Bologna FC
A tu per tu con Giorgio Comaschi – 4 gen
“La scrittura è un tuo film personale che arrotoli e srotoli quando vuoi. E’ una pellicola che si srotola. Puoi girare le scene che vuoi. E’ una cosa in cui, se riesci a lasciarti andare e a non ‘ascoltarti’, sei a cavallo. In caso contrario ti incarti e finisce che fai il compitino banale banale. Personalmente, ho ‘sentito’ molto le cose che ho scritto quando se ne è andato Giacomo Bulgarelli. E anche quando ci ha lasciato Lucio (Dalla, ndr)”.
E’ Giorgio Comaschi, bolognese doc, giornalista (ha lavorato dapprima per il Corriere dello Sport-Stadio e poi per La Repubblica), attore (tra tutte le commedie portate in scena ricordiamo “Commendator Paradiso”, dedicata a Renato Dall’Ara sotto la cui presidenza il BFC vinse il suo ultimo scudetto nel 1963-64), conduttore tv (Galagoal, La zingara, Zecchino d’oro, Velisti per caso), inviato (Quelli che il calcio, Carramba), a rivelare qualche trucco del mestiere ai taccuini di 1000cuorirossoblu.
Che apporto ha ricevuto la sua carriera grazie a Dalla e Guccini?
“Due grandi amici per me. Lucio mi ha fatto svoltare quando – giornalisticamente – ero combattuto fra Repubblica e la televisione. Mi disse: “Vuoi mangiar due chili di pomodori o volare? Te devi dire volo”. Folgorante come sempre. Ho cercato di volare. Francesco è sempre stato un esempio, con lui ho condiviso e condivido ironie e viaggi. Siamo stati in Terra del Fuoco, in Egitto, in Grecia, a Budapest. Facevamo a gara a gara all’estero a chi firmava più autografi. Come due ‘cinni’, quali ancora siamo. Ovvio che vinceva sempre lui, anche se nel periodo in cui facevo la Zingara e la Carrà ogni tanto gli davo del filo da torcere. Ci telefoniamo per scambiarci barzellette e crittografie mnemoniche. Come anche con Paolo Conte”.
Con “Se scrivi come intendo io, sei anche un fotografo” cosa intende?
“Scrivo sull’ispirazione di mio padre che era giornalista e fotografo. Credo che il ritratto che uno possa fare con la macchina fotografica sia abbastanza simile a quello che si può fare con le parole. Scrivo ancora, per il teatro e per il Carlino. Basta guardarsi attorno, stare attenti, ascoltare. Non è difficile. Non c’è trucco. Se sento due mamme che parlano dei figli al bar, la mattina, dopo averli accompagnati a scuola, si apre un mondo. Può diventare uno spettacolo teatrale o un pezzo comico, qualsiasi cosa”.
Suo padre – appunto – faceva le foto dietro alle porte (cronista al Carlino, ndr) e la portava con sé allo stadio. Da lì ha visto lo scudetto, da lì è sbocciato il suo amore per il BFC
“Le domeniche con mio padre sono un ricordo indimenticabile. La tagliatella, la partenza per lo stadio, io e lui dietro alla porta, i gol di Giacomo, di Ezio, di Harald, Poi la corsa a casa, in cantina a sviluppare le foto e via in stazione a portare la busta per fuorisacco per Il Calcio Illustrato. Poi, figuriamoci, giocavo nei pulcini, poi negli allievi, e negli juniores, Tifare per la Juve, per il Milan o per l’inter ci sarebbe voluto un bel coraggio”.
Che ricordi belli, brutti e bizzarri ha nei panni di… calciatore?
“Giocavo con Colomba. Lui col 10 e io con l’11. Ma con tanti altri. Alcuni li vedo ancora come Paolo Maini, papà di Marco, ex primavera del Bologna ora alla Lucchese. Poi Claudio Giarardi, il portiere, che oggi fa il fotografo. Non ero tristo, ero buono, gran tocco, ma fisico un po’ molle. Piccolino ma non veloce. Avrei avuto bisogno di essere un comodino, come Maradona, dico fisicamente”.
Da Vasco Rossi a Gianni Morandi, sono sempre più gli artisti che raccontano il loro quotidiano sulle pagine di facebook. Il suo pensiero? Lei – invece – i social li utilizza per…?
“Non so. Sono scelte. Io uso Facebook per pubblicizzare gli spettacoli che faccio, non per dire se sono triste, se sono allegro, se ho cambiato una guarnizione del bagno o se ho fatto una torta. Sono scelte. Non mi sento di dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ognuno fa quello che si sente”.
Innamorarsi di Bologna perché…?
“Perché è rotonda, avvolgente, calda, misteriosa e solare. E perché è la mia città. Se uno non ama la sua città è uno che deve farsi vedere da uno bravo.”
Il BFC, la sua squadra del cuore, è…?
“Il Bologna per uno di Bologna è il Bologna. E basta. Le altre parole sono in più”.
Un bilancio sul 2015 rossoblù: dal ritorno in serie A ai nostri giorni
“Cambiato il mondo. Altre prospettive, finalmente una solidità alle spalle. Si è chiusa l’era dei ‘cioccapiatti’. Che a Bologna hanno regnato per secoli”.
Donadoni a questa squadra ha dato… e darà…?
“Un uomo semplice, uno che sa le cose, che non fa l’inventore come tanti. E soprattutto uno con una storia, un’esperienza ad alto livello. Per un giocatore sentirsi dire delle cose da Donadoni forse è un po’ diverso dal sentirsele dire da Rossi. A livello storico. Con Donadoni il Bologna può arrivare a una programmazione fatta bene. Basta che al primo pareggio non cominciamo a dire che ha sbagliato modulo, cosa che puntualmente facciamo”.
In chiave mercato che migliorie apporterebbe? Calleri, Ranocchia, Cerci, Floccari… chi vorrebbe in rossoblù?
“Calleri non so chi è. Come nessuno lo sa, anche se tutti dicono “Par me lu lè l’è bon”. Tipico. Ranocchia non mi è mai piaciuto, è sempre sotto gol. Cerci ha fatto bene nella sua storia solo con Ventura. Floccari è bravo ma non so fino a che punto…Ma forse Donadoni lo sa. Vogliamo lasciar fare a lui che fa quel mestiere lì?”.
In conclusione… sogni, desideri, progetti e auspici per questo 2016?
“In carriera mi manca sempre l’andare a letto ogni sera contento di aver fatto una bella cosa. E’ la carriera di tutte le sere. A volte ci riesco a volte no. Sto lavorando forte a uno spettacolo sul pane, molto grosso, si chiama “La farina va in amore”, debutta al Duse il 27 febbraio. Il 2016 per ora per me è quello, cioè fra due mesi scarsi. Poi, il giorno dopo, la carriera passerà attraverso al fatto di inventarsi un’altra cosa. Sempre la catena tirata. Sempre. Mai andare fuori giri. C’è gente che va in pensione mentalmente a vent’anni. L’importante è essere vecchi dentro…”
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