Fortitudo Bologna
Caja: «Il bello arriva adesso» (Corriere di Bologna)
Le parole di Attilio Caja per il Corriere di Bologna. La Fortitudo, il finale di stagione, le possibilità della squadra ai playoff

Attilio Caja è stato intervistato da Enrico Schiavina per le colonne del Corriere di Bologna. Il coach biancoblù ha parlato della situazione della sua squadra, che dopo la recente sconfitta in casa del Forlì si sta preparando al gran finale di stagione. Prima ci sarà l’ultima casalinga contro Rimini, poi l’ultima in trasferta al Modigliani di Livorno. Un finale tutto da vivere per provare a ritagliarsi un posto ai playoff senza passare dai playout.
L’intervista di Enrico Schiavina a coach Caja sul Corriere di Bologna
Ecco l’intervista di coach Attilio Caja, fatta da Enrico Schiavina per il Corriere di Bologna.
Un anno dopo, la sua Fortitudo attraversa un momento molto diverso.
«Molto diverse anche le condizioni. Serve ricordare che io sono arrivato il 22 novembre? Se venite a cena a casa mia e me lo dite con qualche giorno di anticipo faccio la spesa e mi preparo, se lo so un’ora prima è un altro conto, faccio con quel che c’è, come posso».
C’è chi pensa che questa stagione ormai si è messa male, e sia già meglio pensare alla prossima.
«Ma che ragionamento è? Perché abbiamo perso tre partite? Nello sport si vive di momenti, può cambiare tutto all’improvviso. Due mesi fa vincevamo con tutte, oggi soffriamo un po’ ma stringiamo i denti, tra un mese vedremo. Il bello della stagione viene adesso».
Gira tutto intorno agli infortuni?
«Tutto non lo so. Molto di sicuro. A Udine, con Cividale, a Forlì, abbiamo pagato i problemi di falli mischiati alle assenze. Però abbiamo sempre lottato, e difeso. Io capisco che ci siano aspettative, anzi è giusto che ce ne siano, per gli sforzi che ha fatto la società, perché siamo a Bologna e siamo la Fortitudo. Ma i conti si fanno alla fine».
Siete quelli che subiscono meno punti, ma cifre dicono anche che contro di voi il numero di tentativi da tre degli avversari è il più alto di tutta l’A2, quello da due il più basso.
«Perché continuo a pensare che da vicino segnare sia più facile che da lontano, e scelgo di proteggere l’area. Poi so anche che si chiama palla-canestro, e ad esempio a Forlì anche facendo una grande partita difensiva perdiamo perché tiriamo con il 34%. Ma sempre non a caso, ci mancava il nostro miglior tiratore. Non si può non collegarlo».
Dicono che non sia più quello dell’anno scorso, che non si arrabbia, non picchia più il pugno sul tavolo…
«Altro discorso senza senso. Quando mi lamentavo ero credibile, e se oggi dico che la società è stata perfetta, ha fatto tutto il possibile e anche di più, non lo sono più? Situazioni e giocatori molto diversi, ma io so solo che devo spingere la squadra a provarci fino all’ultimo secondo. Sempre due mesi fa, quando battevamo Udine, Cantù, Verona, eccetera, dicevo che bisognava migliorare ancora e qualcuno di voi pensava fosse impossibile, che io ero incontentabile. Invece poi si è visto che quel livello non era sufficiente e che serviva fare di più. Vediamo se ne saremo capaci adesso».

Attilio Caja (©Valentino Orsini)
Playoff o play-in, quanto cambia?
«È tutto nuovo, nessuno lo sa, ma non credo tanto. Conta chi avrà la gamba in quei momenti. Vedo tante squadre forti con buone carte da giocare, Rimini, Cantù, perché no Cividale, anche altre, ma con tutto il rispetto non c’è la Trapani dell’anno scorso, che con tre uomini del quintetto invariati oggi è prima in Serie A. È tutto molto più aperto».
Al suo ritorno, disse che si dava due stagioni di tempo per portare in A la Effe, questa e la prossima.
«Confermo. La pressione è il sale dello sport, io me la metto da solo, chi non la regge meglio che nella vita faccia qualcos’altro. Anche se sapevo che prendere una squadra fatta da altri, a stagione iniziata, come mi era già successo altre volte, è cosa molto diversa che averla dall’inizio. Poi le mie responsabilità me le prendo sempre: ho voluto Thomas, ma era per una sostituzione di due mesi, ho voluto Vencato, ma si è fatto subito male».
Altra lagnanza del momento: questa squadra è anziana, va ringiovanita.
«Udine ha vinto un campionato lunghissimo con una squadra di tutti veterani che l’avevano già vinto più volte in passato. E se si sfogliano all’indietro le squadre vincitrici in cinquant’anni di A2, di fatte con i giovani non se ne trova una. Ma poi, perché pensarci adesso, a bocce in movimento? C’è da finire quest’anno e può ancora succedere di tutto, per il prossimo vedremo».
Sta sperimentando una piazza pretenziosa, facile alla critica, non più idilliaca?
«No, il nostro pubblico per me resta intoccabile. Parlo della gente che viene al PalaDozza, o in trasferta, o agli allenamenti, che fa sacrifici e ci sostiene sempre. Altra cosa quelli che scrivono sui social. E poi il 100% dei consensi non può averlo nessuno, neanche il Papa».
Chi vince lo scudetto?
«Beh, l’Inter. Ah, di basket? Quello non lo so, da un pezzo non vedevo una finale di stagione così equilibrato», ha concluso Caja.
Fonte: Enrico Schiavina – Corriere di Bologna
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