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Bologna FC

7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 13 Apr

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40 – Il Bologna di Viani e i guizzi di Pivatelli

Dopo la grande paura, con la parola retrocessione che per la prima volta è arrivata a turbare una piazza come quella bolognese, abituata all’alta quota, il presidente Dall’Ara cerca subito rimedi. Il primo, nella stagione 1950-51, è quello di chiamare un altro danese, Axel Pilmark, a rafforzare il passaggio dal Metodo al Sistema, in coppia col concittadino Ivan Tage Jensen. E’ Jensen a dare l’imbeccata al presidente: “Lei mi stima, ma si fidi, quel ragazzo è più bravo di me. Lo chiamiamo?”. Dall’Ara si fa convincere, e fa bene. I due convivono e brillano in un Bologna che non è più quello di un tempo. Ma regalano lampi di classe, soprattutto Pilmark, che regalerà ai colori rossoblù nove anni di ottimo calcio, probabilmente limitando una carriera che avrebbe potuto decollare in squadre ormai ben più quotate nel panorama europeo. Tant’è, al cuore non si comanda.

Jensen a Copenaghen faceva il professore, Pilmark il meccanico di precisione. Estrazioni diverse nella vita, professionisti esemplari in campo. A Bologna diventano “i pastorini”, e più di una volta si prendono sulle spalle un gruppo che rischia di perdere la via maestra. Succede per esempio nella stagione 1951-52, dopo il sesto posto di quella precedente. Stavolta la Serie B si fa ancora più vicina. In panchina è una girandola di cambi: se ne va Crawford, traghetta Sansone, arriva Galluzzi. Niente. Dall’Ara richiama Gyula “Giulio” Lelovich, ma a tre giornate dalla fine della stagione la situazione sembra compromessa. E invece succede l’impossibile: cinque punti in tre partite, battendo Udinese e Como e pareggiando con l’Inter, valgono il 16mo posto, appena un punto sopra la zona retrocessione.

E’ allora che Renato Dall’Ara riesce a portare a Bologna un tecnico per cui stravede, e che diventerà di gran lunga il suo preferito, anche per affinità di carattere. Dopo l’ennesima annata piena di rischi, arriva Gipo Viani, l’uomo che ha il copyright del “Vianema”. Quel modulo, col falso attaccante che ripiega e il battitore libero alle spalle della difesa, Viani l’aveva inventato alla Salernitana. Poi l’aveva perfezionato alla guida della Roma, riportandola in Serie A.

Viani ha passioni notturne, ama biliardo, giochi di carte, belle donne. Un tipo da film western, e infatti lo chiamano “Sceriffo”. Uno, appunto, che piace a Dall’Ara, e che quel Bologna riesce pure a risollevarlo: subito un quinto posto, dopo la salvezza stentata e grazie anche a un Bacci da 18 reti in stagione e a un Mike ispirato, poi ancora un settimo e soprattutto il quarto della stagione ‘54-55, l’anno dell’arrivo di Pivatelli (nella foto di apertura) che subito fa centro 17 volte. E’ l’annata migliore del dopoguerra, anche se Gino Cappello la perde quasi tutta per problemi al nervo sciatico (peggio gli era andata due anni prima: fermo al palo per un anno, dopo un’iniziale squalifica a vita poi condonata, per aver colpito un arbitro durante un torneo estivo). Pozzan, un Pivatelli ormai consacrato e Bonafin, insieme a Josè Garcia tornato in rossoblù dopo una fuga dall’Italia, sono le colonne di un Bologna che marcia a gonfie vele soprattutto in trasferta. Azzecca tredici risultati utili consecutivi, la truppa di Viani, e arriva a un punto dal Milan primo in classifica. Poi si squaglia al Comunale sotto i colpi della Roma (1-3) e perde il ritmo. Chiudendo comunque di nuovo nella parte nobile della classifica.

Ma a metà della stagione successiva, 1955-56, la quarta sulla panchina rossoblù, anche Viani si ritrova impantanato: penultimo al giro di boa, con 12 punti in diciassette partite. A malincuore Dall’Ara gli da il benservito, affidando la squadra a Aldo Campatelli che fa un mezzo miracolo (quindici risultati utili consecutivi, tra cui un 3-0 rifilato all’Inter a San Siro) portandola al quinto posto. Pivatelli è infinito: con 29 reti (sarebbero 30, contando quello della partita contro l’Atalanta a Bergamo, sospesa per nebbia) è capocannoniere del campionato. Il francese Antoine Bonifaci, mediano elegante e dai piedi sopraffini, dà equilibrio alla manovra. E in prima squadra, ad arricchire il bottino di bomber Pivatelli, si affaccia a diciotto anni un’ala sinistra arrivata dal Friuli proprio per volere di Viani. Si chiama Ezio Pascutti, e il suo debutto parla chiaro: 11 reti in 18 partite giocate.

Il prode Gipo andrà poi a prendersi due scudetti a Milano, sponda rossonera. Tornerà nel 1966, durante la presidenza Goldoni, a fare il direttore generale. Poco amato dai bolognesi, meno ancora da un tecnico focoso come Luis Carniglia che si giocherà il posto dopo una litigata clamorosa (e pubblica), Viani lascerà Bologna nel 1968, e se ne andrà per sempre un anno più tardi, fulminato da un infarto in un albergo di Ferrara.

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