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Storie Olimpiche – L’oro inevitabile di Paolo Bettini
Se tra 200 concorrenti vince sempre lo stesso, un motivo ci sarà. È ciò che capita spesso nel ciclismo su strada. In ogni corsa professionista ci sono dai 160 a oltre 200 corridori, ma spesso, soprattutto nelle cosiddette corse di un giorno, a spuntarla è sempre lo stesso. È capitato a diversi corridori, e ultimamente capita poco agli italiani, ma c’è stato un momento in cui la risposta era sempre la stessa e si colorava d’azzurro. Chi vince? Paolo Bettini, che domande!
Alla vigilia di Ferragosto, nel 2004, ad Atene andava in scena la corsa in linea del ciclismo su strada. Un giorno, circa 6 ore per decidere chi sarebbe stato a mettersi al collo la medaglia più desiderata da uno sportivo. In gruppo tra i grandi favoriti ci sono ovviamente i grandi sprinter da Zabel a McEwen, passando per il pluri-iridato Oscar Freire. L’arrivo era adatto ad un arrivo in volata, ma prima a circa 20 km dall’arrivo c’era la solita salita, che avrebbe reso il percorso molto simile ad una Grande Classica del Nord, alla Milano-Sanremo: Tutte corse che il capitano della spedizione italiana aveva già messo nel suo palmarès.
Per Paolo Bettini, 30enne originario di Bibbona in provincia di Livorno, dopo gli assalti falliti all’Iride Mondiale (ripagati qualche anno più tardi), l’Alloro Olimpico era il grande traguardo da non sbagliare. Non ci sarebbero state tante altre possibilità, anche perché Pechino era lontana 4 anni e nel frattempo sarebbe potuto capitare di tutto.
Il Licabetto, lo strappo, come si dice in gergo, si ripeteva a 20 e a 13km dal traguardo, sembrava il punto migliore dove sferrare l’attacco per mettersi al collo la medaglia più ambita.
La scenografia degli ultimi chilometri di gara nel cuore di Atene era mozzafiato. Il percorso sullo sfondo mostrava il Tempio di Zeus e l’Acropoli. In mezzo a quel magnifico panorama, solo un vero, breve momento di completa pianura, e frammenti di pavè a rendere ancora più epico l’arrivo della corsa olimpica di ciclismo maschile.
Il caldo afoso d’agosto ad Atene è una di quelle cose che non scordi, ma la tensione che si avverte nell’atmosfera delle corse di un giorno è ancora più rovente. Paolo sapeva che avrebbe dovuto fare le sue mosse prima dell’arrivo in volata, poiché difficilmente sarebbe riuscito in un arrivo allo sprint contro alcuni dei più micidiali velocisti del globo (poco importa se negli anni successivi gli riuscirà anche quello).
A un giro e mezzo il penultimo passaggio sul Licabetto era il momento propizio. L’operazione, studiata nei minimi dettagli con il CT, ex compagno e amico Franco Ballerini, riuscì alla perfezione. Paolo scatta, lascia tutti lì, o quasi. Porta con sé un solo uomo, è il portoghese Paulinho. Professionista da soli due anni, il lusitano correva per una formazione portoghese poco conosciuta, non aveva il pedigree per impensierire Paolo, ma dopo oltre 200km tutto sarebbe potuto accadere. I due si involano, assieme, verso il traguardo.
L’arrivo non riserva sorprese. Bettini è troppo forte per Paulinho. Paolo scatta di forza, di potenza, di testa, costringendo il portoghese ad arrendersi a 100 metri dal traguardo. Braccia al cielo, Bettini è Campione Olimpico.
Al terzo tentativo l’Italia vince l’oro nella corsa in linea per professionisti dell’Olimpiade. I professionisti avevano potuto gareggiare per l’Olimpiade solo a partire dall’edizione di Atlanta 1996. Prima la corsa era riservata, come da tradizione olimpica che permane tutt’oggi in alcune discipline, ai soli atleti dilettanti. Fu proprio l’italiano Fabio Casartelli, a Barcellona nel 1992, a mettersi al collo l’ultima medaglia d’oro del ciclismo dilettantistico all’Olimpiade.
Paolo Bettini, con l’oro di Atene e la successiva doppietta mondiale, si è assicurato un posto tra i più grandi di sempre. Ma in quel caldo giorno di Atene, tutti gli addetti ai lavori e i tifosi si aspettavano solo il suo nome.
Chi ha vinto? Paolo Bettini, che domande!
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