Basket
STORIE DI BASKET CITY – 16 Giugno: da Ruben Douglas a Matteo Malaventura – 16 giu
Userò le parole di un grande fortitudino per introdurre questa puntata di Storie di Basket City. Nel commentare la recentissima promozione della Fortitudo in A, dopo aver condiviso l’ennesima tribuna stampa, anche sabato in quel di Forlì, mi ha detto: “è questo il bello di tifare Fortitudo, sai che devi soffrire, che magari in alcune situazioni, come già ci è accaduto, vedi vincere le altre squadre e finisci anche per arrabbiarti parecchio, tutto per amore di quei colori. Poi, però, le cose tornano indietro come il tiro di Douglas o il canestro di Malaventura 5 anni fa. Quello che perdiamo in un modo o nell’altro ritorna sempre, tutto scompare e si torna a gioire come ieri. Che meraviglia!”.
Già, perché lo spirito Fortitudo in fondo è proprio questo: non mollare mai, saper soffrire e rialzarsi dopo ogni difficoltà, ma anche amare alla follia quei colori nella buona e soprattutto nella cattiva sorte. Dopo aver perso 4 finali in 4 anni e non essere così riusciti a bissare lo scudetto del 2000 con Recalcati in panchina, arriva la stagione 2004/2005. A Bologna attendono lo scudetto da troppo tempo, così come Jasmin Repesa, uno di quelli che a perdere non ci sta neanche se si tratta di una briscola estiva. Poi c’è lui, l’uomo da Pasadena, l’hombre del partido, il protagonista forse più inatteso per decidere una finale scudetto. Ma l’imprevedibilità di questo sport è una delle caratteristiche che lo rende tra gli sport più belli al mondo, per non dire il più bello. Così, capita che in gara 4 Milano si ritrovi a più 1 a 15’’ dalla fine e con palla in mano, la rotazione di palla della squadra di Lino Lardo fa si che la palla arrivi nelle mani di Dante Calabria che difficilmente sbaglia un tiro così ben costruito. Il giocatore di Milano, invece, sbaglia la tripla e a rimbalzo si avventa Gianluca Basile, l’unico dei giocatori in maglia biancoblu presente anche al primo scudetto, l’uomo che più di tutti in campo sente la pressione di quella gara. Il Baso prende il pallone salta Singleton e serve un assist a Ruben Douglas proprio a fil di sirena. Il numero 20 della Effe ha nelle mani la palla dello Scudetto, si alza da tre, tira e segna con una tranquillità e una freddezza che, rivedendola tutt’ora, ancora non riesco a spiegarmi come abbia fatto. Sugli spalti si vivono attimi surreali, la Fortitudo ha appena segnato ma non si festeggia e per capire il perché basta guardare il tavolo dove gli arbitri stanno consultando l’instant replay. Per un istante al Forum cala un silenzio irreale, Repesa guarda gli arbitri e si ferma a braccia conserte davanti al tavolo, Basile porta le mani al volto raccolto quasi in preghiera, così come Rancik, Ruben Douglas è immobile e forse non crede neanche lui che sta per regalare lo scudetto alla sua squadra, dopo aver sbagliato il libero della parità pochi secondi prima. Quando Paternicò, Ursi e Lamonica escono dal tavolo l’attesa sembra infinita, poi gli arbitri alzano le dita per convalidare la tripla del numero 20 biancoblu: è Scudetto Fortitudo, il secondo della sua storia. Ora si che può esplodere la festa dopo la sofferenza.
Nella storia della Fortitudo, però, deve esistere una qualche logica matematica che ogni 5 anni faccia accadere qualcosa di importante, che sia uno scudetto o una promozione, e proprio di quest’ultima si tratta in questo caso. 16 giugno 2010: la Fortitudo si gioca la promozione in Legadue in quel di Forlì, lo stesso palazzetto in cui l’ha riconquistata sabato scorso. Strani gli incroci del destino, che a distanza di 5 anni e per di più lo stesso giorno in cui la Effe si laureò campione d’Italia, regalano ai biancoblu la possibilità di tornare sui palcoscenici che gli competono. Anche questa volta, però, è un finale thriller e chi è tifoso della Fortitudo, forse, si sarebbe stupito del contrario. A 43’’ dalla fine Forray mette il canestro del più 1, poi Quaglia fa fallo su Farioli, regalando ulteriori due liberi al numero 4 di Forlì. La mano del lungo dei padroni di casa non trema: 2 su 2 e più 3 con Finelli che è costretto a chiamare timeout. Dopo il minuto la Fortitudo rientra sul parquet, Davide Lamma, capitano oggi come allora, subisce il fallo dello stesso Farioli e va in lunetta con due liberi pesantissimi, la sua mano non trema e fa due su due. Ancora una volta, così come a Milano la Effe è sotto di 1 a pochi secondi dal termine, ancora una volta come accaduto al Forum, gli avversari sbagliano il tiro che, forse, avrebbe chiuso la gara. Forray si fa stoppare da Quaglia che rimedia alla grande all’ingenuità precedente su Farioli, poi Tassinari sullo scadere dei 24’’ non trova la tripla. Ad avventarsi sul rimbalzo e a tuffarsi per recuperare palla c’è Davide Lamma, che poi la serve a Muro. Il pallone poi finisce nelle mani di Malaventura, il numero 5 in maglia biancoblu, esattamente come fece Ruben Douglas, non ci pensa su due volte e tira, ma questa volta non dalla lunga. I tifosi fortitudini assistono all’ennesima scena del ciclo “se non soffri non vale, ma se soffri è ancora più bella vincerla”. La palla di Malaventura rimbalza sul ferro, si arrampica si di esso e durante quei rimbalzi sul ferro a Palazzo scende lo stesso silenzio che aveva accompagnato i tifosi fortitudini nei momenti in cui gli arbitri consultavano l’instant replay a Milano cinque anni prima. Poi, dopo aver danzato sul ferro, la palla entra, si assiste ancora una volta ad un’esplosione di gioia del popolo della Effe. E se quel giorno avessero detto ai tifosi biancoblu che 5 anni dopo sarebbe stata di nuovo Legadue e per di più proprio in quel Palazzo, forse non ci avrebbe creduto nessuno. Questo è il destino, questo è il basket, questo è lo spirito Fortitudo che ti porta a lottare fino all’ultimo secondo utile per vincere una gara.
“E’ la Fortitudo: lottare fino in fondo. Bravi! Per tutta la vita!”
(Jasmin Repesa)
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