanno bisogno di poter contare su entrambi gli alfieri. Se al Principe di MonteCharles attualmente c’è poco da rimproverare, a parità di auto Carlitos si è dimostrato meno incisivo del compagno. Mancando ancora venti gare alla conclusione, ogni promozione e ogni bocciatura sono decisamente premature.

Con il proseguire della giornata l’Emilia-Romagna è tornata a gioire. Sin dalla metà della mattinata, dopo il secondo posto del sabato per soli 90 millesimi di ritardo da Jonathan Rea, Alvaro Bautista si è aggiudicato la Superpole Race di Aragon, bissando poi in Gara 2 e guadagnandosi la testa del campionato. Un ritorno da favola per lo spagnolo, andatosene a fine 2019 sbattendo un po’ la porta e tornato poi a Borgo Panigale dopo due anni non felici in Honda. Si è vestito nuovamente di rosso portando a vincere quella Panigale V4R che aveva battezzato tre anni fa. In questo caso la seconda guida, Michael Ruben Rinaldi, è arrivato sempre quarto, primo degli “umani”, considerando anche il campione del mondo in carica Toprak Ratzgatlioglu. Bautista si scioglierà come neve al sole nel corso dei round o riuscirà a riportare in Ducati quel titolo piloti delle derivate di serie che manca dal lontano 2011?

Nel nostro giro del mondo virtuale, iniziato di prima mattina dall’Australia, arriviamo ad Austin in Texas. Il riminese Enea Bastianini, in sella alla Ducati Desmosedici GP21 del Gresini Racing, ne ha combinata un’altra delle sue, andando a vincere su Rins e il ducatista ufficiale Jack Miller. Solo quinto Bagnaia. Se “la Bestia” ha ripetuto un’impresa che sembrava impensabile, anche le Ducati Factory stanno compiendo un miracolo non di poco conto, vale a dire quello di farsi surclassare dalla concorrenza interna. Ad oggi il team gestito direttamente dalla Casa bolognese non è riuscito ad imporsi, nonostante una moto, la GP22, che in mano a Jorge Martin sembra funzionare più che bene. L’anno scorso è arrivato il mondiale costruttori ma il titolo piloti manca da ben quindici anni. Vincerlo con un team privato, sebbene sia un ragionamento prematuro, sarebbe una vittoria di Pirro, e non parliamo del tester Michele, in lotta per la conquista dell’ennesimo campionato italiano sbk. I segnali paiono incoraggianti, la speranza è che, con l’approdo in Europa il 24 aprile, l’aria di “casa” possa fare bene. 

Dopo il trionfo di Bastianini, al quale rischiamo di abituarci, c’è stato un ultimo squillo fatto suonare dalla terra dei motori. Il figliol prodigo Danilo Petrucci, sulla Panigale V4S, ha trionfato in entrambe le manche al debutto nel MotoAmerica, il campionato Superbike a stelle e strisce. Petrucci si sta dimostrando essere un pilota versatile e veloce se messo nelle giuste condizioni di esserlo. Dopo aver vinto una tappa alla Dakar 2022, il ternano ha confermato la sua stoffa in un campionato nuovo e con una motocicletta che non conosceva. C’è da dire che la competizione aveva inizio su un terreno “facile” per lui, in quel Circuit of the Americas che già conosceva. Le altre nove tappe saranno su piste a lui sconosciute. Il titolo in terra yankee manca a Ducati dal 1994, quando Troy Corser bissò il trionfo del ’93 di Doug Polen. Da lì, il deserto statunitense. Per capire se sarà Danilo Petrucci, che di deserto ormai se ne intende, a porre fine a questa carestia, non ci resta che aspettare e vedere.

Gli highlights della vittoria in Gara 2 di Danilo Petrucci ad Austin (YouTube – MotoAmerica; copyright to the owners)

Siamo all’alba della stagione del motorsport, un’alba che fino ad ora è stata rossa. Come visto, è ancora presto per dire che sarà un anno trionfale, anche se ci sono diversi segnali positivi. Altrettante sono però le ombre, attenuate dagli sbrilluccichii del trofei che le nostre Case stanno esponendo nelle proprie bacheche. Riusciranno, a fine anno, ad esporre anche le coppe per la vittoria dei campionati? A Imola, alla riapertura del ‘nuovo’ Enzo e Dino Ferrari nel 2008, si diceva: “piedi per terra e cuore nel vento”. Mi sembra un consiglio quanto mai azzeccato.

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