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Il film di Indian Wells: astri nascenti, big indeboliti e la questione wild card

Si è concluso Indian Wells, prima tappa californiana del Sunshine Double: ora è tempo di bilanci in vista di Miami

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Fritz al Garden di Indian Wells (©:depositphotos)
Fritz al Garden di Indian Wells (©:depositphotos)

Il mondo del tennis è in costante movimento ed ora, con l’avvio del torneo di Miami, per capire meglio il momento dei favoriti dobbiamo fare un piccolo passo indietro, alla prima tappa del Sunshine Double. Prendiamo la macchina del tempo, dunque, e voliamo ad Indian Wells, il Paradiso del Tennis. Sede di una tappa del circuito dei Masters 1000 che è anche il maggior indicatore di un periodo più imprevedibile che mai. Tra nuove stelle e diversi risultati sorprendenti, eccoci in California.

Un torneo, due veri vincitori

Per quanto riguarda il torneo maschile, si può affermare con certezza che questo abbia avuto due vincitori. Sul campo ha trionfato Jack Draper, e di questo riparleremo certamente, ma noi, che guardiamo sempre il nostro giardino, non possiamo non osservare come anche Jannik Sinner abbia beneficiato dei risultati sorprendenti che hanno tartassato le teste di serie maggiori.

Volevo essere un duro

Il primo pretendente a cadere e stato Sasha Zverev, prima testa di serie, sconfitto da un Tallon Griekspoor in forma smagliante, è vero. Ma questa non può e non deve essere una valida giustificazione per il nativo di Amburgo, che era chiamato al grande salto per il numero uno e che ha mancato un altro treno. Ora per lui sarà quasi impossibile agganciare la vetta senza Jannik, anche a causa di un tour sudamericano su terra battuta rivedibile. La ATP sta infatti sfavorendo sempre di più i tornei brasiliani ed argentini, mettendoli in una fase di calendario che scoraggia i primi della classe dall’imbarcarsi. Tutti tranne il numero due del mondo, speranzoso di arrivare ad Indian Wells in fiducia grazie a dei punti “facili”. Il risultato? Sconfitte contro degli ostici terraioli, come Comesana e Cerundolo, preparazione al cemento inadeguata e due sconfitte consecutive al ritorno sul duro. Sasha ha cercato la strada facile, ma si è intrappolato da solo in una voragine sempre più profonda.

Alexander Zverev (©: depositphotos)

Alexander Zverev (©: depositphotos)

Largo ai giovani

Prendete per un attimo in esame i due vincitori in singolare. Jack Draper e Mirra Andreeva, 40 anni in due, sono il simbolo di una nuova leva sempre più agguerrita contro le superpotenze (Swiatek e Sabalenka al femminile, Sinner e Alcaraz al maschile). Il britannico, dopo un periodo di adattamento nel tennis che conta, ha elevato il suo livello di gioco, sfruttando tutti i “ganci mancini” che rendono questa caratteristica un vantaggio. Rispetto alla vigilia dello US Open, torneo in cui ha fatto semifinale, è un tennista molto più intenso, potente e consapevole dei propri mezzi: si è sbloccato nei tornei importanti ed ora punta a dare seguito a questi risultati. Ha tutti i mezzi necessari sul veloce, mentre su terra ancora manca qualcosa. A soli 22 anni, però, il tempo è dalla sua parte. L’attitudine al lavoro è già uno dei suoi marchi di fabbrica, e forse, per emergere in questo sport, è la dote più importante.

La teenager russa, invece, a pochi mesi dai diciotto ha vinto due Masters consecutivi, tra Dubai e gli Stati Uniti. Il lavoro con Conchita Martinez in un periodo relativamente breve ha portato frutti stupendi, anche se va detto che il telaio c’era tutto. Con la stimmate che solo i predestinati hanno, dopo meno di un anno dal suo esordio nel circuito è una stabile top 10, avendo raggiunto la sesta piazza. Inviterei tutti i lettori a rivedere qualche scambio del suo primo match (Madrid 2024) e confrontarlo con ciò che sa fare oggi. E’ vero che è cresciuta fisicamente, ma il mondo è pieno di talenti che si sono spenti troppo presto. Mirra è già alla fase successiva, invece: la più in forma nel circuito può già puntare al primo posto di Aryna Sabalenka? I punti sono tanti, è vero, ma la stagione è appena iniziata…

Miami, Indian Wells e… le wildcard

Citati i due campioni, non si può che apprezzare la decisione della USTA (federtennis americana) di concedere diverse wild card, anche a Miami, per i migliori prospetti del globo. Per molti insider è una scelta migliore rispetto a ciò che si usa fare da sempre (dare possibilità a tennisti locali ma dalla classifica ancora troppo bassa per entrare direttamente in tabellone) e potrebbe essere il futuro per un circuito sempre più unitario e volto al bene comune. Non dovrebbe dispiacere affatto, a patto che alcuni inviti rimangano volti solo ad atleti di casa. Perché va bene il futuro, ma bisogna anche pensare alla patria ed agli organizzatori: una via di mezzo potrebbe essere l’ideale.

Bocconi amari per i big azzurri

Volgiamo ora lo sguardo agli azzurri, impegnati in ogni specialità. Partendo dal doppio maschile in cui, se per Bolelli e Vavassori continua il periodo complicato, è nata una nuova stella. O meglio due, perché la strana coppia Berrettini-Sonego ha vinto e convinto, passando due turni. E noi siamo felici, perché è sempre bello vedere dei singolaristi affermarsi in doppio. Fuori all’esordio la coppia rosa Paolini-Errani, con la prima che fatica anche in singolare, le vere storie della settimana arrivano dunque dal singolare maschile. E’ vero infatti che nessuno dei nove paladini è arrivato agli ottavi, ma due nostri compatrioti hanno ben figurato.

I due Matteo, Gigante ed Arnaldi, hanno colpito per solidità e qualità, quando avrebbe dovuto essere il momento dei “nomi di cartello”. Il primo ha superato le quali ed il primo turno contro Baez, per poi infrangersi contro Fritz, battagliando però fino all’ultimo, sempre a testa altissima. Il secondo, invece, ci ha regalato la vera gioia della settimana, superando in un match dai mille volti il russo Rublev, imprevedibile specialmente dal punto di vista mentale ma sempre pericoloso. La sconfitta è arrivata al terzo turno contro Nakashima, ma per il ligure c’è di che essere soddisfatto.

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