Basket
Un capolavoro di Sergio Scariolo
La vittoria della Virtus Segafredo nell’Eurocup 2022 è certamente targata Milos Teodosic, MVP della finale ma soprattutto genio e poeta del basket più bello che si possa vedere in Europa; è altrettanto targata Weems, Belinelli, Hackett Shengelia, Jaiteh, Sampson, Hervey, Pajola, Cordinier e pure Mannion e Tessitori, per citare i giocatori scesi ieri sul parquet; è anche incontrovertibilmente targata Zanetti, Baraldi e Ronci, capaci di ridare vita al mito delle Vu Nere. Però, a conti fatti, credo non sia lontano dal vero dichiarare che questo successo sia innanzi tutto un capolavoro della conduzione tecnica, di conseguenza di Sergio Scariolo e del suo staff, che ha saputo gestire sul piano emotivo e motivazionale una stagione resa complicatissima da una sequela di problemi (soprattutto, ma non solo, ad avvio di annata) e si è rivelata splendida nella gestione della finale come di tutte le gare di questa un po’ pazza ma bellissima fase conclusiva della seconda competizione cestistica europea di club. Ieri la Virtus si è trovata di fronte un avversario che poteva spaventarla ben al di là di quella che è la fama di una società sorta solo nel 2014 e con un palmares limitato a un’unica vittoria, nel secondo campionato turco. Anche ieri il Bursaspor ha dimostrato di essere squadra molto ben allenata, con giocatori di qualità ben amalgamati, con il cuore e il carattere di una “grande”, magari con un piccolo linite nella lunghezza della panchina, a conferma che non ci si deve fermare all’altisonanza del nome per giudicare gli avversari. La Virtus però è scesa in campo con le idee chiare su quello che sarebbe stato necessario fare, partendo da una difesa tostissima che non concedesse alcunché dentro l’area ma contemporaneamente riuscisse ad essere pienamente reattiva nel chiudere il tiro dalla distanza di un pericolosissimo pacchetto di esterni. Ne ha fatto le spese Andrews, che due mesi fa a Bologna ne aveva messi 37, e probabilmente sono i suoi punti quelli mancati al Bursa per avere ragione dell’ennesimo avversario in trasferta nel finale di Eurocup. Ne hanno fatto le spese Holland e Needham, imbrigliati in una gabbia che ne ha quanto meno limitato l’efficacia. Ne ha fatto le spese il gioco complessivo di una formazione abituata a non perdere quasi palloni mentre ieri ne ha buttati al vento 14, di cui la maggior parte nella prima fase, il momento, cioè, in cui la Segafredo è stata capace di scavare quel piccolo solco che è divenuto il tesoretto cha le ha permesso di condurre la gara sempre con la massima concentrazione ma mai con vero affanno. Se si vanno a controllare le statistiche, si può notare come siano stati dieci i giocatori virtussini in ampia doppia cifra come minutaggio, senza cali di tensione od efficacia fra gli ipotetici primo e secondo quintetto; anzi, il solco iniziale si è creato proprio con in campo quest’ultimo, con Pajola, Belinelli, Sampson, Hervey e Cordinier che rispetto ai primi cinque riescono forse a dare alla manovra maggiore velocità. Con questo non si sta scrivendo che il secondo quintetto sia migliore del primo, bensì che Scariolo ha saputo gestire le rotazioni facendo emergere il meglio da ciascuno dei giocatori entrati in campo nelle diverse situazioni in cui si sono trovati a giocare. Nel momento in cui il Bursa è risalito a -5, ad inizio ultimo quarto, non ha tolto la fiducia a chi era sul parquet rischierando tutti i “titolari” ed è stato ripagato da un nuovo allungo dei suoi; distribuendo i minutaggi ha permesso al quintetto che ha chiuso la gara di non essere in debito di ossigeno o vittima di tossine in eccesso. È facile, dirà qualcuno, quando hai giocatori tanto forti come l’attuale Virtus Segafredo: beh, le cronache dimostrano che non è affatto così, anzi, l’arte di condurre roster lunghi può rivelarsi assai esoterica per i più (non è questo peraltro il caso di Scariolo, collezionatore di medaglie con un gruppo pieno di “mostri” come la nazionale spagnola). Serve altro come conferma dell’ottimo lavoro compiuto da Scariolo? Ad inizio di stagione, la Virtus giocava un basket stellare in attacco, di una bellezza cosmica, ma si dimostrava pericolosamente perforabile; era solo l’avvio di un percorso che necessitava di un perfezionamento che, chiaramente, chiedeva tempo per concretizzarsi. Oltre tutto, senza avere quasi mai a disposizione la squadra al completo in allenamento. Si è giunti così, fra tanti alti e qualche basso alla scoppola in Coppa Italia subita da Tortona, a mio parere piena di giustificazioni. Dopo di che, con a disposizione finalmente un organico- più o meno – al completo, arricchito dagli innesti di Hackett e Shengelia, la virtus ha finalmente potuto completare la definizione della propria fisionomia, riproponendo un basket un pelo meno spettacolare dell’inizio ma decisamente più concreto (sebbene sempre tanto divertente, questo grazie anche a quel genio di SanTeodosic e all’esempio che è capace di trasmettere ai compagni). Il pragmatismo acquisito è quello che ha condotto la Virtus Segafredo a vincere l’Eurocup, guadagnandosi la partecipazione alla prossima Eurolega. L’ennesimo trofeo della gestione Segafredo, che finora non ha mancato una stagione, eccezion fatta per quella poi annullata per il Covid (che stava poi abbastanza dominando). Ma è anche il primo titolo europeo vinto da Sergio Scariolo con una squadra italiana, e non ci sono dubbi che lo sia a pieno merito.
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