Basket
Fortitudo, senti Galanda: “Dopo dieci anni siamo finalmente tornati dove volano le aquile”
La Fortitudo è qualcosa di più di una squadra: è una fede. Lo sanno bene i tanti ex che, chi più chi meno, sono rimasti affezionati a quella canotta di biancoblù dipinta. Uno fra i tanti a vestire quella maglia, ha scritto la storia della pallacanestro a Bologna: oro agli Europei del 1999, argento alle Olimpiadi del 2004, sotto le due Torri ha collezionato una Coppa Italia ed uno Scudetto, accumulando anche 208 presenze e 1554 punti. All’anagrafe Giacomo Galanda, per tutti “Gek”, grande ex della “Effe” a cui ha dato tanto, entrando nel cuore dei tifosi e negli almanacchi del basket italiano grazie alle sue prestazioni sul parquet. Il cestista friulano, in occasione di un incontro con i giovani dell’Asd Meteor Basket per presentare i suoi camp estivi, si è concesso ai nostri microfoni.
Per un grande ex come te, com’è ritrovare la Fortitudo in A1 dopo tanti anni?
“Facile salire sul carro dei vincitori adesso! (ride, ndr) Scherzi a parte, la Fortitudo è passione e se ce l’hai nel cuore, questo è un momento davvero importante. Gli ultimi dieci anni sono stati densi di sofferenza, sempre ad un passo dall’obiettivo, senza mai riuscire a raggiungerlo. C’è stato un assaggio dei palcoscenici che le competono con il derby di A2, che ha riportato l’attenzione su basket city, ora finalmente siamo tornati dove volano le aquile: verso l’alto”.
Del gruppo che ha conquistato la promozione quest’anno chi terresti? E nel caso, chi vorresti vedere in canotta Fortitudo?
“Il primo che deve andare via è sicuramente il “Mancio”. (ride, ndr) In realtà, secondo me, c’è quest’idea per cui in Serie A servano sei stranieri, mentre in A2 solo due. Secondo me non è giusto: un gruppo che ti ha portato a vincere va modificato, al fine di inserire nuovi elementi. Sugli inserimenti “obbligati” degli stranieri non sono molto d’accordo: sicuramente il mercato globale ti dà la possibilità di inserire tanti giocatori, ma dall’altra parte hai un gruppo che ti ha portato in A1. Non sottovaluterei la coesione del gruppo, il senso d’appartenenza e la forza del movimento italiano, che ha le potenzialità per esprimersi al meglio solo se gliene viene data l’occasione. Credo ci siano punti di riferimento importanti all’interno della squadra che vanno mantenuti. È impensabile senza un certo tipo di sponsor fare proclami clamorosi, bisogna procedere passo dopo passo con un budget giusto per fare le cose fatte bene. Bisogna avere la testa sulle spalle per durare nel tempo”.
L’attuale società che futuro può garantire alla Fortitudo? Quanti anni occorreranno alla Fortitudo per tornare ai vertici dell’A1?
“Gli aspetti societari non sta a me giudicarli: al di là della diplomazia, chi investe ha facoltà di decidere e che, visti i risultati recenti, ha acquisito senza dubbio notevole credibilità. Per la seconda parte della domanda te la butto lì: le neopromosse hanno sempre fatto molto bene, complice anche l’entusiasmo. Ci sono squadre che investono tantissimo, il budget spesso fa la differenza, per arrivare in alto bisogna avere una buona disponibilità economica da cui partire. Le dinamiche sportive mutano molto in fretta, quello che farà la differenza sarà anche l’aspetto mentale”.
Intervista a cura di Michele Ferioli e Emanuele Malaguti
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