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Una stagione comunque da applausi

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Dunque, come un po’ tutti ci si aspettava, la finale scudetto sarà nuovamente fra Virtus Segafredo e Armani Milano. Entrambe le squadre vi giungono imbattute ai playoff, la Virtus, in particolare, con una sequenza che dura dalla passata stagione abbastanza impressionante. Certo che Milano non starà digerendo benissimo questa cosa, anche perché ha il dente avvelenato dall’epilogo dello scorso campionato e a differenza dei bolognesi, che hanno già raggiunto gli obiettivi fondamentali della vittoria in Eurocup e dell’ammissione in Eurolega, è ancora a secco (sì, la Coppa Italia: un trionfo per quasi tutti, un palliativo per questa Olimpia Milano) e a rischio di bocciatura totale per quest’anno sportivo. Tutto questo potrebbe lasciare intendere a qualcuno che la Segafredo sia in sostanza largamente favorita: non è affatto così, poiché seppure l’allungamento del roster con gli arrivi di Hackett e Shengelia abbia condotto la squadra a disposizione di Scariolo a non temere confronti, in Italia, sul piano della ipotetica lunghezza, non possiamo dimenticare che un certo senso di appagamento e la dura fatica sia fisica che psicologica dell’ultimo mese potrebbero giocare un brutto scherzo ai bolognesi, con alcune delle colonne portanti apparentemente in giustificata riserva (Weems, Pajola, soprattutto). Mentre non credo che il fattore campo possa essere decisivo (prova ne sia la finale scorsa), ritengo viceversa che fondamentali per la vittoria finale potrebbero rivelarsi i secondi quintetti di ciascuna squadra: che Teodosic, Hackett, Shengelia, Jaiteh da una parte e Rodriguez, Melli, Hines e Shields dall’altra daranno il massimo è quasi ovvio, al netto di eventuali infortuni, sostanzialmente pareggiandosi. Ecco allora che potrebbero essere gli altri otto a fare la differenza, e fra questi inserisco Belinelli e Datome, per motivi anagrafici, pur sapendo però che proprio dalle loro prestazioni potrebbe nascere il successo della loro squadra. Poi, ovviamente, ci sono i vari Cordinier, Sampson, ecc… (fra cui i due sopracitati “affaticati”) e a Milano Hall, Bentil, Ricci… Chi otterrà di più dall’intero gruppo squadra, in una serie a fine stagione ove si gioca ogni due giorni, è quasi certo che vincerà, e fin qui bisogna dire che la Virtus parrebbe un gradino più su, per il modo col quale Messina ha condotto i suoi durante l’anno, lasciando poche occasioni di partecipazione ai momenti decisivi ai vari Baldasso, Alviti, Biligha, gli italiani che in Italia bisogna che diano un contributo davvero concreto, a differenza dell’Eurolega. In casa virtussina al contrario si sono visti maggiormente coinvolti, soprattutto in queste ultime settimane, i Mannion, Alibegovioc, Tessitori, da aggiungere a Pajola come Ricci a Milano. Non si parla di valori assoluti, bensì di inserimento nei meccanismi di gioco che conceda loro occasioni da protagonista. È stato un po’ così a Sassari, per i milanesi, ma quante volte li si è visti dimenticati in panchina? Sotto questo aspetto il lavoro dello staff tecnico bolognese è stato più che encomiabile: ricordiamo il dato notevole di Gara 2 con Tortona che ha visto tutti i dodici giocatori a referto con più di 10 minuti di utilizzo e il solo Shengelia a più di 20. È vero, Milano ci si è poi avvicinata in gara 3 a Sassari, quasi ne avesse colto il suggerimento, e questa potrebbe rivelarsi una sfida nella sfida. Con una sola certezza: dovesse anche vincere Milano, ai tifosi virtussini non resterà che spellarsi le mani in applausi per la propria squadra. Comunque vada, il 2021/22 resterà una stagione storica, per la Virtus, con la vittoria in Eurocup e nella SuperCoppa, nell’anno record come infortuni e malattie dei suoi giocatori, tali da giustificare eventuali insuccessi, se fossero arrivati (si vada, a tal proposito, a rivedere in quali condizioni fosse la Virtus che ha perso in Coppa Italia con Tortona). Un’ultima nota dal sapore scaramantico: nelle tre passate occasioni in cui si sono trovate in finale Virtus e Olimpia ha sempre vinto la prima, nel ’79, nell’84 e lo scorso anno. In ognuna di queste finali sono abbondate le vittorie in trasferta (addirittura nell’84, col vantaggio del campo per Milano, vi furono solo vittorie in trasferta). Se ciò non basta a ritenere ininfluente, a certi livelli, il fattore campo, immagino comunque che i più superstiziosi tra i bianconeri debbano fare incetta di amuleti apotropaici, vista la ricorrenza di tali precedenti.

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