Basket
E adesso basta coi dubbi su Djordjevic. L’editoriale del lunedì
Se doveva essere la “settimana della verità”, per la Virtus Segafredo, meglio di così non poteva andare: tre vittorie su tre, di cui due esaltanti in Eurocup e l’altra in un derby comunque insidioso, per quanto giocato contro avversari di spessore decisamente inferiore. La Joventut era un ostacolo notevolissimo, forse gli avversari più temibili, in questo momento, in Eurocup, per tecnica ed esperienza, a questi livelli. Mi fanno tenerezza quelli che sostengono essere Badalona una squadretta perché solo settima in campionato: vedremo, ora che ha concluso il proprio doppio impegno, come finirà l’anno in Spagna, ma se è una squadretta quella di Tomic, Lopez-Arostegui, Bassas, Ribas e compagni mi chiedo se solo giocando col Barcellona gli avversari possano essere considerati probanti. La vittoria in Spagna, con tanta autorevolezza, è stato uno dei capolavori di Djordjevic, a mio parere, che ha saputo dosare le forze tra tutti gli uomini a disposizione e ingabbiare in casa sua la squadra col rendimento, prima di questa doppia sfida, secondo solo a quello della Virtus imbattuta. Si potranno anche non condividere tutte le sue scelte, si potrà storcere il naso su alcuni aspetti del suo gioco (che però, insisto a dire, rimane il più divertente degli ultimi vent’anni in bianconero), ma i risultati gli stanno dando ragione e in questo modo mette tutti zitti. Non so, non credo sia il miglior tecnico in attività, ma dobbiamo riconoscergli che non ha neppure a disposizione il miglior roster possibile in Europa: ogni tanto viene da chiedersi se i suoi critici si rendono conto che la Virtus attuale non è ancora un Barcellona o un CSKA, che, in ogni caso, non vincono proprio sempre sempre. Ammetto di avere in qualche occasione mosso pure io alcune riserve, ma bisogna dargliene atto: fin qui ha avuto ragione solo e sempre lui.
Anche ieri, in un derby che è diventato infuocato quando ormai pareva messo in ghiaccio dopo nemmeno un quarto d’ora. Non si è scomposto più di tanto, ha dovuto assorbire l’infortunio (preoccupante?) di Markovic e gestire un finale in cui chiaramente non poteva più usare un SanTeo un po’ logoro, benché autore di un personale 10-0 da brivido. Lo ha fatto affidandosi alla coppia che gli pareva più dinamiche ed efficace in difesa, Pajola e Abass, per contenere il duo Banks/Baldasso che era l’anima della Fortitudo. La quale negli ultimi tre minuti circa non ha più in pratica segnato, e non solo per stanchezza. Scelta resa obbligata dalla contingenza? Mi limito a rimarcare come la tripla a mio parere decisiva di Pajola abbia in sostanza sostituito quella che siamo abituati a veder fare da Markovic. Possiamo considerarla coma un simbolico primo passaggio di consegne?
Non credo che la Segafredo ieri abbia veramente rischiato di perdere, lo avrebbe fatto solo dandosi ulteriori mazzate sui piedi, molto più di quanto accaduto con Cremona o con Brescia. Si trattava di tornare a trovare equilibri e intensità scomparsi per eccesso di rilassamento dopo il +17 ottenuto quasi scherzando. Spettava al coach recuperarli e Djordjevic lo ha saputo fare senza bisogno di precipitare nello psicodramma, tant’è che è finita con un eloquente 11-3 in meno di tre minuti, uscito Teodosic sul 72-70. È stato, comunque, derby vero, e questo ha fatto piacere alle aquile biancoblu, ma in definitiva pure ai virtussini che hanno potuto verificare un’altra cosa, ovvero che questa Virtus Segafredo con le ultime in classifica sa vincere anche in casa e nei finali tumultuosi. Perché alla fin fine risulta guidata con professionalità da un coach d’esperienza.
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