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La stagione della Fortitudo da 1 a 10

I voti agli eventi principali e alla stagione dei biancoblù.

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Fortitudo Flats Service Bologna
Fortitudo Flats Service Bologna (©Valentino Orsini - Fortitudo Flats Service Bologna)

Eccoci arrivati al tempo dei bilanci definitivi in casa Fortitudo Flats Service Bologna. Quella appena conclusa è stata una annata lunga, complicata, iniziata nel migliore dei modi e terminata con la più triste delle delusioni. Nonostante la rabbia ed i rimpianti per quel piccolo passo mancato, la A non è un miraggio. I biancoblù potranno riprovarci già da ottobre, in attesa di capire chi resterà e chi, invece, saluterà (o ha già salutato).

Tanti gli eventi indimenticabili di questa stagione, dove la F è arrivata ad un passo dal sogno: da quella Gara 3 in Finale con la straordinaria coreografia della Fossa, fino alla diatriba infinita con Antonini. Difficilmente un tifoso dimenticherà quello che è stata la stagione 2023-2024.

I voti alla stagione della Fortitudo

1 – La diatriba infinita con Antonini

Inevitabile voto più basso non al personaggio che ha deciso volontariamente di creare, tanto quanto a tutto il contorno. Una Finale Playoff in cui si è parlato molto più di altro, che di pallacanestro: tante dichiarazioni, note, discussioni fuori dal coro hanno composto la cornice di una annata che non meritava una conclusione tanto amara. Tra le critiche alla tifoseria, la risposta tra le righe della società, i fischi del pubblico biancoblù, i gestacci e le feste anticipate: tutto ciò che ha portato all’ultima serie Playoff del Tabellone Argento, ha distorto l’attenzione dal Basket. Dove, almeno quest’anno, il livello era altissimo, e avrebbe meritato il giusto spazio.

2 – La fine dell’amore con Caja

Una fine dolorosissima, perchè arrivata nel momento peggiore possibile. Poco dopo Gara 3, si cominciò a rumoreggiare sul possibile addio del Coach che aveva portato quasi a compimento un percorso a tratti straordinario. Poi, la fine della stagione e, poco dopo, le dichiarazioni di Tedeschi: “licenziamento per giusta causa” è stata la dichiarazione. Proprio mentre la tifoseria intonava “Caja riportaci in Serie A“, si consumava un addio triste, destinato a segnare un solco e una profonda ferita nel popolo biancoblù.

3 – Il mercato di riparazione

Vivere di rimpianti ha oggettivamente poco senso, in una stagione da considerarsi, tutto sommato, positiva. Una sola cosa, forse lato dirigenziale, ha funzionato poco: lo scambio Giordano – Giuri, ed in generale lo scarso mercato di riparazione. Forse, l’ex Treviglio avrebbe potuto fare meglio. Forse, era evidente non avrebbe cambiato troppo le cose. Ma la Fortitudo aveva avuto, fino a quel momento, Fase ad Orologio compresa, un forte problema di punti e in generale aiuti ai titolarissimi dalla panchina. Si poteva fare qualcosa in più, e, ancora forse, le cose sarebbero potute andare diversamente con una panchina più lunga. Ma con i se e con i ma, non si fa la storia.

4 – La panchina

Vedi punto sopra. A dire la verità, il cammino Playoff non è stato negativo. La svolta è però arrivata troppo tardi. Al netto della miglior partita stagionale di Conti in Gara 4, la partita della redenzione della stagione e forse la migliore della sua carriera, sono state tante le sconfitte potenzialmente evitabili. Per qualità tecniche, o per dubbi dell’allenatore, il poco spazio riservato alla panchina ha inevitabilmente influito sulla stanchezza dei titolarissimi. E chi subentrava, raramente ha avuto un impatto positivo.

5 – La sfortuna degli infortuni

Ci si è messa di mezzo la sfortuna dell’infortunio di Aradori. Poi, però, dopo Gara 2, gli infortuni la F se li è cercati. L’inesperienza, forse, o la troppa rabbia, di Ogden, hanno pagato. 10 punti di sutura alla mano: la Fortitudo ha giocato Gara 3 e Gara 4 senza due dei principali protagonisti di una stagione fino a quel momento straordinaria. E se è vero che questo rende ancora più dolce il successo nella terza partita della Finale, allo stesso tempo viene da chiedersi: come sarebbe andata con tutti al completo?

6 – La fase ad orologio

Ottobre da favola, poi qualche stop di troppo (Udine e Forlì). Ma di fatto, la Stagione Regolare della Fortitudo meriterebbe un 8 pieno. Primi in classifica per tutto l’anno, i biancoblù hanno perso terreno proprio a ridosso della fase ad orologio. Lasciando la testa del treno a Forlì. Qualche sconfitta, a conti fatti, era evitabile.

7 – Il cammino Playoff

Due Sweep di fila non possono che meritare una posizione altissima. La Fortitudo è arrivata alla Finale dominando in lungo e in largo tutte le avversarie incontrate. Sì, c’è stato qualche piccolo dubbio a Rieti, ma Bolpin e compagnia hanno chiuso la pratica con la solita grinta. La macchia, che macchia non è, della Finale, purtroppo abbassa il voto.

8 – Tutti i titolarissimi

Fantinelli – Bolpin – Aradori – Ogden – Freeman. Il quintetto titolare della Fortitudo non ha avuto, per larga parte della stagione, rivali. Probabilmente, per qualità tecniche, non avrebbe avuto molto da invidiare a diversi Club della massima serie. Una serie di giocatori dal talento invidiabile, che hanno unito le forze in un percorso tortuoso e complesso. Ci sono state partite vinte dai singoli (vedasi Aradori a Cividale), ma il più delle volte, ha avuto la meglio la Squadra.

9 – Gara 3 con Trapani

Sarebbe sbagliato dire che nessuno ci credeva. Eppure sarebbe sbagliato supporre anche l’opposto. Davanti ad un PalaDozza sold-out, la Fortitudo ha realizzato, il 7 giugno 2024, una piccola impresa. Contro i pronostici, con Aradori fuori, Ogden a mezzo servizio se non meno, sotto 2 a 0 nella serie, con tutta la pressione possibile addosso. La Fortitudo ha allungato la serie. Ancora una partita, ancora una notte, di speranza. Una vittoria di grinta, coraggio, tutto quello che il popolo biancoblù chiedeva. E ha avuto. Le lacrime dei tifosi, che hanno avuto la possibilità di sognare ancora un altro giorno, non avranno mai prezzo.

10 – La Fossa Dei Leoni

La Fortitudo ha barato. Almeno nelle partite in casa. La Fortitudo ha ingannato tutti quando, in campo, al PalaDozza, scendevano in sei sul parquet. L’uomo in più, dal 1970 a questa parte. L’uomo, la donna, il bambino, che con il soffio ha fatto entrare quella tripla di Bolpin. Il sesto uomo, che è valso il canestro decisivo di quella partita di metà stagione decisa all’ultimo. Che c’era nell’anno della promozione, che c’era nell’anno della retrocessione. Quel sesto uomo che ha sognato con i giocatori, che ha preso la palla e l’ha guidata a canestro una volta in più. Che ha abbracciato i giocatori nonostante la sconfitta in finale. Che non ha smesso mai di cantare. Che è andato fino a Trapani per tornare al PalaDozza pochi giorni dopo. La Fortitudo ha avuto, ed avrà per sempre, un popolo infinito. Il 10 non basta.

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