Basket
Virtus Segafredo: i campioni d’Italia sfidano la nuova stagione
La Virtus Segafredo che sta per cominciare il campionato da detentrice del titolo è squadra intrigante, divertente, con in teoria il carattere della vincente, ma non illudiamoci che abbia veramente già trovato la propria dimensione definitiva. Oggi come oggi è una delle Virtus più belle che io ricordi (e ne ho viste tante, in mezzo secolo abbondante di gioie e qualche dispiacere), però non dobbiamo dimenticare che siamo solo a settembre (cosa si diceva un anno fa dell’Olimpia Milano?) e la stagione è lunga e impegnativa, come vuole il luogo comune. Scariolo sta plasmando un roster fatto di tecnica, fisicità, entusiasmo giovanile ed esperienza. Ha perduto pressoché subito un elemento cardine, non ha ancora trovato un altro elemento in origine fondamentale come Mannion, eppure la sua squadra ha ottenuto il primo trofeo stagionale mostrando un gioco divertente e produttivo, con una identità già abbastanza precisa e senza sensibili cali di livello nei diversi ruoli. Il tifoso virtussino probabilmente sta già sognando risultati che la riportino nell’empireo, dimenticando tuttavia che se è difficile vincere, replicare un successo lo è molto di più, come dimostra la storia. L’obiettivo principe di quest’anno è senza dubbio ottenere il visto per l’Eurolega, ma come ha detto anche il coach la Virtus parte in prima fila in ogni competizione, ma mai in pole position, così come stanno le cose. Io sinceramente continuerei a vivere alla giornata godendo di un gioco veloce, generoso, aggressivo, assolutamente piacevole, cogliendone di passo in passo i diversi frutti sapendo che saranno pressoché inevitabili cadute pure dolorose che non dovranno però gettare nello sconforto. Intanto, un risultato è stato già raggiunto. Conterà come il due di picche, la Supercoppa, ma è così soprattutto per chi non la vince; la bacheca intanto si continua a riempire. Dall’avvento della gestione Segafredo i trofei sono stati quattro, con due campionati vinti su quattro effettivamente giocati. Poi è anche vero che più delle vittorie sarebbe saggio considerare la differenza fra partite vinte e perse, e qui le cose diventerebbero ancora più esaltanti. Insomma: godiamoci questa stagione, con la speranza che la sfortuna si giri anche da qualche altra parte, visto che sotto questo aspetto non è che le Vu Nere abbiano avuto chissà quali agevolazioni, fin qui. Tra le migliori novità, comunque, che si sono viste in questo avvio metterei la decisa maturazione di Alessandro Pajola, sul quale si cominciano a fare sogni ma anche qui non dobbiamo dimenticare che la sua giovane età non permette di fare pronostici assoluti, benché francamente sia da quando ha fatto la sua apparizione in prima squadra che dà la sensazione che in un futuro la sua potrebbe diventare la nuova maglia appesa là in alto, nell’empireo bianconero; poi, il ridotto minutaggio concesso a Milos Teodosic, o SanTeo, o Santeodosic, ovvero la divinità serba capace di cose inimmaginabili che, arrivando ai momenti cruciali senza la lingua di fuori, ha già evidenziato di poter essere ancora più decisivo – se possibile – di quanto non lo sia stato la passata stagione; terzo, l’impiego da specialista puro di Marco Belinelli che ne ha rinverdito la valenza mortifera e, presumibilmente, gli concede più energia fisica e mentale nell’applicazione difensiva. Tre upgrade, di fatto, che dicono molto di quello che può diventare questa squadra. Che non ha ancora avuto Mannion e ha vinto con Milano e Venezia senza Udoh. Anche se, ribadiamo, siamo solo a settembre e bisogna mantenere tutta la cautela del caso per non rischiare ingiustificati sbalzi di umore.
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