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Dell’Aquila e il Leone S2 #9 – Reggere l’urto

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Quella di domenica è stata con pochi dubbi la miglior vittoria stagionale della Fortitudo. Certo, il campionato è ancora nella sua prima fase, il difficile verrà più avanti ma rimanendo a quanto già accaduto, la prestazione contro Chieti rappresenta la prova con esito lieto complessivamente più sofferta e al tempo stesso convincente dei biancoblu. 

Lo è appunto perché non va tutto liscio, anzi gli ostacoli cominciano ben prima della palla a due. Durante la settimana la prolungata assenza di Davis si somma alla maschera di Barbante, per molti giocatori un impedimento notevole, fino alla notizia della positività al Covid di Dalmonte. Non è una Fortitudo che arriva alla vigilia proprio al 100% anche se le parole di Matteo Angori, pur piene di emozione per il debutto da Head Coach sulla panchina della squadra che tifa fin da bambino, sono di chi è sereno. Lucido ma sereno. 

Durante la conferenza stampa prepartita mette in guardia su quali potrebbero essere le migliori armi avversarie e tali si rivelano non appena comincia la partita. Le percentuali al tiro della formazione guidata dall’ex collega fortitudino Rajola continuano a legittimare il primo posto nella lega dall’arco dei 6,75 metri. Serve reggere l’urto, ma come? Rispondendo con la stessa moneta? Sì ma non solo. La Fortitudo si prende i propri tiri dal perimetro ma senza eccessiva frenesia, soppesando le scelte offensive e aggredendo il ferro, luogo meno difeso dai dirimpettai. 

Sotto la pioggia di triple teatine è complicato non farsi travolgere da un senso di abbattimento, sta anche alle singole forze di volontà, o di mentalità, rimanere in partita. Perché quando si verifica una situazione di gara analoga le vie che l’avversario in balia della stessa può prendere sono due. O subisce sperando che la maledizione svanisca o ingaggia lo stesso gioco, spesso con la consapevolezza di non avere gli stessi mezzi a disposizione, o quanto meno non predisposti ugualmente. C’è però una terza via: fai il tuo gioco. La più complicata, quella che prevede di continuare con serenità a seguire il tuo piano senza rimanere passivi a quello avversario e convertire il nervosismo in opportunità. 

Uscendo dalla metafora e tornando agli urti retti dalla Fortitudo durante la scorsa settimana e fino a domenica sera, va evidenziata la solidità di squadra e poi dei giocatori presi uno a uno, quasi tutti. Sebbene in fasi diverse della gara, forse anche per fortuna, gran parte del roster da un contributo prezioso alla causa. Per citarne alcuni: Italiano nel primo tempo non fa scappare gli abruzzesi tra concentrazione ed esaltazione (la cosiddetta trans agonistica), Cucci nel finale usa fisico e tecnica per spingere dentro la retina i palloni che tengono viva la sfida, Barbante non sembra essere limitato dalla protezione facciale e si rende protagonista della sua miglior prestazione in maglia biancoblu. Di Aradori basti dire “MVP” per lasciare intendere i meriti da attribuirgli.

Rimettendo gli occhi sul lungo e longilineo numero 10 della Effe, è obbligatorio rimarcare il suo contributo al successo. Quando si parla di reggere l’urto il suo esempio di domenica sera è lampante. Sul parquet mascherato contro un centro d’esperienza come Ancellotti, riesce a confermarsi come ottimo tiratore dal mid-range ma anche a giocare con personalità spalle a canestro. Non a caso è il più cercato dai compagni nei momenti di maggior bilico della partita.

Quella di Barbante è il miglior appunto individuale che la Effe può inserire nel suo report ed impreziosisce una vittoria originata dalle reazioni alle difficoltà, che con intelligenza, determinazione e talento permette di guardare in modo molto fiducioso gli impegni delle prossime settimane e, in prospettiva, quelli che saranno i più importanti di una stagione ancora lunghissima. 

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