Fortitudo Bologna
Hic Sunt Leones – Ultimi romantici
La Fortitudo ritrova il presidente Stefano Tedeschi e coach Attilio Caja: è il momento di raddrizzare una stagione
Hic Sunt Leones – Si potrebbero fare mille ipotesi per capire come sono andate le cose, negli ultimi giorni, in casa Fortitudo. Effettivamente, la situazione attuale non si sarebbe mai potuta ipotizzare un paio di mesi fa, quando la Effe sollevava in un weekend livornese la SuperCoppa LNP. Sembra passata un’eternità da quella due giorni in terra toscana, e di cose, a oggi, ne sono cambiate.
Cambi e ricambi di rotta
In primis, difficilmente ci si sarebbe aspettati che l’avventura di Cagnardi con l’Aquila sul petto sarebbe stata così breve. Certo, non serviva grande arguzia per capire che l’ex allenatore della Fortitudo non stava facendo girare la squadra come avrebbe dovuto e che dati i recenti risultati probabilmente una testa sarebbe saltata. Non esclusivamente per demeriti suoi, ma l’allenatore stesso ha ammesso, dopo il suicidio contro il Basket Torino, di sentirsi a rischio. Non ha pagato l’unico responsabile della partenza, per così dire, a rilento della Fortitudo, ma comunque uno di quelli che sedevano al banco degli imputati. Fa parte del gioco di una tale professione anche questo. E in bocca al lupo a Devis Cagnardi per tutto, anche perché, al di là di quello che il campo ha detto, ha sempre dimostrato di tenere molto alla causa biancoblù.
“Morto” un papa se ne fa un altro. E che fumata bianca, verrebbe da dire. Il ritorno di Attilio Caja è l’emblema di come, evidentemente, non sia mai troppo tardi per tornare sui propri passi. Certo, si vedrà strada facendo, ma le premesse sembrano più che buone. Il “sergente di ferro” è stato chiaro: questa Fortitudo è da A1. Dunque, rimboccarsi le maniche e lavorare. Poi si vedrà, classifica, playoff, promozione, eccetera, eccetera, eccetera. Quello che conta è che adesso questa Fortitudo, slegata e disunita, perlomeno sul campo, ha deciso di provare con la colla più resistente che ci fosse in circolazione. Perché hic sunt leones.
Hic sunt leones
Sulle questioni che hanno interessato la Fortitudo da una settimana a questa parte sono stati scritti fiumi di parole. Il ritorno di Tedeschi, chiamato a gran voce da popolo e soci biancoblù. Cose che guardando l’odierno basket non è scontato che accadano, cose che non si fanno senza quel sentimento per la causa così forte e viscerale. Roba da ultimi romantici. E Caja. Per quanto se ne possa dire, per chi scrive il gesto di mettere nel cassetto e buttare la chiave le delicate questioni intercorse meno di 6 mesi fa non lo avrebbe fatto chiunque, men che meno un caratterino come quello del coach pavese. Ancora, roba da ultimi romantici, da chi ha conservato nel cuore un pezzettino della scorsa stagione e ha deciso di dargli ascolto. Non che mancassero le chiamate per Caja: Napoli ci ha provato, ma lui ha scelto la Fortitudo. Per quale motivo? Chissà. Ma intanto l’Aquila se lo tiene stretto.
E ora? Lavorare. Porte chiuse e provare, difendere, correre. Il materiale c’è, lo ha ammesso lo stesso Caja. Certo, non è con un colpo di bacchetta magica che si aggiustano giocatori e stagioni, tantomeno dopo una partenza così complicata e con i problemi che affliggono il roster fortitudino. Chi piazzare per dare respiro a Freeman? Come tamponare l’assenza di Sabatini? Come sbloccare chi sinora non si è mostrato all’altezza? Ci vorrà un po’ di tempo per fare in modo che la macchina inizi a carburare, a maggior ragione se fino a oggi la Ferrari si credeva un Maggiolino. D’altronde la piazza lo ha potuto vedere coi propri occhi: Caja è l’uomo giusto per spremere il meglio dai propri giocatori.
E ora, Livorno
Basta, ci fermiamo qui. Aggiungere altro in merito a Cantù e Cividale non sarebbe particolarmente utile, anche perché, come abbiamo detto, da domenica si parla di un’altra Fortitudo. Certo, qualcosa resta, cioè il record 4-7 all’attivo e il fondo della classifica più vicino rispetto alla cima. D’altronde, è anche bene dare fiducia a chi fiducia a sua volta ne ha data a una causa che, come dimostrato, ha sempre sentito sua. Livorno, dunque, il primo test per provare a invertire la rotta. Quel che è certo è che al Paladozza ci saranno solo applausi, domenica pomeriggio, per chi ha dimostrato che a volte si può sfuggire ai meccanismi che muovono lo sport moderno, troppo spesso arido di sentimenti. Ah, ultimi romantici.
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