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Tour de France: GIALLO SU GIALLO – Egan Bernal vince il Tour de France

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In una Parigi meravigliosa oltre l’immaginabile, sui Campi Elisi resi magicamente dorati dalle luci del tramonto, Egan Arley Bernal Gomez è il primo ciclista colombiano, anzi sudamericano, ad indossare la maglia gialla di vincitore del Tour de France. Jaune come la città stasera. Amarilla come la camiseta indossata dalle migliaia di suoi connazionali giunti da ogni dove fino alla Ville Lumière per applaudirlo. 

Egan Bernal ha vinto il Tour e questa, di per se, sarebbe già la Notiziona con la quale iniziare e terminare questo scritto. 

Lo ha vinto (ecco un’altra notiziona!) ad un’età, ventidue anni e centonovantasei giorni, nella quale normalmente un corridore, ammesso che sia già professionista, si affaccia alla ribalta del grande ciclismo. In cui di solito si parla di promessa per un futuro, che a volte diventerà presente, a volte no. In cui si parla di un giovane da “gestire”. Da “far crescere” Da “non bruciare”. Da far correre col contagocce, magari all’ombra di un capitano ingombrante, come infatti avrebbe dovuto essere  Froome, o lo stesso Mister G. Thomas giunto infine secondo. 

In effetti, a ben vedere, questo Tour il ragazzo di Zipaquirà (e anche un po’ di Cuorgnè, nel canavese, dove è ciclisticamente cresciuto avendo come maestri Gianni Savio e Giovanni Ellena) non avrebbe manco dovuto correrlo. Nei progetti iniziali del nuovo Team Ineos, Bernal avrebbe dovuto fare il Giro da capitano, per poi partecipare al Tour per aiutare Chris Froome a vincere la sua quinta Grande Boucle. 

Invece, ecco che pochi giorni prima della partenza della corsa rosa da Bologna, Egan cade e si rompe la clavicola: niente Giro per lui! Sfiga! Disdetta!  

“Correrai comunque il Tour in appoggio a Froome” gli dice allora Dave Brailsfort, il padre padrone della squadra che fino a pochi mesi fa conoscevamo come Team Sky. E lui, appena ripresosi dall’infortunio, si mette a pedalare come un matto per farsi trovare pronto a svolgere il suo consueto ruolo di coequipier. 

Ma a dimostrazione che, come dice il proverbio, non tutto il male viene per nuocere, ecco che capitan Froome si infortuna gravemente in seguito ad una banalissima caduta al Giro del Delfinato. Bernal, che dimostra di essersi ripreso totalmente dall’infortunio vincendo en passant il Tour de Suisse, si presenta quindi a questo Tour come vice capitano del suo Team, il cui leader avrebbe dovuto essere gioco forza Geraint Thomas, vincitore uscente. 

“Non ci crede nessuno!” pensavo a inizio luglio. E non ero il solo a vederla così. Questo è un fenomeno vero. Un talento che non si vedeva da tempo. Sarà la strada a decidere. 

E la strada, sotto forma di Col du Galibier e di Col de l’Iseran (guarda caso salite che portano ad altitudini simili a quelle sulle quali Egan si allena al suo paese) ha pronunciato come sempre il suo giudizio inappellabile: troppo forte questo ragazzo colombiano per rimanere invischiato in logiche di squadra o “geopolitiche” (il Gallese Thomas che rivinceva per un team britannico). Egan, timido sui Pirenei, si è scatenato sulle Alpi. E la sua vittoria sarebbe stata ancora più netta se il maltempo non avesse troncato sul più bello la tappa che prevedeva l’arrivo a Tignes.

Bravo! Bravo! Bravo Egan! 

Questo verrà per sempre ricordato come il tuo primo Tour. 

Primo di una lunga serie? Io penso di sì, e non da oggi. Ma il Dio del ciclismo è imprevedibile. Come la strada. Dunque, come sempre, staremo a vedere. 

 

Si diceva che questo verrà ricordato come il Tour di Egan Bernal, più giovane vincitore della Grande Boucle dal 1909 in poi. Ma non solo.

Questo è stato anche (vorrei dire soprattutto) il Tour di Julian Alaphilippe, che ha saputo animarlo, con coraggio e fantasia, fin dalle prime tappe. Ha conquistato la maglia gialla, l’ha persa, se l’è ripresa, l’ha difesa sia a cronometro che sui Pirenei alimentando le speranze e infiammando i cuori dei tifosi Francesi. Troppo dure le Alpi per lui che, pur difendendosi con cuore e coraggio leonini, è stato costretto ad arrendersi alla legge dei più forti. Quinto in classifica, non male per un uomo da classiche come lui. Peccato per quel podio sfumato a Val Thorens che avrebbe sicuramente meritato. Ma comunque tanti, tanti applausi anche per lui. Chapeau Julian! 

Ci riproverà in futuro? Difficile dirlo ora. Alaphilippe rimane soprattutto un grande “cacciatore di classiche”, e probabilmente tale tornerà ad essere in futuro dando tante soddisfazioni ai suoi tifosi che però in questo Tour ha saputo commuovere.

Chi sicuramente ci riproverà è Thibaud Pinot che forse questo Tour non lo avrebbe vinto, ma sarebbe sicuramente stato lì a lottare con i migliori se un malessere improvviso non lo avesse costretto al ritiro. Courage, Thibaud! Ci riproverai l’anno prossimo. Se poi la fortuna ogni tanto ti desse una mano non sarebbe male. 

E’ stato anche il Tour di Peter Sagan (settima maglia verde, traguardo storico), di Bardet (deludente in classifica, ma vincitore della maglia a pois di miglior grimpeur), dello sprinter Caleb Ewan che ha vinto tre tappe tra cui quella di Parigi oggi, di Simon Yates che ne ha vinte due di quelle belle. Per quanto riguarda i nostri colori, è stato il Tour delle vittorie di tappa di Viviani, Trentin e Nibali, e della maglia gialla indossata per due giorni da Ciccone. 

Un Tour bellissimo, con un percorso ben congegnato e un finale avvincente e in bilico fino alla penultima tappa: una vera rarità, di questi tempi. Questo nonostante, anzi a ben vedere proprio a causa, delle assenze contemporanee di possibili “dittatori” come Froome e Dumoulin. 

 

Oggi sul podio il giovane dominatore del Tour ha detto di sentirsi un po’ Italiano, ribadendo che gli manca il nostro Paese. In particolare il gelato e la Nutella. 

Mi auguro che, nei prossimi giorni, qualcuno glie ne faccia arrivare a domicilio una bella scorta di modo tale che abbia la possibilità di soddisfare questo desiderio. 

A me invece, da domani, resterà addosso la voglia di Tour. 

Purtroppo, a differenza di Egan, sarò costretto ad attendere oltre undici mesi per soddisfare questo mio desiderio. 

E’ stato bello. Bellissimo. 

Durato come sempre troppo poco, però. 

Peccato. 

E comunque, come sempre, alla prossima. 

ORDINE D’ARRIVO
1. Caleb Ewan (Aus)             in 03h04’08” (+10″ abbuono)
2. Dylan Groenewegen (Ola)      s.t.         (+08″ abbuono)
3. Niccolò Bonifazio (Ita)      s.t.         (+06″ abbuono)
4. Maximiliano Richeze (Arg)    s.t.
5. Edvald Boasson Hagen (Nor)   s.t.
6. André Greipel (Ger)          s.t.
7. Matteo Trentin (Ita)         s.t.
8. Jasper Stuyven (Bel)         s.t.
9. Nikias Arndt (Ger)           s.t.
10. Peter Sagan (Slo)            s.t.
11. Sonny Colbrelli (Ita)        s.t.
12. Marco Haller (Aut)           s.t.
13. Andrea Pasqualon (Ita)       s.t.
14. Julien Simon (Fra)           s.t.
15. Hugo Houle (Can)             s.t.

CLASSIFICA GENERALE FINALE
1. Egan Bernal (Col)            in 82h57’00”
2. Geraint Thomas (Gbr)         a     01’11”
3. Steven Kruijswijk (Ola)      a     01’31”
4. Emanuel Buchmann (Ger)       a     01’56”
5. Julian Alaphilippe (Fra)     a     04’05”
6. Mikel Landa (Eus)            a     04’23”
7. Rigoberto Uran (Col)         a     05’15”
8. Nairo Quintana (Col)         a     05’30”
9. Alejandro Valverde (Spa)     a     06’12”
10. Warren Barguil (Fra)         a     07’32”
11. Richie Porte (Aus)           a     12’43”
12. Guillaume Martin (Fra)       a     22’08”
13. David Gaudu (Fra)            a     24’03”
14. Fabio Aru (Ita)              a     27’41”
15. Romain Bardet (Fra)          a     30’28

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