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Hic Sunt Leones – Avanti tutta

Hic Sunt Leones: la Fortitudo sblocca finalmente la classifica con la vittoria di ieri contro Orzinuovi. Ora serve trovare continuità

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Hic Sunt Leones Fortitudo
Hic Sunt Leones, Fortitudo (©Luca Feletti)

Hic Sunt Leones – Dopo la trasferta di Rimini, il rischio era quello di tornare al Paladozza e, a partita finita, guardarsi in faccia dicendosi “Potrebbe andare peggio! Potrebbe… piovere” (cit). Non si sono dovute fortunatamente scomodare le migliori citazioni di Frankenstein Junior. La Fortitudo riesce, in una maniera o nell’altra, a portare a casa 2 punti fondamentali contro Orzinuovi (imbattuta fino a ieri e con uno scalpo all’attivo come quello di Cantù) respirando ossigeno a grandi boccate dopo un avvio di stagione a dir poco difficile.

É servito tornare a Bologna per spiegare, ancora una volta, cosa sia il famoso “effetto Paladozza”. Anche se il Madison di Piazza Azzarita non era pieno come al solito (era pur sempre un mercoledì sera…) migliaia di voci hanno trascinato la Effe alla prima vittoria stagionale in una gara che, senza lo stesso ambiente, probabilmente avrebbe avuto un epilogo diverso. Sarà difficile vincere al Paladozza quest’anno, ma sarà anche complicato uscirne completamente sani di mente, se ogni sfida avrà la stessa quantità di emozioni.

Hic Sunt Leones: e la difesa?

Chi c’era ieri al Paladozza se ne sarà reso conto: il pubblico ha rumoreggiato, abbastanza sonoramente, in alcune fasi della partita. No, non si sta parlando della Fossa, come al solito spettacolare nel suo sostegno fino all’ultimo istante di gioco (Hic sunt leones è sempre lì a sventolare, imperterrita). Di mugugni ne sono arrivati, soprattutto a commento dell’approccio difensivo messo in campo dai biancoblù. Cagnardi ha detto in conferenza stampa di essere più preoccupato dell’atteggiamento offensivo dei suoi ragazzi rispetto a quello difensivo. Non lo so, coach… É vero che non sono arrivate 94 sventole come a Milano due settimane fa, ma è anche vero che bisogna registrarsi meglio, molto meglio, nelle retrovie.

O meglio: se la Fortitudo difendesse come ha fatto ieri nell’ultimo quarto di gioco, probabilmente non saremmo qui a sognare di rivedere il pressing asfissiante dello scorso anno. Tra Sabatini, Gabriel e Mian, gli ultimi 10′ di gioco hanno regalato sprazzi di difese ferree che hanno rotto le uova nel paniere a Orzinuovi, al quale va il merito di averci creduto fino alla fine. Il resto, tuttavia, è in buona parte da formattare. O, perlomeno, da rivedere.

É vero che gli ospiti hanno trovato qualche canestro ai limiti della fisica (come una bomba di Vencato lasciata andare con la punta delle dita a fil di sirena), ma è anche vero che nel corso della sfida un po’ troppi spaghetti sono scappati dallo scolapasta. A tenere alta la bandiera delle retrovie è stato Sabatini, autore di una prova silenziosa ma sontuosa là dietro, soprattutto quando serviva. Forse non sarebbe bastato questo per portarla a casa senza meno patemi (ma in fondo, senza patemi non sarebbe la Fortitudo), ma sicuramente contro Orzibasket è arrivata la dimostrazione che se si difende si gioca meglio (ma va’…?).

Sparare a salve

Altro motivo di mugugni tra gli spalti sono stati, certamente, i milioni di milioni di triliardi di tentativi dalla lunga di Gabriel. A fine gara il tabellino recita 19 punti finali conditi da 6 rimbalzi e 4 assist, ma andando a spulciare in mezzo ai numeri, si leggerà anche 4/13 da 3. Una percentuale di concretizzazioni che non può che far storcere il naso, anche perché spesso i tentativi sono arrivati in situazioni non ottimali, con la mano in faccia del difensore o addirittura da raddoppiato e triplicato. Non benissimo in questo, come nelle due sfide precedenti. Serve aggiungere sostanza, aumentare la precisione e soprattutto diminuire i tentativi, capendo come far girare meglio la palla.

Kenny Gabriel crediti Valentino Orsini

Kenny Gabriel (©Valentino Orsini)

Detto questo, che non è di poco conto, a Gabriel va dato il merito di aver fatto tanto (e spesso troppo) nel corso di tutta la sfida. Fa e disfa, taglia e cuce, l’ala forte americana si è vista dappertutto, alla ricerca di cose da fare, forse colpito da un Art Attack (altro sintomo dell’ “effetto Paladozza”). Gabriel chiama continuamente la Fossa, la cerca, si gasa, si sgonfia e si rigonfia. Se dalla frenesia vista ieri sera dovesse uscire la lucidità del veterano, probabilmente nelle prossime partite il giudizio sullo statunitense andrà sempre più a migliorare. Intanto, si può dire che la prestazione di ieri è stata sufficiente, anche coi se, anche coi ma. Però calma, Kenny.

Forza e coraggio

Vedendo il bicchiere più pieno che vuoto, invece, finalmente sembrano essersi sbloccati alcuni dei giocatori chiave dell’Aquila. Per primo Fantinelli, voglioso di riscattare un avvio in sordina. Insieme a Bolpin la voce assist dice 17, segnale della bontà che si cela nelle mani dei due veterani dello scorso anno. La palma di salvatore della patria, del mondo, dell’universo, però, se la becca di diritto Freeman. Tra i migliori nelle prime uscite, anche se sottotono in quel di Rimini, il centro è il perno della partenza contro Orzinuovi e soprattutto della rimonta finale. La palla strappata sotto al ferro valevole per il pareggio a pochi giri di lancette alla sirena finale è emblematica: in campo si va con questa fotta qui. In generale, da parte della Fortitudo di cose buone se ne sono viste e non poche: serve incollare tutto insieme, trovando un’identità di squadra. Non che questa non ci sia: una partita del genere non sarebbe stata portata a casa. Urge, però, un po’ di colla. In fondo si tratta di un ingrediente fondamentale durante gli Art Attack.

Deshawn Freeman (©Valentino Orsini)

Deshawn Freeman (©Valentino Orsini)

In un modo o nell’altro, la prima è stata portata a casa. Ci sono ancora grossi, grossi, scricchiolamenti per l’Aquila, ma ieri sera serviva vincerla e così è stato. Per adesso va bene così. Ora si vedrà se la prima W della stagione porterà con sé una ventata di maturità. Si va ancora in trasferta, questa volta a Cremona, nido degli ex Morgillo e Barbante. Alla ricerca di continuità, e soprattutto di fiducia. 

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