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A tu per tu con Francesco Messori – 28 lug

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Francesco Messori: “Per ogni traguardo c’è un nuovo inizio, credo di aver già realizzato molto nella mia vita nonostante la mia giovane età. La speranza è che questo sport possa diventare Sport Paralimpico”.

 

Trascorri le vacanze nella fantastica Barcellona… vedi, tocchi con mano il Camp Nou, quando un giorno facendo una banalissima ricerca riguardante Messi incroci la sua storia. Quella di Francesco Messori… 

“Sono un ragazzo nato senza la gamba destra ma fin da piccolo ho sempre avuto la passione per il calcio. Usavo una protesi ma era molto scomoda perché io sono un disarticolato d’anca, la gamba mi manca completamente e quindi la protesi era a presa di bacino. Per questo ho deciso di toglierla e utilizzare le stampelle”.

 

Una cosa è impossibile se noi pensiamo che lo sia. La fiducia che nutrono nei nostri confronti quelli che ci amano può spostare le montagne… quanto è stata importante tua mamma, ex calciatrice, nelle tue scelte? 

“Mia madre è stata importante innanzitutto per avermi accettato fin dal grembo materno così per come sarei nato, per avermi aiutato in molte scelte delle mia vita e per aver contribuito a coronare il mio sogno”.

                                

Quando ti sei “innamorato” del calcio? 

“La mia passione è innata. Non so a che età ho dato il primo calcio al pallone, ma probabilmente ero con mia mamma”.

 

Quali sono state le maggiori difficoltà che hai dovuto affrontare per praticarlo? 

“I regolamenti del calcio non permettono l’uso delle stampelle in campo. Ho così iniziato ad allenarmi in una squadra del mio paese con la protesi provando a fare il portiere…”

 

A 7 anni hai iniziato giocando in porta (2 stagioni con la protesi) poi il passaggio ad attaccante (con le stampelle), ruolo che ricopri tutt’ora. Portiere o attaccante, il ruolo più emozionante? 

“Ho capito subito che quello del portiere non era il mio ruolo. Fare l’attaccante è sicuramente più emozionante, puoi correre, muoverti liberamente e qualche volta fare anche gol se capita l’occasione”.

 

Per giocare con le stampelle occorrono forza, equilibrio e…? 

“Per me è tutto molto naturale. Io ci sono nato senza la gamba e non faccio uno sforzo usandole”.

 

Dal sogno di giocare a calcio … alla realtà. Sul modello estero hai dato il via alla creazione di una squadra, la prima in Italia, di calciatori che giocano con le stampelle. 

“Ovviamente all’inizio potevo solo allenarmi fino a quando il CSI, venuto a conoscenza della mia storia, ha cambiato il regolamento permettendomi di disputare campionati insieme ai normodotati. Ho trovato un mister, Renzo Vergnani, che ha saputo accogliermi e inserirmi nel gruppo senza problemi. Lui ora è anche il mister della Nazionale Calcio Amputati. Il mio primo torneo ufficiale è datato 5 febbraio 2012 a Bonemerme (CR). Sempre a febbraio ho deciso di creare il gruppo su facebook “Calcio Amputati Italia” dove ho cominciato a raccogliere adesioni di ragazzi che avevano il mio stesso problema ma soprattutto la mia passione per il calcio e così il 10 giugno 2012 nel mio paese, Correggio, è nato il primo torneo di calcio integrato “Un calcio a modo mio” formato da 6 squadre, ognuna con un ragazzo con stampelle”.

 

In Italia però non esiste ancora un Campionato di Calcio Amputati. 

“No, ma dal 2013, da quando il CSI ha ufficializzato la Nazionale Italiana di Calcio Amputati, noi abbiamo disputato varie partite internazionali con Francia, Germania, Irlanda, Spagna. Abbiamo partecipato ad un torneo a Varsavia a sei squadre e a novembre del 2014 ai Mondiali in Messico ottenendo un nono posto su 24 nazioni partecipanti”.

 

Hai mai pianto per il calcio? 

“Credo di aver pianto di rabbia quando il Barça venne sconfitto nelle partite di Champions League”.

 

I momenti più belli che hai vissuto grazie al calcio in campo e fuori? 

“Il momento più bello in campo sono stati i Mondiali in Messico, fuori dal campo l’incontro con Messi”.

 

Messi il tuo grande idolo. Che emozioni hai provato a Milano conoscendolo? 

“Quando ho incontrato Messi la prima volta ero talmente emozionato che nell’attesa non sono riuscito nemmeno a sedermi nella poltrona che mi avevano messo a disposizione (sorride, Francesco)”.

 

Il tatuaggio con il suo autografo ormai è parte di te… 

“Del mio tatuaggio ne sono molto fiero soprattutto perché è stato fatto sulla sua firma originale”.

 

I tuoi maestri di vita calcistici ed extracalcistici chi sono? 

“Il maestro calcistico per me è ovviamente Messi perché dimostra, oltre alla forza sul campo, la sua umiltà nella vita. Le persone che stimo al di fuori del campo sono le persone che frequento quotidianamente, dalla famiglia, agli amici, alla squadra perché mi dimostrano rispetto e affetto”.

 

I gol che non dimenticherai mai? 

“La tripletta con il Belgio in un torneo in Polonia…”

 

Chi è Francesco fuori dal rettangolo di gioco? 

“Francesco fuori dal campo è un ragazzo come tanti altri che frequenta la scuola, fa sport e nel tempo libero esce con gli amici”.

 

Pregi e difetti di Francesco Messori? 

“Un mio pregio credo sia di essere riuscito a farmi accettare, di essere un buon amico. Mi so far voler bene… Un difetto? Non ascolto sempre i consigli che mi vengono dati dalle persone adulte, faccio un po’ di testa mia”.

 

Ti piacerebbe tentare l’esperienza all’estero? 

Giocare in squadre all’estero? Al momento non ci penso, provare un’esperienza di vita all’estero invece non lo escludo”.

 

Com’è stato inoltre fare l’attore nel cortometraggio “Uno!” del regista modenese Carlo Battelli? 

“L’idea del cortometraggio è nata perché Carlo doveva aiutarmi a fare semplicemente uno spot pubblicitario che io volevo mandare a ITALIA 1 mostrando la mia unica gamba e pronunciando: ITALIA 1. Poi a Carlo Battelli è piaciuta la mia storia e ci ha proposto il cortometraggio. E’ stata una simpatica esperienza”.

 

Il tuo motto qual è? 

“Il mio motto è… “Sono un ragazzo in gamba”.

 

Dulcis in fundo, quali sono i prossimi traguardi che ti sei prefissato? 

“Per ogni traguardo c’è un nuovo inizio, credo di aver già realizzato molto nella mia vita nonostante la mia giovane età. La speranza è che questo sport possa diventare Sport Paralimpico…”

 

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