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Storie Olimpiche – Lake Placid 1980, la delusione azzurra e il “Miracle on Ice”

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Le Olimpiadi Invernali, nel clima tesissimo della Guerra Fredda tra USA e URSS, tornano a negli Stati Uniti. È la terza volta che gli americani ospitano i Giochi Olimpici invernali. L’ultima occasione fu 20 anni prima, quando l’imprenditore Alexander Cushing finanziò e spinse il governatore del Nevada a finanziare l’impresa di ospitare le Olimpiadi nella Squaw Valley, costruendo gli impianti partendo da zero. Ma la prima esperienza statunitense con i giochi invernali fu nel 1932, quando proprio Lake Placid ospitò la quarta edizione della manifestazione.  E così nel 1980 le Olimpiadi tornarono nel piccolo comune dello Stato di New York.

Per l’Italia fu un’edizione povera di medaglie: appena due ed entrambe furono d’argento. Nello slittino singolo l’argento se lo aggiudicò Paul Hildgartner, mentre nel doppio fu il duo composto da Peter Gschnitzer e Karl Brenner a portare a casa il secondo metallo più pregiato.

MIRACLE ON ICE – Ma un pezzetto d’Italia, in quella storica edizione olimpica, fece gioire gli Stati Uniti e gli appassionati di hockey su ghiaccio. Già nel 1960, in una situazione il cui livello dell’hockey non aveva ancora raggiunto altissimi livelli, la Nazionale di hockey statunitense superò sé stessa battendo i Campioni in carica dell’URSS. Tuttavia, i Sovietici avevano poi continuato a vincere per le successive quattro edizioni. Questo anche grazie anche al sistema del “falso dilettantismo”, creato ad arte dal Regime Sovietico per potersi presentare ai Giochi con atleti ufficialmente dilettanti, ma di fatto professionisti.
Nel 1980, l’hockey è uno sport con tante leghe professionistiche nel mondo, tra cui la National Hockey League, il principale torneo statunitense. Per questo motivo, gli USA erano costretti nell’hockey come in altri sport, a presentare una Nazionale infarcita di atleti dilettanti. In particolare, la selezione del 1980 aveva diversi atleti universitari combinati ad una schiera di giocatori più esperti ma comunque appartenenti a leghe minori.
A capitanare questo manipolo di ragazzi, c’era un 26enne di origine italiana Mike Eruzione. Ala sinistra di discreto successo nell’IHL (International Hockey League, Lega dilettantistica chiusa nel 2001), che tra il 1979 e il 1980, in vista dell’appuntamento olimpico si era dedicato esclusivamente all’hockey.
Il giorno prima della partita più importante per la conquista del torneo di hockey contro l’URSS, pluricampione uscente e strafavorita secondo addetti ai lavori e televisioni anche americane, raccontano gli aneddoti delle persone vicine all’italo-statunitense raccontano che Mike sentiva un forte presentimento, la sensazione di poter riuscire nell’impresa di battere l’Unione Sovietica.
E così fu. Dopo due tempi di sostanziale equilibrio, nel quale l’URSS non riuscì a prendere il largo, nel terzo ed ultimo periodo, gli USA ribaltarono il momentaneo 3-2. A segnare il gol della vittoria a pochi minuti dalla fine fu proprio Mike Eruzione. L’italo-statunitense realizzò quello che ancora oggi è noto come “Miracle on Ice”, il Miracolo sul Ghiaccio, battendo la corazzata Unione Sovietica, vincitrice delle precedenti 5 edizioni su 6 e poi delle due edizioni successive a quella di Lake Placid.
Il girone a 3 squadre dov’erano in palio le medaglie si chiuse con la vittoria degli americani sulla Finlandia, che mise fine alla corsa all’oro. Ancora oggi infatti viene raccontato il “Miracle on Ice” come la vittoria sull’URSS e dunque la vittoria decisiva per l’oro olimpico nell’hockey, ma la vittoria finale giunse solo qualche giorno dopo con il 4-2 sugli Scandinavi.

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