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7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” – 23 Mar

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37 – Quella “Testina d’oro” che arrivava a toccare il cielo

“Chiudo gli occhi e rivedo con nostalgia la parte più bella della mia vita, che ho trascorso a Bologna. Pochi atleti possono essere onorati e soddisfatti, come me, di aver fatto parte di questa società, che ha un passato così pieno di gloria”.
Parole da innamorato vero. Sono quelle che Hector Sena Puricelli, che qui era diventato semplicemente Ettore, o meglio ancora “Testina d’oro”, spedì con una lettera al presidente Dall’Ara nel 1959, anno del cinquantenario del Bologna Football Club, e che furono subito “fissate” nel volume commemorativo creato per l’occasione, oggi una rarità quasi introvabile. All’epoca, Puricelli aveva già iniziato la carriera da allenatore, e dopo l’inizio beneaugurante col Milan e una stagione a Palermo iniziava la prima avventura all’estero (che si sarebbe rivelata anche l’unica), accettando di allenare i portoghesi del Porto. Nella sua seconda vita calcistica, Puricelli non avrebbe più incrociato la strada del Bologna: buon predicatore di provincia, soprattutto a Foggia e Vicenza, rosso e blu li avrebbe ritrovati soltanto a Cagliari e a Genova.

Puricelli giocatore, come abbiamo visto, arrivò al Bologna nell’estate del 1938, ultimo gioiello portato dall’Uruguay, paese fertile di stelle per la storia rossoblù. In uscita dal Central di Montevideo, con un secondo cognome, quello materno, che si pronuncia “Segna”, dunque tutto un programma. Da ragazzo, prima di innamorarsi del calcio, aveva praticato seriamente la pallavolo, e questo in buona parte spiega le sue grandi capacità di elevazione e tempismo. Lo aveva cercato il Sochaux, e lui ci aveva pensato seriamente, perché in Francia aveva un bel numero di amici. Ma, quando si dice il caso, Hector aveva anche un papà che dall’altra parte dell’oceano simpatizzava per “lo squadrone che tremare il mondo fa”, e spinse parecchio perché il suo ragazzo, se proprio doveva lasciare la terra natìa, si accasasse in rossoblu.

Ancora dai ricordi del vecchio campione: “E così feci. Ma quando non avevo impegni ero pronto a prendere un aereo e volare a Parigi, dove c’erano i miei amici. Il presidente Dall’Ara sapeva tutto questo e un anno, a fine stagione, per evitare che lasciassi il Bologna per trasferirmi al Sochaux mi fece partire militare. Fu così che mi misi l’anima in pace e decisi di restare sotto le Due Torri. Ma io non ero scontento di restare. Il gruppo era forte e unito, Bologna era una città molto bella e anche le ragazze lo erano. Tanto che una diventò mia moglie”.

“Segna” di nome e di fatto ne fece 19 in campionato nella stagione del debutto, vincendo scudetto e classifica cannonieri (che ora come allora suona meglio di “realizzatori”: più fiabesco e radiofonico) insieme ad Aldo Boffi del Milan . Aveva talento, e a Bologna trovò anche un’arma in più. Biavati. I cross pennellati di “Medeo” erano un invito a nozze, e il mito di “Testina d’oro” si alimentò così nelle cinque stagioni in cui vestì la maglia rossoblù, segnando con medie impressionanti. Lui e Carletto Reguzzoni, là davanti, erano una garanzia, e una minaccia per qualunque avversario.

Ventiquattro alla prima, quindici alla seconda, altre ventidue alla terza, nel ’40-41, ancora vincendo scudetto e classifica dei migliori marcatori, questa volta da solo. Sempre in doppia cifra, e alla fine dell’avventura un totale di 80 reti su 133 presenze in campionato, media di 0,60, cioè più di un gol ogni due partite: meglio di lui, tanti anni dopo, soltanto Roberto Baggio, ma in una sola stagione. In tutto, coppe comprese, 96 reti in 145 partite. Gran lusso.

A ventinove anni Puricelli prese la strada di Milano, sponda rossonera. La guerra andava verso l’epilogo, si tiravano le somme e si facevano i conti. Si disse anche che nella Bologna liberata, che aveva combattuto in prima fila negli anni della Resistenza, certe sue idee politiche, seppure espresse da un uomo innocuo, non avrebbero più trovato terreno fertile. Insomma, si fece un affare che accontentò tutti: Hector al Milan in cambio di Gino Cappello, che in un Bologna molto meno vincente e glorioso seppe comunque dispensare talento e diventare un’icona popolare. Puricelli continuò a puntare la rete avversaria, ma in rossonero lo scudetto l’avrebbe vinto soltanto dopo, all’inizio della carriera da tecnico.

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