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7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 13 Ott

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14 – Gente da scudetto: Gianni, il gatto magico

Era nato a Genova, ma era pisano. E amava il Bologna. Nessun  intreccio complicato, era la pura e semplice realtà. Mario Gianni, primo grande portiere della storia rossoblù, giocava tra i pali della squadra di casa e sognava di poter arrivare, un giorno, tra quelli del Bologna. Lo raccontava Pierino Genovesi: “Quando andavamo a giocare a Milano trovavamo questo ragazzo che faceva il bersagliere lì. Ci veniva a prendere fino in stazione, ci seguiva con un’ammirazione sconfinata”. Mario era nato calcisticamente nelle file dell’Audax, squadra “libera” pisana, nel 1917, e poi era passato allo SC Gerbi. Lì lo notarono i dirigenti del Pisa, che lo vollero in squadra. Dove restò, fino al 1924, sognando rossoblù. A trasformare in realtà i suoi sogni fu, proprio alla vigilia della stagione del primo scudetto, il presidente Masetti, ovviamente su consiglio di Feslner. Per lui, oltre alla gioia di vestire una maglia sempre amata, era pronto anche un posto alla Cassa di Risparmio in via Farini. Altra ragione per correre sotto le due torri.

Fu una lunga cavalcata, dodici anni di gloria con tre scudetti e due coppe Europa, oltre al record di presenza consecutive in rossoblù, 172, stabilito negli ultimi campionati. E oltre alle presenze in azzurro, compresa quella del giorno dell’inaugurazione del Littoriale, davanti ai suoi tifosi, il 29 maggio 1927.

Gianni diventò il “Gatto magico” durante la tournée sudamericana del 1929. Lo ricorda un bell’articolo del “Calcio Illustrato”, anno 1932, in cui si delinea anche lo stile del portierone rossoblù.

Il gatto magico, lo definirono laggiù in Sudamerica, e forse mai definizione fu più giusta di quella. Gianni, il portiere che gioca più sullo slancio che sulla posizione, che parte da posizioni impensate a ghermire palloni incredibili: il gatto in agguato, insomma, dal balzo infallibile, morbido e composto nello sforzo, guizzante nell’intuito e nell’esecuzione. Fu chiesto a Gianni: “Il suo sistema di gioco qual è?”. Gianni rispose: “Non ho un sistema; mi affido all’esperienza ed all’istinto. L’una integra e modella l’altro e viceversa. Vale anche la fortuna però, e assai spesso fermare un pallone è più facile di quanto non sembri allo spettatore. Gli è che dalla porta si segue l’azione come nessuno; può anche darsi che esista un linguaggio dei piedi; dicono che a osservare i piedi dei giocatori che corrono col pallone verso la porta e che il pallone attendono s’indovina dove si concluderà il tiro… A me capita di trovarmi sulla traiettoria o di portarmici d’istinto. Dico, naturalmente, che è così se la forma è buona. La forma di un portiere si basa principalmente sulla salute fisica e sulla salute morale. Il morale però conta ancora più…”.

Resta il fatto che qualcuno non gliela perdonò mai. I pisani, naturalmente, che lo aspettarono al varco con la maglia del Bologna per trattarlo da traditore. E l’occasione per farlo arrivò esattamente nella stagione successiva al primo scudetto, quando il Bologna approdò in campionato all’Arena Garibaldi. Sentiamo come andò, dalla splendida penna di Aldo Bardelli.

“L’occasione capitò, appunto, in un’invelenita domenica d’inverno; esattamente il 6 dicembre del 1925. All’Arena la gente, infreddolita, attese addossata al muro che separava il campo dalle casette di Porta a Lucca l’uscita delle squadre dagli spogliatoi. Si sentirono, poi, i primi fischi ma tutti attesero il sorteggio del campo per muoversi. Quando il Bologna fece la sua scelta, la gente si tirò su il bavero del cappotto e si ammassò alle spalle di Gianni. Furono ululati continui, facili ironie, frasi schioccanti come scudisciate. Il gruppo rumoroso e irrequieto attendeva la prima papera del “gatto magico”, per scatenarsi. Gianni stava tra i pali, immobile. Non osava voltarsi verso la piccola folla che una volta era stata la sua, ed ora si manifestava così ostile. Borgato e Gasperi lo invitavano a “non sentire”, ma era più che altro tutta la squadra che lo incoraggiava…attaccando ventre a terra. Crediamo che la palla in tutta la partita arrivasse, sì e no, un paio di volte nell’area di Gianni. Il Bologna straripò su di un campo solitamente avaro con gli ospiti. Vinse sei a zero! Segnarono due volte ciascuno Della Valle e Perin, una volta Pozzi e Muzzioli; la gente lasciò l’Arena a testa bassa; Gianni poté uscire dal campo senza che nessuno osasse rivolgergli la parola. Quella sera i caffè di Borgo Stretto chiusero prima del tempo…”

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