Basket
Perché vale la pena di credere in questa Virtus Segafredo. L’editoriale del lunedì
Credo che questa edizione della Coppa Italia possa essere di insegnamento per chi, nel basket, abbia intenzione di investire veramente. Sinceramente non so se l’attuale A|X Armani Exchange Milano sia quella corazzata inaffondabile che è parsa in tutti e tre i turni e ha ridotto la finale ad una sorta di amichevole con una squadra di serie inferiore, però una cosa è innegabile: i frutti del lavoro di Ettore Messina stanno emergendo e poco alla volta la società che fino all’altro ieri era conosciuta più per gli sprechi velleitari che per la bontà degli investimenti ora pare trasformata in una impresa gloriosa, che tutti plaudono. Un anno fa, l’Olimpia Milano veniva sbertucciata per come era stata eliminata da Venezia, in campionato aveva perso 7 partite, fra cui nettamente quelle con entrambe le bolognesi, in Eurolega era partita alla grande ma poi era stata frenata anche a causa di una serie di infortuni pesanti. Stagione fallimentare? Certo era presto per dirlo, ma anche se il coach annunciato come dio in terra cominciava ad essere contestato dalla tifoseria la società non gli ha negato la fiducia, permettendogli di riflettere sugli errori eventualmente commessi per procedere nel suo progetto che oggi sta dando i primi frutti concreti. In pratica, smentendosi per quello che era stata per tanti anni precedenti, quando gli allenatori erano prima stati cambiati come kleenex, poi a cadenza biennale con questo schema: primo anno scudetto, secondo anno eliminazione ai playoff in semifinale e conseguente cacciata del coach. Così per banchi, Repesa, Pianigiani, mentre prima anche Scariolo era durato solo un biennio senza peraltro vincere alcunché. Messina è stato più convincente dei suoi predecessori o la fiducia riversatagli dalla società ha cambiato molte cose? Una risposta definitiva non potrà arrivare prima della fine della stagione, ma intanto conosciamo chi avrebbe anche potuto esonerarlo dopo la figuraccia in Coppa Italia.
Se si punta su un progetto, a meno di clamorose svolte irrecuperabilmente negative o gesti al limite della querela, è indispensabile perseguirlo fino al momento delle opportune verifiche che di solito coincidono con i risultati finali. Fermarlo in corsa rischia di rivelarsi terribilmente destabilizzante, si rischia di minare alla radice lo stesso progetto per cui bisognerà intervenire con chiari gesti di fiducia e motivazionali per ricostruire un rapporto che rischia di essersi irrimediabilmente logorato.
Potrebbe esserci qualcosa di simile alla base della “crisi” della Virtus Segafredo? Mah, forse bisognerebbe conoscere i fatti dall’interno per emettere giudizi di questo tipo. Sempre, poi, che di vera “crisi” si tratti. Non dimentichiamoci, scrivevamo già una settimana or sono, che la Coppa Italia non era di sicuro l’obiettivo primario della squadra di Djordjevic e che non si può ogni volta esaltare qualcuno dopo una vittoria e buttarlo dalla rupe poco dopo per una sconfitta.
La Virtus a trazione serba è un progetto intrigante, divertente, con pregi e difetti ma misurato, tra l’altro, sulle potenzialità economiche dell’attuale società bianconera. Non può essere come quella del 2001, non è detto che non possa diventare come quella del 1993. Che per vincere l’Eurolega ha poi dovuto aspettare il 1998. Perché occorrono pazienza e coerenza se si vuole proseguire in modo producente su un tragitto che puoi progettare finché vuoi, ma i fattori esterni con cui dovrai scontrarti possono dimostrarsi mine vaganti difficilmente evitabili.
Per vincere occorre sempre una convergenza di situazioni favorevoli, a meno di non essere così più forti da non temere alcunché. Ma di veri Dream Team è già molto che ne siano esistiti un paio. Nello sport si può vincere o si può perdere per questioni infinitesime, fondamentale sarebbe saper imparare dalle sconfitte senza celarsi dietro alibi che siano pretestuosi o meno.
Credo che alla Virtus Segafredo di Sale Djordjevic debba essere concessa la possibilità di sbagliare al fine di trovare i correttivi adeguati a una crescita e magari alla costruzione di una nuova epoca
Senza dimenticare che se lo sport è anche spettacolo, come ci si diverte vedendo giocare questa squadra era una vita che non accadeva in Italia, non solo a Basket City. E di questo tutti sappiamo chi si debba ringraziare, una società che adesso deve però decidere fin dove vuole veramente arrivare.
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