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25 anni senza Cosic

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Con la nazionale un oro e due argenti olimpici, due ori e due argenti ai mondiali, tre ori, tre argenti e un bronzo agli europei. Con le squadre di club sei titoli in Jugoslavia, cinque con lo Zadar e uno con il Cibona, con cui vinse anche tre coppe nazionali e una Coppa delle Coppe; fuori dalla ex Jugoslavia connquistò due scudetti con la Virtus Bologna. Inserito nel 1996 nella Hall of Fame di Springfield (addirittura in copertina nello Year Book di quell’anno), unico giocatore della Virtus ad avere avuto quest’onore, a Kresimir Cosic, nella città dei suoi primi trionfi, Zara, è dedicata una statua in prossimità del porto e la Cosic Hall, il Palazzo dello Sport. Tutto questo non racconta, però, che giocatore straordinario sia stato Kreso: la sua altezza, 210 centimetri, gli permetteva di catturare rimbalzi, schiacciare, stoppare; la sua visione di gioco gli consentiva di dirigere il gioco come un secondo play; le sue gambe lunghissime facevano del suo piede perno un’arma preziosa per materializzarsi a pochi passi dal canestro partendo da distanze impensabili; la sua fantasia gli faceva prendere tiri spesso imprevedibili, in controtempo, in gancio, anche da posizioni inusuali, come il 16 dicembre 1979 in un Virtus – Isolabella Milano 116-83, quando fu capace di segnare quarantadue punti e tentò l’uncino dall’angolo, la palla girò sul ferro e uscì, ma quel tiro non andato a bersaglio gli valse più applausi di quelli ricevuti per i canestri realizzati quella sera; la sua tecnica lo proiettava in contropiede come il più agile dei playmaker; le sue braccia lunghissime ponevano il pallone fuori dalla portata dei suoi avversari. Giocatore allo stesso tempo di classe, spettacolare, ma anche essenziale. In grado di tenere la squadra in partita nel primo tempo della sfida con Milano, che diede alla Virtus l’ottavo scudetto in gara due il 6 maggio 1979, segnando quattordici punti nei primi venti minuti, terminati 50 a 49 per i padroni di casa. Poi nella cavalcata trionfale della Sinudyne nel secondo tempo, 92-113 fu il risultato finale, si limitò a distribuire deliziosi palloni senza più tirare e a congelare il gioco tenendo il pallone ad altezze dove i normali giocatori non potevano arrivare. Dall’alto della sua modestia Kreso la raccontò così: “Ho semplicemente gelato il pallone: i piccoli lo fanno palleggiando, io ho la fortuna di avere le braccia lunghe e il pallone stava bene lassù”. Non era più il Cosic all’apice della sua parabola agonistica, cominciava a soffrire di qualche acciacco, ma a Bologna vinse due scudetti in due stagioni lasciando il ricordo di uno dei più grandi transitati da queste parti, non offuscato dalla stagione passata sotto le Due Torri come allenatore dei bianconeri. Non ebbe neppure fortuna in quell’annata, perdendo Brunamonti proprio alla vigilia dei playoff, quando con l’inserimento di Macy, aveva finalmente trovato la quadratura del cerchio. Non ha mai, però accampato scuse: “La gente di Bologna mi è rimasta nel cuore: mi ha amato quando ho dato tutto quello che potevo; forse ha compreso che, più tardi, non ero più in grado di fare altrettanto”. Anche in quel terzo anno trascorso a Bologna lasciò, però, il segno; lo si può leggere nelle parole di Brunamonti: “Mi ha dato sicurezza, insegnandomi ad esprimermi al meglio”. Arrivò sulla panchina delle V nere dopo avere conquistato, alla guida della nazionale jugoslava, due terzi posti al mondiale (dopo una semifinale persa al supplementare contro l’URSS di Gomelski, una gara che la Jugoslavia aveva in pugno, avanti di nove punti a quarantasette secondi dalla fine) e agli europei, allenando giocatori come Drazen Petrovic, Kukoc, Divac e Radja. Croato di Zagabria, dove nacque il 26 novembre 1948, Kresimir ci ha lasciato il 26 maggio 1995. Riposa nel cimitero della sua città natale, non lontano da Drazen Petrovic.

Il 24 giugno 2000 per ricordarlo, la Nazionale italiana affrontò una formazione denominata Cosic Friends. Molti i giocatori delle V nere di allora o di Virtus precedenti in campo: Abbio nelle file dell’Italia, Danilovic, Binelli, Patavoukas e Nesterovic tra gli amici di Kreso. Alla partita presenziarono i tre figli di Cosic e la moglie Ljerka, a cui fu consegnata un dono dei giornalisti bolognesi, opera di Concetto Pozzati, altro ex giocatore virtussino, nonché artista di fama mondiale, scomparso a sua volta nel 2017. Tutte queste dimostrazioni di affetto sono un segnale di quanto Bologna e la Virtus abbiano amato Cosic; come già scritto Kresimir ricambiava questi sentimenti e lo ribadì in un’intervista che apparve nel 1990 sul periodico della Virtus, “V Nere”, che si concluse così:  ” Sarò sempre orgoglioso di aver indossato la Vu nera”.

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