Basket
Forse non un campione ma a Bologna un’istituzione: compie 67 anni Mario Martini
Arrivò a Bologna a quattordici anni, visse nella Foresteria voluta da Gigi Porelli, è cresciuto con la guida di Paola Porelli, vera anima di quella struttura. Ha segnato un’epoca, quella degli anni ’70, la Virtus che dalla salvezza degli spareggi di Cantù arrivò fino a sfiorare la Coppa dei Campioni. Mario esordì in prima squadra proprio nella stagione che vide le V nere rischiare la retrocessione, era il 4 novembre 1970 e si giocava il ritorno degli ottavi di finale di Coppa Italia a Pesaro. I bianconeri erano già stati sconfitti in casa ed erano privi dell’americano Cook: al suo posto andò proprio Martini. Fu una netta sconfitta, nonostante i 32 punti di un generoso Renato Albonico. Rimase l’unica presenza di Mario in quell’annata. Nella stagione successiva arrivarono anche le prime presenze in campionato, ma soprattutto lo scudetto juniores nella finale di Castelfranco Veneto contro la Mobilquattro: in quell’occasione Martini mise a segno otto punti. La squadra milanese segna anche un altro momento importante della vita di Mario: nell’anno che seguì quel titolo giovanile entrò a far parte stabilmente della prima squadra e fu proprio contro la squadra meneghina che segnò i primi due punti in campionato l’11 febbraio. Non bastarono a evitare la sconfitta e rimasero gli unici di quel torneo, ma quell’anno ne segnò due anche in Coppa Italia.
Poi arrivano le sei stagioni più importanti, dal 1975/76 al 1980/81, con tre primi e tre secondi posti e due finali europee. Non è un campione, ma Porelli, gli allenatori Peterson prima e Driscoll poi ne riconoscono le doti di uomo spogliatoio. Peterson raccontò il ruolo che ebbe Martini in un derby fondamentale sulla strada dello scudetto 1976: “La nona partita era il Derby con il Fortitudo, con il mitico Aza Nikolic in panchina e Dodo Rusconi come playmaker. Loro giocarono i primi 10’ da favola: 24-11! Il nostro tiratore scelto, Massimo Antonelli, il migliore amico di Mario Martini, stava giocando malissimo. Peggio non era possibile. Chiamai un time-out. Non volevo togliere Antonelli ma gli dovevo dire qualcosa per scuoterlo. Invece, ci ha pensato Mario. Non ho avuto il tempo di aprire bocca e Mario saltò in faccia ad Antonelli: “testa di …! stai giocando una partita di …! sei addormentato! se non vuoi giocare, dillo a Peterson! Fu una bordata tremenda. Nessuno ha parlato. Antonelli: “Mario, cosa dici? Sono sveglissimo.” Mario: “No! ci stai costando la partita e lo scudetto”. Max ha cercato di rispondere. Terry Driscoll gli disse: “Stai zitto! Ha ragione Mario”. Gli altri titolari non gli rivolsero la parola. Antonelli si trasformò. Rimontammo e conquistammo la vittoria dopo un tempo supplementare, 84-81″. Mario Martini fu comunque anche un giocatore troppo sottovalutato. Il suo massimo punteggio furono i 15 punti quando la Virtus sconfisse il Pagnossin Gorizia per 98 a 91 nell’ultima giornata della prima fase 1977/78, sul campo neutro di Udine (quello di Gorizia era impraticabile per umidità).
Sono però altre le gare rimaste nella memoria degli appassionati delle V nere: è il 25 gennaio 1976, seconda giornata della poule scudetto, giorno del derby vinto dalla Virtus 88-71 con otto punti di Mario; è il 15 febbraio 1976 quando, contro Varese, a trentacinque secondi dalla sirena segna il canestro del più sette, quello della staffa, consegnando alle V nere una vittoria che dà alla Sinudyne, non solo il primato solitario in quella poule scudetto, ma anche la consapevolezza di poter vincere il campionato; è il 29 dicembre 1976 quando la Sinudyne vince 122-97 contro Forlì con sei punti di Martini, in una delle quattro occasioni in cui le V nere hanno toccato la quota 122, loro massimo punteggio in campionato; come pure sei sono i punti che Martini segna a Venezia il 9 gennaio 1977, contribuendo alla vittoria contro la Reyer 72-70; è il 4 novembre 1979 quando, contro il Billy Milano, la Virtus vince 101-89, con sei uomini in doppia cifra 35 punti di Cosic, 19 di McMillian, 13 di Villalta, 10 di Caglieris, Generali e, appunto Martini, che mette a segno un sontuoso 5 su 5 al tiro; è il 26 marzo 1981 quando la Virtus, dopo aver vinto il girone di Coppa dei Campioni affronta, priva di McMillian in finale il Maccabi, si trova sotto di tre punti a pochi attimi dalla fine, dopo una serie di decisioni arbitrali sfavorevoli e Martini segna il canestro del meno uno subendo un fallo, non fischiato, che avrebbe dovuto dargli diritto a un libero aggiuntivo, con la possibilità di portare le squadre al supplementare; è il 22 aprile 1981 quando la Virtus, senza McMillian e Marquinho gioca gara due di finale scudetto contro Cantù, che ha già vinto gara uno e si appresta a festeggiare, ma le V nere con otto giocatori a referto provenienti dal settore giovanile, più Caglieris e Villalta non ci sta, vince 85-79 con 19 punti di Generali, 18 di Bonamico, 16 di Cantamessi e Villalta, 8 di Caglieris e 6 di Mario Martini.
Abbiamo citato una gara record, una partita contro un avversario tradizionale come la Reyer Venezia, un derby, tre sfide contro le avversarie storiche lombarde, Varese, Milano, Cantù e un classico avversario di Coppa, il Maccabi, gare decisive per lo scudetto e finale europea: insomma Martini uomo spogliatoio, ma anche giocatore degnissimo di stare in quella Virtus vincente. Con quella stagione 1980/81 smise d’indossare la canotta con la V nera sul petto e il classico numero nove sulla schiena e terminò la carriera di Martini giocatore, ma non il suo legame con la Virtus, di cui divenne direttore sportivo.
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