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I racconti del Commissario – Una Tecno da oliare
Miraggio sudamericano
Dopo la presentazione presso lo sponsor Martini&Rossi, sogni e speranze iniziarono ad aleggiare intorno alla neonata Tecno di Formula 1. Durante le feste natalizie del 1971, la squadra oscillava tra l’ottimismo di Nanni Galli, speranzoso di esordire a gennaio nel Gran Premio di Argentina, e l’esperienza del direttore sportivo David Yorke, che aveva già impostato il lavoro ponendo il Gran Premio del Sudafrica, in programma a marzo, come obiettivo. In mezzo c’era l’impegno dei fratelli Pederzani, gettatisi anima e corpo nell’avventura, e soprattutto tantissimo lavoro da fare. Apparve subito evidente come non vi fosse il tempo per preparare la monoposto per Buenos Aires e venne programmato un preciso programma di collaudi tra gennaio e febbraio.
Kyalami è troppo presto
Il rigido inverno della Motor Valley fece scegliere come sede dei test il circuito di Vallelunga, a due passi da Roma. Della spedizione facevano parte, oltre a Nanni Galli, un pugno di meccanici guidati da Yorke e Gianfranco Pederzani. Il fratello Luciano era rimasto a Bologna per seguire le prove al banco del 12 cilindri piatto per il quale aveva già previsto una prima evoluzione che, pare, stava dando qualche noia. La PA123 era già stata ridotta in larghezza per le misure imposte ai serbatoi ed era chiamata al battesimo della pista. Peccato che in entrambe le sessioni i problemi tecnici sovrastarono la ricerca delle prestazioni: dopo pochi giri la monoposto bolognese era costretta a fermarsi ai box. I tempi scesero nel corso delle prove, ma restando sempre molto lontani da quanto richiesto ad una Formula 1. Nonostante Galli lodasse la tenuta di strada della monoposto dopo il restringimento delle fiancate, anche la prospettiva di esordire a Kyalami appariva semplicemente inverosimile. Autosprint non esitava a definire le prove romane “sedute brevissime ed infruttose” e la parola delusione iniziava a farsi largo tra gli osservatori. Ma cosa stava accadendo realmente?
Piatto scondito
Bastavano pochissimi giri e la Tecno doveva rientrare con la pressione dell’olio motore scesa a zero. Il problema era molto grave perché senza lubrificante i cuscinetti di banco soffrivano rapidamente portando alla fusione delle bronzine dell’albero motore. I meccanici erano costretti a disinstallare il propulsore dalla monoposto, aprirlo a metà e procedere alla sostituzione del particolare: un’operazione così complicata da portare a sospendere le prove. Tutto dipendeva dall’architettura scelta: il 12 cilindri piatto offriva bilanciamento e potenza, ma complicava molto il sistema di lubrificazione. L’olio rimaneva nelle testate costringendo all’installazione di grandi pompe di recupero ed al ridimensionamento dei condotti. Un lavoro che aveva messo a dura prova anche i tecnici Ferrari. Molti anni dopo Mauro Forghieri avrebbe raccontato di essersi steso al di sotto di un motore acceso con tuta ed occhialoni di protezione per verificare il comportamento dell’olio ed applicare le modifiche del caso. Metodi pratici di un’epoca in cui le simulazioni di fluidodinamica erano pura fantascienza.
Piegati ma non spezzati
Le speranze di casa Tecno sembravano infrangersi contro la dura realtà della pista, ma la tenacia dei Pederzani era ben nota. Magari le attese erano di raggiungere più rapidamente la competitività, ma la rinuncia a fissare una gara di esordio era un bene: ci si poteva schiarire le idee senza l’ansia di una scadenza troppo vicina. Restava solo un quesito: meglio sospendere i collaudi limitandosi all’oscuro lavoro al banco prova oppure valeva la pena bruciare qualche motore nei test per comprendere meglio i motivi delle rotture? Di sicuro la scelta di costruirsi l’intera monoposto in casa si stava rivelando decisamente impegnativa. Sarebbe stato semplice lavorare “all’inglese” limitandosi alla realizzazione di un telaio a cui accoppiare un collaudatissimo Cosworth, ma la passione dei Pederzani ne sarebbe stata mortificata. Come sarebbero andate le cose? Solo il tempo avrebbe potuto dare una risposta.
La Tecno PA123-3 al Motor Show del 2017. Il canto del 12 cilindri piatto estasiava gli spettatori (Italiansupercarvideo su YouTube)
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