Basket
95 anni fa nasceva Kucharski, per tre anni allenatore da podio
Nato il 22 maggio 1925, Eduardo Kucharski, oggi compirebbe novantacinque anni. È invece dal 2 ottobre 2014 che non è più tra noi. Da giocatore del Barcellona, negli anni ’50 giocò due tornei a Bologna in Sala Borsa, quando gli arrivò anche la proposta di giocare nel Gira. Su quel campo disputò anche una partita Italia-Spagna, vinta dagli azzurri all’ultimo secondo con un tiro da metà campo di Pagani. In quella gara giocò per la prima volta contro Alesini, che avrebbe poi allenato nella Virtus. Da allenatore della Spagna si qualificò nel preolimpico di Roma, dove poi disputò le Olimpiadi. Finiti i giochi olimpici s’incontrò con i dirigenti della Virtus e diventò allenatore delle V nere. Ecco come nel 2008 raccontava quell’esperienza:
“Nei tre anni come allenatore della Virtus trovai una squadra forte, formata da gloriosi senior, Calebotta, Alesini, Canna, Gambini, e da giovani talenti come Lombardi, Pellanera, Conti e, più tardi, Ettore Zuccheri. Metter insieme le due generazioni fu un lavoro complesso. Inizialmente non andò male, poi, perdendo a Roma, si spense la possibilità di vincere lo scudetto che ci giocavamo con Ignis e Simmenthal. Perdere una partita contro una squadra “minore” significava essere escluso dalla lotta. Il secondo anno fu più difficile perché, economicamente, le cose non andavano bene e tutti erano preoccupati per la riscossione dello stipendio. Ricordo le visite a Villa Baruzziana con il Dr. Neri, nostro Presidente, dove non andavamo certo per farci curare. Il terzo anno le cose migliorarono. Con l’arrivo dello sponsor Knorr, s’incominciò a lavorare su una squadra rinforzata con l’arrivo dei nuovi acquisti: Giomo (play), Bonetto (ala), e Borghetti (centro), tre giocatori bravissimi, anche se c’era il problema di doverli inserire. Mi restava una sola stagione, dopodiché il contratto sarebbe scaduto. Un anno non era nemmeno poco, se la chimica tecnica fosse stata azzeccata e la psicologia di squadra avesse funzionato bene. Si giocava per vincere lo scudetto, arrivare secondi era un insuccesso. Conservo buonissimi ricordi di Bologna. Città bellissima, gente affettuosa che amava la pallacanestro come in pochi altri posti al mondo. Ricordo con piacere la prima vittoria contro il Simmenthal e la cena che mi fu offerta dai tifosi, con Marcello e Peppino in testa. Negli anni ’60 la squadra milanese era la bestia “nera” della Virtus, la squadra da battere in Italia. Pieri, Riminucci, Vittori, Vianello e tanti altri rappresentavano una potenza del basket europeo. Noi vincemmo con la difesa e fu una grande festa. Rammento con soddisfazione una partita che vincemmo con la maglia della Selezione Emiliana, costituita in gran parte da giocatori della Virtus, contro la nazionale dell’URSS. Fu una grande vittoria. Ricordo con affetto anche la signorina Iris che curava il “college” della Virtus, l’appartamento dove vivevano diversi giocatori. La disciplina che riusciva a tenere e l’affetto che trasmetteva ha dell’incredibile. Non posso dimenticare il nostro massaggiatore, il famoso Pasquini, veramente un bel tipo. E il Dr. Dondi, un dirigente veramente capace che sapeva unire la capacità decisionale ai modi persuasivi, da vero gentiluomo. Infine non posso dimenticare, con grande affetto, Giulio Battilani. Un fratello per me, un uomo che mi ha sempre aiutato, per tutto il soggiorno a Bologna. Seppi del suo incidente, che gli costò la vita, e questo mi rattrista ancora. Persone con le quali ci fu una relazione non solo professionale, ma da veri amici. Mi piaceva il tennis. Ero un assiduo frequentatore del circolo della Virtus Tennis. Ho partecipato alla coppa Facchinetti, ma non con la maglia della Virtus, bensì quella dei “Giardini Margherita”. Tuttavia sui campi del “Circolo” della Virtus ho conosciuto molte persone. Non posso dimenticare Bologna. Sogno ancora le passeggiate in Via Rizzoli, respirando l’aria delle due torri”.
Alla fine per le sue Virtus un secondo posto il primo anno, poi due campionati terminati al terzo posto. Nel 1960/61 le V nere arrivarono dietro l’Ignis e a pari punti con il Simmenthal, ma precedendolo in classifica, in virtù della vittoria a Bologna di nove punti e la sconfitta a Milano di otto. Era iniziata con tredici vittorie consecutive, poi gli scivoloni di Roma e Livorno, prima di cadere a Milano e Varese, compromisero la stagione. Una primizia, la Coppa dei Campioni al posto del Simmenthal: un turno superato poi l’eliminazione a Bucarest per un solo canestro. Di prestigio anche la partecipazione a Italia ’61, un torneo disputato a Torino in maggio, con Truckers Denver, OKK Beograd, Simmenthal Milano e Racing Club Parigi, in cui la Virtus sponsorizzata Idrolitina arrivò terza. Nelle successive due stagioni le V nere arrivarono al terzo posto. Partì da Bologna senza aver vinto alcun titolo, ma con 57 vittorie in 74 partite ufficiali, con una percentuale superiore al 77%, la più alta nella storia bianconera fra gli allenatori che si siano seduti in panchina in almeno settanta partite. La sua fu una Virtus forse non magnifica ma sempre solidissima.
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