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Alé Bulåggna: “Ésser un bullozigàia”
La rubrica “Alé Bulåggna” esplora il dialetto bolognese e lo collega al calcio. La frase di oggi “Ésser un bullozigàia”, significa piangere miseria
“Ésser un bullozigàia”
La frase di oggi è davvero una chicca per intenditori, infatti il termine che fa perno a questo modo di dire è ormai desueto e spesso viene sostituito da altri sinonimi. Non appare strano che, sebbene modificato, questo aggettivo sia alla fine sopravvissuto al tempo perchè pare sposarsi davvero bene con il classico italiano (e quindi anche col bolognese).
Ma veniamo alla frase; il termine “bullozigaia” secondo la nostra fonte è praticamente intraducibile perchè l’etimologia ed il senso della prima parte della sua composizione è andata smarrita, ma è palese che viene composta anche dalla parola “zigaia”, che richiama invece chiaramente il pianto. Se è vero che non sappiamo dare una traduzione letterale, è però altrettanto vero che sappiamo cosa significhi nell’uso dialettale “ésser un bullozigàia”: sappiamo cioè che i nostri avi chiamavano in questo modo una persona che piange miseria, ma che in realtà non se la passa male, ma anzi, sta decisamente meglio di molti altri.
Estraniamoci ora come di consueto dall’uso che ne facevano i nostri nonni, e ribaltiamo questa situazione nel mondo del calcio. Questa definizione sarebbe auspicabile per un Direttore Sportivo che in sede di mercato dovrebbe proprio “ésser un bullozigàia”, per cercare di non mostrare fino alla fine le proprie carte. A volte sarebbe bene che anche l’allenatore fosse un “bullozigàia”, in modo che la società magari tenti di assecondarlo nel rinforzare la rosa. Purtroppo alla fine della fiera sono invece i giocari a “fèr al bullozigàia”, riuscendo a ottenere contratti da capogiro senza (a volte) meritarseli…
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