Basket
Fortitudo, delusione per la sconfitta ma consapevolezza di esserci. L’editoriale del lunedì
Le sensazioni che i tifosi fortitudini si portano dietro dopo la sconfitta 76-70 nel derby 111 di Bologna sono diverse e contrastanti.
Come ha anche dichiarato coach Antimo Martino in conferenza stampa, c’è un mix tra la delusione di non aver vinto la partita e la soddisfazione per essersela giocata alla pari contro la Virtus, campione d’Italia.
La gara della Segafredo Arena ci ha regalato tanti e diversi spunti di riflessione. Il primo, sicuramente, è quello che la Fortitudo è viva!
Dopo il roboante +36 rifilato al PalaDozza a Trieste (che ieri ha spezzato l’imbattibilità in Italia di Milano), arriva un’altra prestazione più che mai convincente. I due punti contro la Virtus non sono arrivati, ma se fossero arrivati, la Kigili non avrebbe rubato nulla. Anche perché da un lato affrontava una Segafredo visibilmente stanca e sulle gambe, dall’altro può recriminare su se stessa per qualche episodio piuttosto condizionante: 1/7 ai liberi di Jabril Durham e Geoffrey Groselle nei due minuti finali, l’aver scialacquato troppo velocemente il +8 (51-43) a metà terzo quarto e l’aver sbagliato dei banali contropiedi.
Se questi sono errori tecnici, su cui è sempre possibile lavorare e sistemare, ci sono poi quelli strutturali. Il computo dei rimbalzi (52-39) in favore dei bianconeri è emblematico. 13 possessi in più in una partita punto a punto sono un’enormità.
Ma il dato che deve fare un po’ più preoccupare è quello relativo all’apporto dei giocatori in panchina: dalle rotazioni la Kigili ha ricavato 9 punti (5 di Jacopo Borra e 4 di Robin Benzing) contro i ben 47 della Segafredo.
Con la panchina infatti la Fortitudo è sempre andata in difficoltà come dimostra il -23 di plus/minus.
I titolari biancoblu, al contrario, hanno fatto il massimo. Pietro Aradori ha giocato da vero leader, spartendosi finalmente i punti personali con l’altro terminale offensivo, James Feldeine. Groselle, al di la della pochezza in lunetta (32% in stagione), sta diventando una presenza costante in area e Durham un vero metronomo. Insomma l’Aquila deve trovare maggiore equilibrio tra starting five e second unit: ma questo arriverà con il tempo, perché di fatto Martino ha avuto una squadra (di questo si tratta) con tre mesi di ritardo rispetto a tutte le altre 15 della Serie A.
Ora però bisogna prendere le cose che hanno funzionato meno nel derby e lavorarci con la mentalità di chi sa di aver disputato comunque una buonissima partita.
Il calendario degli ultimi tre impegni del girone d’andata è impegnativo, non tanto per i nomi degli avversari, ma più per il peso specifico di ogni singola gara: due le partite al PalaDozza (Sassari e Varese), una fuori a Napoli.
Da queste tre “battaglie” si capirà molto del futuro della Fortitudo. La Kigili c’è e se lo spirito è quello visto negli ultimi 48′ la salvezza può e deve essere alla portata.
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