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La nuova Virtus Segafredo è fatta: con quali prospettive?

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Play Taylor e Pajola; esterni Aradori, Punter e Martin, più Cournooh che può giocare sia play che guardia; ali grandi M’Baye e Baldi Rossi; centri Qvale e Kravic: la Virtus Segafredo 2018/19 si presenta coperta in tutti i ruoli, con giocatori per lo più giovani, ancorché non giovanissimi ( se si escludono Pajola e, immaginiamo, i ragazzi italiani che completeranno la panchina, fra cui pare certo Matteo Berti), e comunque tutti, a tutt’oggi, sotto i 30 (Qvale e Aradori, i più “anziani”, perché nati nell’88, compiranno gli anni a novembre e dicembre), peraltro sufficientemente esperti di tornei europei. Se la passata stagione il tormentone è stato che mancava questo o quell’altro giocatore, quest’anno i tifosi potranno giusto dividersi tutt’al più su quale sarà il loro preferito, poiché per la verità nessuno, fra questi, può considerarsi, almeno per ora, una stella assoluta, e anche questo potrebbe rivelarsi un pregio: l’assenza di eventuali prime donne dovrebbe aiutare a raggiungere quell’amalgama che, ora come ora, rimane l’incognita principale per la nuova Virtus.

Già, perché anche il coach è tutto nuovo, e nonostante si giovi di un’esperienza notevolissima (sono vent’anni che Sacripanti allena ai massimi livelli in Italia) di questo i tifosi dovranno tenere conto: non è escluso che la squadra alle prime uscite rischi di balbettare, alla ricerca di una sintonia che nel basket non può che essere complicata, e le incertezze potrebbero durare anche per parte dell’autunno, se non ci si aspettano soluzioni da uno contro cinque che, come si è visto l’anno passato, alla lunga rischiano di rivelarsi più dannose che utili.

Insomma, i presupposti per una bella annata sportiva in casa bianconera ci sono però tutti: era un secolo che a Bologna non si vedeva una coppia di centri di questa stazza fisica, tra l’altro dotati di una tecnica individuale invidiabile, per quei fisici; non mancano i tiratori dalla distanza né l’esplosività dei penetratori; il quattro lo scorso anno tanto agognato si è materializzato nei panni di un giocatore, M’Baye, alla ricerca di una definitiva consacrazione, non trascurando l’affidabilità di Baldi Rossi; qualche incognita rimane sulla regia: Taylor è ottimo sul pick’n’roll, forse è da verificare sulla complessità delle letture durante la partita. Una cosa sicura è che questa squadra ha i cromosomi della difesa molto atletica, che dovrebbe essere una peculiarità del gioco di Sacripanti: è probabile che quest’anno si potranno vedere molti più contropiedi di quanto non sia stato nella scorsa stagione.

A volere essere pignoli forse attualmente sembra mancare quel giocatore alla Stonerook, o alla Leunen, o, per i più attempati tifosi bianconeri, alla Van Breda Kolff (per non scomodare i Driscoll e i Cosic), ovvero il regista occulto che ha in pugno la squadra e nei momenti topici spesso si dimostra indispensabile, ma alla fine, i dubbi, le incertezze dei tifosi più riottosi, più scettici ci pare possano dirsi fugati. La Virtus Segafredo della nuova gestione Dalla Salda – Martelli non sarà il CSKA o il Fenerbahce, né Milano e neppure Venezia; forse neppure, per il momento, Avellino, Trento o Brescia, ma presumibilmente potrà provare a  insidiare in campionato le posizioni di queste ultime e, innanzi tutto, a ricostruire una presentabilità internazionale smarrita dalla Virtus all’epoca delle “trasferte gastronomiche” e non abbastanza recuperata con la vittoria in Eurochallenge, visto che poi è riprecipitata nell’oblio. È da almeno un decennio che il tifo virtussino anela ad una posizione da protagonista nel basket che conta, ci auguriamo che non si illuda di essere tornati d’amblé ai tempi eroici, ma anche che la società ragioni in questo senso e non riporti i prezzi degli abbonamenti a quell’epoca, perché autorizzerebbe i tifosi a sogni e, conseguentemente, possibili delusioni ingiustificatamente cocenti.

In altre parole, si affronti la risalita un gradino alla volta, da parte di tutti, e le soddisfazioni non potranno mancare, con gli attuali presupposti, che sono poi quelli di una società economicamente sana che sta dimostrando come avere obiettivi ambiziosi non comporti essere esageratamente smodati nella propria gestione.   

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