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STORIE DI BASKET CITY – FORTITUDO: la prima volta non si scorda mai. “Che fretta c’era, 30 Maggio del 2000…” – 5 Mar

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Accarezzare un sogno e vederlo svanire sul più bello per ben tre volte. Si potrebbero riassumere così gli anni precedenti al primo scudetto per la Fortitudo, squadra che fin lì aveva messo in bacheca solo una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. La Effe dal ritorno in A nella stagione 1992/93 fino al 1998/99 raggiunse le finali Scudetto per tre volte e per tre volte non riuscì a conquistare quello che sarebbe stato il primo scudetto della storia biancoblu. Una sorta di maledizione delle finali che si interruppe, però, nel 1999/2000.

Partiamo dall’antefatto, dalla storia che ha portato la Fortitudo a quei livelli in Serie A. Stagione 1992/1993, la Effe torna in Serie A e viene acquistata da Giorgio Seragnoli, soprannominato poi l’Emiro. Al nome dell’imprenditore bolognese sono legati i maggiori successi della Fortitudo e, non è un caso che Fabrizio Pungetti, al suo ritorno al Paladozza in occasione di una gara contro Ravenna, lo abbia presentato come “l’uomo che ha realizzato i nostri sogni” . In quella gara si alzarono tutti in piedi per applaudirlo e non poteva essere altrimenti. Sotto la sua presidenza arrivarono, due scudetti, una coppa Italia e due supercoppe italiane. Dopo aver inseguito a lungo quel tricolore, che ormai era diventato una sorta di ossessione per Seragnoli e per tutti i fortitudini, dopo averlo sfiorato per tre volte, si arriva, finalmente, alla stagione della svolta: il 1999/2000. Sulla panchina della Fortitudo viene chiamato Carlo Recalcati, non proprio uno qualunque. L’allenatore milanese arriva a Bologna dopo aver vinto lo scudetto con Varese, quello della stella. In quella squadra giocavano giocatori del calibro di Pozzecco, Andrea Meneghin, Alessandro De Pol e Giacomo Galanda. Il duo Galanda-Recalacati si ricompone anche l’anno dopo in Fortitudo, in una squadra che oltre al giocatore italiano poteva contare su due leader come Fucka e Dan Gay, sul talento di Jaric e Myers, ma anche sul carattere e sulla classe di un allora ventiquattrenne Gianluca Basile. In quella società c’erano figure che sono rimaste legate indissolubilmente alla storia della Fortitudo, partendo da Santi Puglisi allora direttore sportivo, passando per  il vicepresidente Renato Palumbi fino ad arrivare al massaggiatore, il professor Ferrarini, una vera e proprio istituzione. Negli ultimi anni è tornato a lavorare con Basile in quel di Capo d’Orlando, riformando un duo che per i fortitudini avrà suscitato un senso di amarcord non indifferente.

Carlo Recalcati

La Fortitudo che si appresta ad iniziare la stagione del 1999/2000 è una squadra per gran parte simile a quella dell’annata precedente, quella che si era arresa proprio alla Benetton Treviso in semifinale dei playoff. I nuovi acquisti, oltre al già citato Galanda, sono Vrankovic, Matteo Anchisi e il rientrante Massimo Ruggeri. Nella testa di tutto il popolo fortitudino c’è solo un pensiero: lo scudetto. Sono stanchi di vedere festeggiare gli altri, vogliono smettere di cantare quel coro goliardico sul fatto di non aver mai vinto nulla anche se le parole, lo so bene, non sono proprio quelle. I giocatori hanno piena consapevolezza delle aspettative dei tifosi, lo sa bene Recalcati che nella pre season lavora anche sull’aspetto mentale della sua squadra per infondere ai suoi quella mentalità  vincente che lo ha portato a trionfare con Varese l’anno prima. La stagione inizia in quel di Pesaro e per mettere subito le cose in chiaro Myers e Basile ne fanno 51 in due sui 90 totali di squadra, permettendo alla Fortitudo di tornare a Bologna con i 2 punti in tasca. Nel girone d’andata arrivano 14 vittorie su 15 gare e solo Roma, in casa, riesce ad avere la meglio sugli uomini di Recalcati. Nel girone di ritorno, invece, arrivano due sconfitte, con la squadra di Recalcati che si arrende solo a Montecatini e a Treviso, squadra acerrima nemica della Fortitudo in quegli anni, proprio per la lotta scudetto. Bilancio della regular season: 27 vittorie e 3 sconfitte e più 12 sulla Virtus seconda; la Fortitudo è un rullo compressore e anche i bianconeri nei due derby non possono nulla contro la squadra di Recalcati. Al Paladozza la Effe si impone per 72-56, all’Unipol invece, vince 66-74 e in entrambe le gare, neanche a dirlo, il protagonista assoluto è Myers che a referto scrive prima 23 punti con 30 di valutazione e poi 20.

Terminato il campionato ci sono i playoff che si giocano con la vecchia formula: le prime due squadre, quindi Virtus e Fortitudo, accedono direttamente ai quarti, mentre quelle tra il terzo e il quattordicesimo posto si incontrano agli ottavi. Gli ottavi sono al meglio delle tre, mentre dai quarti in poi le gare sono al meglio delle cinque. Ai quarti la Fortitudo incrocia la Ducato Siena allora allenata da Fabrizio Frates, ma tra le due squadre non c’è storia: 3-0 secco della Fortitudo che passa facilmente alle semifinali. Sulla strada che porta alla finale c’è Verona, ma anche la squadra di Marcelletti viene liquidata con un secco 3-0. Karnisovas e Myers sono i protagonisti assoluti della serie e già in gara 1 mettono la serie in discesa per i biancoblu con 21 punti a testa. La Fortitudo è in finale, lì dove era arrivata per altre tre volte senza mai riuscire a cucirsi lo scudetto sul petto. E chi sa cosa scatta nella mente di quei giocatori che sono arrivati a giocarsi una finale in più di una occasione e poi hanno visto svanire quel sogno, chi sa cosa avranno pensato Myers e Fucka prima di quella finale. Una cosa è certa, quei pensieri li hanno trasformati in energia positiva e lo hanno dimostrato, poi, sul campo.

Tra la Fortitudo e lo scudetto c’è la Benetton di Piero Bucchi, quella squadra che la Fortitudo ha già incontrato per ben tre volte nei playoff degli anni precedenti e, contro la quale, per tre volte ha perso la serie, quella squadra che nel 1996/97 sconfisse i biancoblu proprio in finale scudetto. La Fortitudo arriva alla finale dovendo fare i conti con un’assenza pesante: Recalcati deve rinunciare a Karnisovas, non proprio una bella notizia, visto e considerato l’apporto che il giocatore aveva dato fino a quel momento. La Benetton, guidata da un immenso Tyus Edney da 29 punti e 6 palle recuperate, espugna il Paladozza e porta la serie sull’1-0.  A questo punto è a Recalcati che spetta il compito più difficile, cioè quello di ricaricare mentalmente la sua squadra e, da grande coach qual è, il compito gli riesce alla grande. Le motivazioni di Fucka e Myers sono alle stelle e alle loro si uniscono anche quelle di tutta la squadra. Dopo quella sconfitta si era materializzato lo specchio dell’ennesima finale persa e invece la Fortitudo, con una prova di forza, va a vincere a Treviso gara 2 con una super prestazione del trio Myers, Fucka e Basile:  i tre ne mettono 53, dieci in meno del totale dei punti della Benetton. Ora la serie è 1-1 e gara 3 si gioca al Paladozza, un’occasione troppo ghiotta per farsela scappare. Pronti via e Vrankovic fa letteralmente impazzire Marconato sotto i tabelloni, mentre Myers è immarcabile e la Fortitudo va all’intervallo sul più 15 (45-30). Alla fine saranno 32 i punti di Myers con la Fortitudo che va a Treviso per gara 4 in vantaggio per 2-1: dopo aver ribaltato la serie la Fortitudo è a un passo dal suo primo scudetto.

30 Maggio 2000: al Palaverde va in scena gara 4 di finale scudetto tra Benetton Treviso e Paf Bologna. All’intervallo la                 Benetton conduce di 5 (42-37), ma Marconato si fa male rimediando una sublussazione alla caviglia sinistra. La partita è un continuo inseguirsi tra le due squadre che vanno avanti a parziali, poi la tripla di Fucka sul finale di primo tempo cambia radicalmente le sorti dell’incontro. Vrankovic e Fucka mettono energia e intensità in campo e lo dimostrano subito con due “schiaccioni” che, in avvio di secondo tempo, portano la Effe a meno 1. Nel secondo tempo è tutta un’altra Fortitudo anche e soprattutto grazie alle giocate di Fucka che regala altre due schiacciate che fanno esplodere il settore ospite e tengono la Fortitudo in doppia cifra di vantaggio. L’intensità difensiva dei giocatori di Recalcati è straordinaria, la Benetton non riesce più a trovare con facilità la via del canestro e produce solo attacchi confusi. Da una parte Edney è costretto al cambio, causa crampi, dall’altra la Fortitudo gioca con il cronometro e tutti i giocatori in campo sono pronti a sacrificarsi e a lottare su ogni pallone per l’obiettivo finale, come dimostra un super recupero di Pilutti che si butta su un pallone vagante, dopo un tiro sbagliato da Basile. A 2’ dalla fine Galanda realizza il canestro del 61-72 poi Fucka mette il punto esclamativo sulla sfida in contropiede, il settore ospite esplode, chi è rimasto a Bologan e, precisamente, al Paladozza anche. C’è un filo sottile che lega Treviso e Bologna, c’è un sogno che sta per materializzarsi, quello del primo storico scudetto dopo 3 finali perse. Nella rabbia con cui Fucka va ad inchiodare quella schiacciata c’è tutta la frustrazione, la rabbia di chi ha accarezzato quello scudetto nel 1997/98 contro la Virtus. In quel contropiede Gregor sembrava quasi spinto dai cori dei fortitudini presenti. Una schiacciata quasi liberatoria per un intero popolo che attendeva questo momento da una vita; un popolo che ha mandato giù più di un boccone amaro con quelle tre finali perse. La Fortitudo vince 68-79 ed è campione d’Italia: nei giocatori c’è la consapevolezza di aver fatto qualcosa di importante per la storia del club, ma soprattutto per quei tifosi che hanno sofferto con loro fino alla fine. Lo sa bene Jaric che con quel gesto del pugno alzato, in segno di vittoria, poco prima della sirena, ha detto più di mille parole.

A fine gara l’invasione, una  liberatoria invasione, una marea biancoblu sul parquet del Palaverde. Quelle lacrime e quegli abbracci in campo di chi sa che questa volta la squadra non fallito l’appuntamento con la storia. Quelle lacrime che dimostrano quanto rappresenti quella squadra per i suoi tifosi, le emozioni di chi è rimasto a Bologna e attende il ritorno di quella squadra di eroi, l’urlo di una parte della città, quella biancoblu. Poi, altre istantane memorabili di quel momento: Vrankovic che solleva Recalcati in trionfo, l’abbraccio fra l’allenatore e Myers e la voce emozionata e l’ineffabilità di Recalcati nell’esprimere le sue emozioni nelle interviste del postpartita. Quella squadra è entrata di diritto nella storia della Effe, così come Recalcati che in due anni, ha vinto due scudetti con due squadre diverse. Chapeau Carlo.

La Fortitudo finalmente era riuscita a cucire lo scudetto sulle sue maglie, l’attesa era finita! “Che fretta c’era 30 Maggio del 2000. La Fortitudo troppo presto tricolor”

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