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Tutt’altro che ko, questa Virtus Segafredo ha il dna per poterci credere ancora

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Come ad ogni sconfitta, i social e i portici si animano di voci insoddisfatte e magniloquenti “lo dicevo da un tot”. La sberla presa dal Buducnost però non è paragonabile a quella di Ulm: in Germania la squadra era arrivata spompata mentalmente e non ha saputo interpretare la gara in modo adeguato. Lo avevamo già scritto, una brutta partita, che nel corso di una stagione tanto complessa può avere giustificazioni ma rimane pur sempre una battuta a vuoto. Quello che è accaduto martedì sera, invece, è tutt’altro: sì, alla fine contano i due punti, la vittoria o la sconfitta che si segnano sul tabellone e portano posizioni in classifica, ma chi si sentirebbe di condannare una squadra che s è trovata improvvisamente senza la coppia Belinelli-Sampson, essendo già in difetto di Teodosic e Hervey (per non parlare dei lungodegenti)? È vero, qui si finiscono per ripetere sempre le stesse cose, pare che si accampino le medesime scuse, ma è un dato di fatto che anche se hai un roster lungo, se ti vengono a mancare quattro giocatori come quelli citati quale squadra non ne risentirebbe mortalmente? Lo ha riconosciuto perfino Dzikic, coach di Podgorica, che la loro assenza è stata la chiave dell’incontro e condivido in pieno l’orgoglio dichiarato da Scariolo per il cuore col quale i suoi si sono battuti sul parquet. In effetti, dopo aver anche assistito all’incontro meno semplice di quanto potesse sembrare con Cremona, c’è un punto che va rimarcato: questa Virtus, pur in condizioni fisiche paradossali, provata da una serie di incidenti che abbatterebbero una corazzata, se si eccettua l’episodio di Ulm non ha mai smarrito la propria identità, fatta di un gioco corale che sa esaltare i singoli, e non viceversa, di singoli su cui vive il gioco, cosa che accade assai di frequente altrove. La quantità ma soprattutto la percentuale di assist rispetto ai canestri fatti pure martedì sera è stata encomiabile, e sarebbe stata ancora più alta se non si fossero falliti tanti tiri aperti creati da un buon gioco, soprattutto nella seconda parte di gara. Tutti quei tiri sbagliati sono conseguenza, di solito, di gambe piantate e mente poco libera. In effetti abbiamo assistito ad alcune scelte opinabili, tiri non presi per paura forse di sbagliare probabilmente perché non ci sentiva a posto col corpo, e questo è conseguenza inevitabile della mancanza di continuità del lavoro in palestra, dovuto purtroppo ai continui stop a questo e a quell’altro giocatore. Dobbiamo poi anche dire che se la squadra non è crollata fin qui del tutto è merito del coach che ha saputo tenere motivate le seconde linee, che con i propri limiti riescono ora a reggere il campo senza provocare crolli, anzi, in diversi casi imponendo le proprie figure. Ciò non significa che un micio si possa trasformare in tigre, ma pure l’ormai tanto contestato Alexander martedì sera ha dato un proprio contributo, per lo meno in difesa, checché sentenzino tanti soloni. Non è Ginobili, chiaro, ma nessuno lo ha mai presentato come tale e allora smettiamo di criticarlo se non rende come una star NBA. Preoccupano, in parte, le condizioni di Alibegovic e Tessitori, il secondo in crisi di identità, a mio parere, il primo che deve ancora trovare la propria: da loro dovrebbero arrivare contributi più concreti, in questi frangenti, che non possono peraltro essere solo corrispondenti alla lievitazione del tabellino individuale. In attesa comunque delle trasferte di domenica a Varese (attenzione, questi sono in fiducia, vietato sottovalutarli, anche se tre settimane fa sembravano dei derelitti) ma soprattutto di mercoledì a Valencia si resta in attesa costante di notizie, col terrore di nuove positività, a questo punto, contando ogni minuto che manca al rientro di SanTeodosic (ipotizzabile in Spagna?) e Hervey. Non sono note poi quali siano le decorrenze di quarantena per Sampson e Belinelli, ma qui si vive davvero alla giornata. Nonostante tutto, però, la Virtus Segafredo non è finita KO, ha mostrato di avere un’anima e una solidità strutturale che rimangono l’attestazione di un importante salto di qualità della società tutta, cosa che non può non essere di conforto guardando al futuro. In attesa delle Finale Eight, con la speranza di poterle giocare quale vera squadra di basket e non rappresentante di una polisportiva ospedaliera

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