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Amarcord – Ognissanti in rossoblù

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E’ la festa di tutti i Santi, gira una bella immagine di Sant’Ander, mentre i pensieri i ricordi sono preziosi se non pensate a Preziosi.

Festa di OgniSsanti, chiudo gli occhi, penso al passato. Sarebbe stato il compleanno di mia mamma, scusate il ricordo personale, ma in realtà non c’era domenica in cui la mia mamma, non io, non uscisse in terrazzino per issare la bandiera del Bologna. Una bandiera scolorita dalla pioggia, – forse la metafora reggeva all’usura del tempo calcistico – ma indimenticabile. E dire che con lei avevo visto il Bologna aristocratico, mai stato in B. Con lei vidi un Bologna-Cagliari 0 a 0 e i sardi erano campioni d’Italia, e lo stadio era strapieno che ce ne stavamo stretti alla ringhiera. Dietro a noi due estimatori di Riva, avevamo passato tutto il match a dire “Gigiqui e Gigilà”. Al fischio finale mia madre, che non era un corazziere, si girò stizzita: “Carissimi – disse loro – ricordate che qui a Bologna il vostro Gigi non segna neanche con la matita!” E io, sottovoce, la ripresi: “Ma mamma, se uno di quei due ti molla un ceffone, che facciamo?” Era un Bologna mai caduto in basso, era il Bologna di Bulgarelli. Porta a pensare al Bologna di coppa… Ah, il Bologna d’Europa! Che bei ricordi. Persino nell’anno terribile della retrocessione, con Corioni presidente e Radice allenatore (ma anche Scoglio, per la verità) il Bologna da esportazione ci regalò belle soddisfazioni. Il mío album dei ricordi, però, mi porta più lontano. Ho uno sbiaditissima immagine che riconduce alla coppa Campioni 1963-64, a quel Bologna Anderlecht deciso da una monetina (a ripensarci era davvero un’assurdità). Dicono alcuni che sul neutro di Barcellona, la monetina dapprima si conficcò diritta, senza testa e senza croce. Anche il fato si ribellava a una scelta così. Nell’Anderlecht c’era Paul van Himst, il fuoriclasse. Dei “nostri” sapete tutto. Lo dico perché anni dopo venne l’occasione della “vendetta”. In coppa Uefa, sei anni dopo: a Bologna però finì 1 a 1, sembravamo spacciati. Ricordo come fosse ieri che il mercoledì, le coppe allora si giocavano tutte la stessa sera, mi ero coricato, ma aspettavo Mercoledì sport, che – in terza serata e in un orario flessibile (dipendeva da quanto si fosse protratto il programma precedente) – era la sola occasione per sapere come fossero andate le cose. Non solo: talvolta venivano pure trasmesse delle sintesi, dalla Rai naturalmente. Ragion per cui non ci si era collegati sulla radio, prima. Quella sera fu interminabile, il tempo pareva non passare mai. Fino a che un mezzo busto aprì le trasmissioni dando i risultati delle partite. A Bruxzelles Anderlecht-Bologna 0 a 2. Feci un balzo nel letto e addormentarsi fu un problema. Di Rizzo e Savoldi le marcature. In quegli anni il Bologna sembrava maledetto. Usciva dalle varie competizioni – spesso e volentieri – senza aver perso. Quell’anno, infatti, ci eliminò lo Zeljeznicar, squadra jugoslava, 1 a 1 in trasferta e 2 a 2 a Bologna; nel 67/68, il Ferencvaros del centravanti Florian Albert vinse 3 a 2 a Budapest, ma poi riuscì a pareggiare 2 a 2 a Bologna. Era l’ultimo scoglio prima della finale! L’anno prima il Leeds, quarti di finale di Coppa delle Fiere, poi Coppa Uefa, ci eliminò per sorteggio dopo un arbitraggio scandaloso in terra inglese e l’1 a 0 rossoblù in casa. E in Coppa delle coppe? Due esperienze. Nel 70-71 in casa dei tedeschi Vorwaerts, strappammo un bel 0 a 0 che portò i giornali a scrivere “Janich, il muro di Berlino”. Ma al ritorno segnò Pace e poi un’uscita maldestra di Vavà Vavassori ci costò l’1 a 1 e l’eliminazione. Quattro anni dopo, ecco al primo turno di coppa Coppe il Gwardia Varsavia. Andata 2 a 1 con l’arbitro, il tedesco Biwersi, a fare cose inenarrabili contro i rossoblù. GianPaolo marchetti, inviato del Carlino, aprì il pezzo di commento in questo modo: “Diversi fattori hanno portato alla sconfitta del Bologna”. Due a uno, tutto poteva accadere. sennonché al ritorno ribaltammo esattamente il risultato e si andò ai rigori. Fatali… Miglior sorte in Mitropa Cup e successivamente in quella coppa Intertoto che rappresenta l’ultimo trofeo vinto fuori dai patri i confini. Battendo in finale per 3 a 0 il Ruch Chorzow, prologo della meravigliosa cavalcata culminata con la sconfitta in semifinale col Marsiglia (un sacrosanto rigore negato, fallo su Fontolan, all’andata, rigore concesso invece ai francesi per tuffo coreografico del centravanti Maurice su uscita di Antonioli, arbitro il tedesco Merk). A quella edizione sono legate fantastiche prestazioni della nostra squadra. La vittoria di Lisbona sullo Sporting (vendicando così l’eliminazione subita ad opera dei biancoverdi in semifinale anni prima); il trionfo sullo Slavia vincendo a Praga; il rotondo 3 a 0 all’Olympique Lyonnais (preceduto dal successo della nostra squadra giornalisti, con l’identico punteggio, sui giornalisti transalpini). E col Marsiglia, di cui ho già parlato, unica (magra) consolazione il 10 a 0 inflitto sempre da noi giornalisti ai colleghi francesi che, all’andata avevano vinto, macchiandosi però di falli violenti e ingiustificabili.

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