Basket
Questa “bella” Virtus Segafredo meriterebbe un trofeo. L’editoriale del lunedì
Un anno fa, di questi giorni, sulla Virtus Segafredo scrivevamo cose che potrebbero essere replicate quasi interamente oggi. Una squadra assai bella da vedere, grazie in particolare alla creatività della regia serba che faceva da esempio ai compagni, invitati ad efficaci extra-pass che rendevano il gioco spesso appassionante. Quest’anno, se possibile, le cose vanno ancora meglio, sotto questo aspetto, perché certe dinamiche sono diventate un vero e proprio marchio di fabbrica della banda di Sale Djordjevic, tanto che la differenza, ormai, tra una partita e l’altra della Virtus sta nella disposizione d’animo difensivo col quale la squadra entra in campo, estremamente mutevole non di rado all’interno della stessa gara. Qui, si tratta di capire se la cosa sia dovuta a problemi di stanchezza fisica o mentale, oppure piuttosto a una questione caratteriale; ma sono cose che si scopriranno solo vivendo. Io, sinceramente, ritengo che il doppio impegno coppa-campionato ne sia la vera motivazione, come dimostrano i ripetuti inciampi nei rispettivi campionati anche delle avversarie più agguerrite in Eurocup. Dove, ricordiamolo bene, la Virtus Segafredo vanta per ora un perentorio 13-0.
Di questi tempi lo scorso anno stava per aprirsi un momento se non proprio terribile quantomeno tormentato, che avrebbe fatto riapparire i classici “corvi” che sempre si celano tra i tifosi, quelli che non vedono l’ora di poter dire io l’avevo detto. Febbraio 2020 è stato infatti un periodo assai gramo, per la Segafredo, sconfitta in finale all’Intercontinentale, battuta in casa da un Partizan paradossalmente apparso più “maturo”, poi eliminata da Venezia al primo turno alle Final8 dove si era presentata da prima in classifica. Non è escluso che la medesima situazione possa ricrearsi, a questo punto: l’attuale Virtus è francamente più forte di quella della scorsa stagione, più completa nei diversi reparti, con l’aggiunta di una prima punta alternativa a Santeodosic come Marco Belinelli. Non ci sarà l’appesantimento del tour de force di febbraio scorso della trasferta a Tenerife, ma l’insidia di quella a Podgorica e ritrovare Venezia alle Final8 rappresentano prove tutt’altro che scontate da superare. In Coppa Italia, poi, al secondo turno dovrebbe eventualmente capitare Milano, il che rimane un serio ostacolo sul cammino verso una eventuale finale.
Per cui? Dobbiamo prepararci all’ondata di critiche che inevitabilmente pioverebbero su squadra e società, in caso di reiterate sconfitte nelle prossime gare? Un anno fa, il mese di marzo si apriva con l’esaltante vittoria a Belgrado contro il Darussafaka, che garantiva l’accesso ai playoff di Eurocup. Dopo, sappiamo tutti come sono andate purtroppo a finire le cose, ma la stagione si era come miracolosamente ridipinta di rosa, avendo lasciato inalterate le prospettive di raggiungimento dell’obiettivo fondamentale, la finale europea che avrebbe potuto garantire l’accesso all’Eurolega.
Questi ricordi, a quale scopo? Quello di affrontare febbraio con leggerezza di spirito. Con determinazione, ma con la tranquillità che proviene dalla consapevolezza che la squadra non è stata concepita per fare grandiosi en plein, bensì per cercare di ottenere il passaggio diretto al piano superiore, in Europa, e comunque continuare a far crescere l’immagine soprattutto internazionale del progetto lanciato dalla Segafredo. Che se venisse grazie a una vittoria sarebbe il massimo, ma come si sa ci sono anche gli avversari, e componenti del destino che possono rivelarsi fatali in caso di partite secche. La cosa fondamentale rimane arrivare a questi appuntamenti, il più possibile con chance di vittoria. Il resto sarebbe da sportivi accettarlo con la giusta filosofia, auspicando peraltro che una squadra “bella” come questa Virtus lasci un segno indelebile anche in bacheca, giacché alla fine col passare del tempo nello sport sono più che altro le vittorie ad essere perennemente ricordate, e a mio parere sarebbe un peccato enorme se l’attuale formazione, capace di giocare un basket come pochi nella storia bolognese, fosse alla lunga condannata all’oblio.
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