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Virtus Segafredo: una vittoria che ha detto di che pasta sia fatta?

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Si ricostruisce il gioco di una squadra di basket in un paio di settimane? A mio parere, no, a meno di non ridurlo ai minimi termini di un monotono alternarsi di pick’n’roll e isolamenti. Sergio Scariolo si è trovato ad inserire due fenomeni in un meccanismo che non poteva ancora considerarsi un perfetto orologio, ma aveva già una fisionomia alquante definita, come quello della sua Virtus Segafredo, peraltro bersagliata da vicissitudini così sistematiche da far pensare ad un malocchio; chiaro che, per quanto Hackett e Shengelia siano due campionissimi, perché si completi il loro inserimento, magari con gli adattamenti funzionali ad esaltarne il rendimento, occorrerà un po’ di più dei pochi giorni avuti fin qui. La Virtus vista ieri a Patrasso, almeno nel primo tempo, non è dunque strano che non abbia entusiasmato. I suoi giochi sono parsi meno fluidi di quelli assai belli di prima di Natale, la palla si è spesso fermata nelle mani ora di uno ora di un altro giocatore, per la verità così più forti, mediamente, degli avversari da riuscire comunque ad averne ragione. Un esame un pelo più attento tuttavia non può non avere evidenziato che sul parquet stava accadendo qualcosa soprattutto in difesa. La Virtus delle imbarcate iniziali ieri è risultata più sorella di quella che ha rifilato sabato scorso il 21-0 a Venezia, e fin dall’inizio (e magari questa è in parte la novità, anche se la si era vista in queste vesti di recente già in coppa a Venezia); nel corso della gara la saracinesca si è talmente abbassata da arrivare a scavare un solco da un trentello di profondità (76 a 45), mentre la fiducia e l’inerzia accumulate hanno permesso di ritrovare gambe e polsi per aggiustare un po’ il tiro. La soddisfazione del tecnico virtussino alla fine era palese, direi non tanto per il risultato ma perché si sono visti progressi proprio nel gioco, e quando si dice gioco si intende la fusione di attacco e difesa, quest’ultima spesso fraintesa nei commenti che sogliono basarsi sui punti più o meno segnati dagli avversari: non è detto che quella che li lascia a 70 sia per forza migliore di una che gliene ha concessi 80 o più, come ha ribadito in più occasioni lo stesso Scariolo.

Ora, per la sua Segafredo, dovrebbe cominciare il bello. Per la precisione, come si dice da tempo la stagione vera inizierà ad aprile. E quasi simbolicamente partirà con l’incontro con Gran Canaria, leader del girone in Eurocup, la settimana prossima alla Virtus Segafredo Arena (il 29/3), la quale Arena in campionato ospiterà domenica 10 l’Olimpia Milano. Due partite che sul piano del risultato in funzione della classifica conteranno, ma non in misura trascendentale; su quello psicologico, a mio parere, molto di più. Uscire vincenti da questi scontri rafforzerebbe le convinzioni di una squadra che non può ancora conoscersi fino in fondo e necessita di conferme. Alternati a queste due partite gli incontri con Reggio Emilia sabato prossimo, poi quello di Trieste e quello in casa con Bourg en Bresse. Momenti da sfruttare per consolidare i meccanismi ed evidenziare pregi e difetti di ciascuno, che in uno sport di squadra non possono prescindere dall’adeguatezza o meno al contesto dell’intera formazione. Personalmente, sono molto curioso di constatare cosa diventerà questa Virtus Segafredo: le premesse per divertirsi sempre di più ci sono tutte, nella speranza di rivedere al più presto il roster al completo coi ritorni di Teodosic e Belinelli (anche se per questo servirà ancora un po’), e magari anche di Abass (troppa grazia sarebbe forse sperare pure in quello di Udoh per i play off). Bisognerà allora fare il callo ai problemi di abbondanza di cui si era abituati a veder soffrire Milano, ma anche questo sarebbe sintomatico di una ritrovata appartenenza all’élite del basket.

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