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7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 1 Dic

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21 – Il “caso Allemandi” e quello scudetto mai assegnato

Dopo l’inaugurazione, con l’Italia in campo contro la Spagna di Zamora, il Bologna prende finalmente possesso del suo nuovo impianto. L’ultima partita al leggendario Sterlino è datata 8 maggio 1927: è la quarta giornata del girone finale di Prima Divisione, quello che deciderà le sorti dello scudetto. Ed è un trionfo rossoblù, 3-0 sull’Internazionale con rete di Pozzi e doppietta di Perin “al furnèr”. Il debutto al Littoriale è datato 6 giugno, di fronte c’è il Genoa ed è subito vittoria, anche se di misura (1-0). Il primo rossoblù a firmare un gol nel nuovo, colossale stadio è Giuseppe Martelli, detto Martelli I per distinguerlo da Gastone, il “secondo”.

E’ una stagione ad alta quota, il 1926-27. All’ultima giornata del girone finale, il Bologna si permette anche di rifilare un clamoroso 5-0 al Torino, che pure gli resta davanti in classifica per soli due punti e va a vincere il titolo. Ma quello scudetto verrà revocato qualche mese dopo, a causa dello “scandalo Allemandi”, primo caso accertato di “combine” nel calcio italiano. Il giocatore della Juventus era infatti stato pagato per tirare indietro la gamba, in occasione del derby col Torino. La faccenda farà storia: 2-1 per il Toro, il difensore juventino che deve ricevere 50mila lire in due tranche ma in una stanza d’albergo si lamenta per la mancata riscossione della… seconda rata, il solito giornalista che per puro caso, o se vogliamo per un colpo di fortuna, azzecca lo “scoop” ascoltando quella conversazione a toni troppo alti dalla camera accanto.

Rivediamo la scena: la pensione si trova in via Lagrange, a Torino, e vi alloggiano sia Allemandi che il giornalista Renato Farminelli, corrispondente da Torino della testata “Il Tifone”. Ed è in effetti una bufera senza precedenti quella che si abbatte sul calcio italiano. Farminelli, a campionato concluso, scrive un articolo passato alla storia, dal titolo “C’è del marcio in Danimarca”, e il gerarca bolognese (tenetelo a mente, è un particolare importante) Leandro Arpinati, che oltre ad essere il podestà di Bologna è a capo della Figc, vuole vederci chiaro. Vengono addirittura trovati i resti di una lettera compromettente scritta da Allemandi, e per rimetterli insieme serviranno diciotto ore di lavoro. Alla fine dell’inchiesta arriverà una sentenza esemplare: il giocatore, nel frattempo passato all’Inter, squalificato a vita (sarà amnistiato dopo le Olimpiadi del 1928), scudetto revocato al Torino.

La curiosità è che Allemandi, nella partita incriminata, era stato uno tra i migliori in campo. E infatti qualche anno dopo avrebbe preso corpo una nuova teoria, secondo cui il giocatore sarebbe stato solo un intermediario, che quella tranche di pagamento la pretendeva per un altro (i sospetti sarebbero ricaduti anche sull’integerrimo Virginio Rosetta). Lo stesso giocatore, nel 1976, due anni prima della morte, avrebbe ancora ricordato in un’intervista che “sì, c’era stato qualcosa di poco chiaro quel giorno. Ma il colpevole non ero io…”

Fatto sta che al Torino non viene assegnato lo scudetto. Non era mai successo, nella storia del campionato italiano, fatte salve le annate perdute per la guerra. Le norme del Cio, in questi casi, parlano chiaro: la squalifica della prima squadra classificata consegna la vittoria alla seconda. Stavolta non funziona così. Nonostante le proteste dei dirigenti rossoblù, la Figc decide di non assegnare il titolo al Bologna. C’è di mezzo Arpinati, e dunque si pensa subito che in buona fede, per mostrarsi probo e imparziale, il presidente in persona si sarebbe opposto all’operazione che avrebbe portato il secondo scudetto sotto le due torri. In casa granata prende corpo un’altra teoria: sarebbe stato proprio Arpinati a far “gonfiare” il caso, e lo scudetto non assegnato sarebbe addirittura volontà di ben più altolocati gerarchi, forse dello stesso Mussolini, per evitare critiche al gerarca-presidente che avrebbero potuto ritorcersi sul Governo stesso.

Il risultato, per il Bologna, è il medesimo: uno scudetto è stato revocato per un illecito sportivo, ma non riassegnato a chi, per volere di classifica, l’avrebbe meritato. E ogni protesta, anche più avanti negli anni, sarà rispedita al mittente.

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