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La maledizione del capitano in casa Virtus

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La grave crisi che sta attraversando il rapporto tra La Virtus e il suo capitano, Pietro Aradori, in verità parrebbe confermare quanto, incredibilmente, porti male la fascia, in questa squadra, nei termini di una prosecuzione della relazione fra la società e il giocatore investito dei gradi.

La storia comincia da lontano: è il campionato 2005/2006, il ritorno in serie A non può che proporre il generoso, carismatico Andres Pelussi quale capitano bianconero. La stagione va a fasi alterne e nonostante gli striscioni dei tifosi ne chiedano con insistenza la riconferma non si arriva ad un accordo tra El Gringo e la società, che lo scarica.

Da allora, sono davvero pochi i “capitani” che  siano “sopravvissuti” all’incarico, come per una sorta di condanna a priori. Per i pochi confermati, peraltro, di mezzo si deve registrare un grave infortunio. È il caso, ad esempio, di Fabio Di Bella, capitano nel biennio successivo, 2006/07 e 2007/08, funestato, per lui, da un’operazione alla schiena: cinque mesi fuori il primo anno, uscita dalla squadra con polemiche a febbraio 2008.

Dopo di lui, tocca a  Guillherme Giovannoni. Il 2008/09 è l’anno di Boniciolli, con Boykins, Langford, Sharrod Ford. La prima vittima di quello che il patron Sabatini considera in certa misura un fallimento, nonostante la conquista dell’Eurochallenge,  è proprio il capitano, il giocatore più amato dai virtussini nell’era della rinascita.

La stagione seguente tocca perciò  a Dusan Vukcevic, l’eroe del derby dell’anno precedente. Ovviamente, a fine anno finisce la sua storia con le Vnere.

Raccoglie il testimone Petteri Koponen, capitano nel biennio 2010/12. Sicuramente, il meno bersagliato tra i tanti: l’infortunio, al piede, lo ha già avuto l’anno precedente. In pratica, il finlandese è il solo che passa indenne il periodo da capitano,  con  Sabatini che addirittura resiste a richieste dall’estero, cui non potrà tuttavia sottrarsi alla fine della stagione successiva, poiché il contratto con il finlandese è scaduto.

Nel 2012/2013 diviene pertanto capitano Peppe Poeta, dopo un controverso tira e molla mediatico in estate con Sabatini: strano, sarà il suo ultimo campionato in maglia bianconera, quella che ha più volte dimostrato di amare… (“Per restare alla Virtus sono disposto a tutto” dice anche, ma è l’anno di un complicato cambiamento societario)

A succedergli, un cinno, Matteo Imbrò, diciannovenne, il più giovane capitano della serie A e nella storia della Virtus. Non gli va benissimo: un grave infortunio lo sottrae praticamente a tutto il girone di ritorno. Questo forse lo salva dal partire: resterà un altro anno, ma in posizione alquanto ridimensionata.

Il biennio seguente è quello di Allan Ray capitano, ma pure quello del suo lungo infortunio, nella seconda, funesta stagione, chiusa con la retrocessione.

Va da sé il cambio: il 2018/17, in A2, vede assegnare la fascia ad Andrea Michelori,  che a fine stagione termina proprio la carriera di giocatore tout court.

Il biennio successivo è quasi paradossale, per chi indossa la fascia. L’anno del ritorno in A propone come capitano Guido Rosselli: l’avventura termina già l’8 novembre, con un comunicato: “La Virtus Pallacanestro Bologna comunica che, a partire dalla data odierna, l’atleta Guido Rosselli non sarà a disposizione dello Staff Tecnico per le gare di campionato fino a nuova comunicazione.” La sua carriera continuerà in Fortitudo. Capitano diviene così Klaudio Ndoja, altro eroe della promozione. Neanche da dire che non sarà confermato, con l’arrivo di Pino Sacripanti e la trasformazione generale della Virtus targata Segafredo.

Per finire, la stagione appena conclusa. Tra i mugugni di alcuni tifosi e diverse perplessità sui social la società sceglie, quale capitano, Brian Qvale. Il suo destino pare segnato: si infortuna nel derby in precampionato, emergono dubbi sull’integrità della sua schiena già all’arrivo in estate, fatto sta che l’americano rimane l’incognita maggiore del campionato passato, tant’è che il primo di marzo i gradi passano  a Pietro Aradori. È destino che anche Qvale peraltro se ne vada,  sarà l’ultimo della diaspora che ha coinvolto i vincitori della Basketball Champions League: per lui contratto in Giappone, con gli Shimane Susanoo Magic, dopo che Kevin Punter ha firmato con l’Olympiakos, Amath M’Baye con i turchi del Pinar Karsiyaka, dove viene raggiunto da Tony Taylor, Kelvin Martin con la Happy Casa Brindisi, Dejan Kravic con gli spagnoli dellì’Obradoiro.

Pietro Aradori risulterebbe invece ai ferri corti: “Di cosa devo parlare? La situazione è molto chiara. L’allenatore ha detto che non mi vede nella sua squadra. Di trovarne un’altra”, ha scritto su Facebook il giocatore. Ora non è uscito alcunché di ufficiale da casa Virtus, ma pure il suo destino sembrerebbe segnato. Come in una maledizione paradossale. Quella dei capitani delle Vnere, colpiti da una serie quantomeno curiosa di inquietanti coincidenze.   

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