Bologna FC
Árpád Weisz, dall’Olimpo del calcio al buio della storia
Árpád Weisz, dal trionfo alla tragedia: l’allenatore che fece grande il Bologna e fu vittima insieme alla sua famiglia della tragedia dell’Olocausto, verrà ricordato domani con una celebrazione in suo onore.
![Árpád Weisz (©Bologna FC)](https://www.1000cuorirossoblu.it/wp-content/uploads/2025/01/Arpad-Weisz.jpg)
Árpád Weisz è stato per anni un protagonista assoluto del calcio italiano. Eppure, la sua storia è stata inghiottita dall’oblio per decenni, fino a quando un libro di Matteo Marani ne ha riportato alla luce il tragico destino. Weisz, ungherese di origine ebraica, ha scritto pagine memorabili della storia calcistica italiana, guidando il Bologna a due scudetti e al trionfo nel prestigioso Trofeo dell’Esposizione Universale di Parigi. Ma la sua vita, segnata dal genio e dalla passione per il calcio, fu brutalmente spezzata dall’orrore della Shoah. Un fuoriclasse dal destino segnato e spezzato, di cui dobbiamo tenerci stretta la memoria. Per non dimenticare mai.
Un maestro di calcio
Weisz non era solo un grande allenatore, ma un innovatore. La sua capacità di leggere il gioco e di valorizzare i giovani talenti lo resero uno dei tecnici più stimati del suo tempo. Alla guida del Bologna, portò la squadra al vertice del calcio italiano e internazionale. La vittoria del Trofeo dell’Esposizione Universale nel 1937, dove il Bologna sconfisse il Chelsea in finale, è ancora oggi un traguardo storico.
La carriera del tecnico, tuttavia, si interruppe bruscamente a causa delle leggi razziali introdotte dal regime fascista nel 1938. Costretto a lasciare l’Italia, l’allenatore ungherese cercò rifugio prima in Francia e poi in Olanda. Fu a Dordrecht che ebbe un’ultima occasione di mostrare la sua classe come allenatore. Ma il miraggio di salvezza si infranse con l’avanzata nazista.
Dalla gloria alla tragedia
Dopo l’invasione tedesca dei Paesi Bassi, Weisz e la sua famiglia furono perseguitati per le loro origini ebraiche. Arrestati e deportati, Árpád, sua moglie Elena e i figli Roberto e Chiara furono condotti ad Auschwitz. Per Elena e i bambini, l’orrore si concluse presto con la morte nelle camere a gas. Weisz, invece, resistette ancora per alcuni mesi, aggrappandosi al sogno di un futuro migliore, fino al 31 gennaio 1944, quando anche lui trovò la morte nel campo di concentramento.
Per troppo tempo il nome di Árpád Weisz è rimasto dimenticato, nonostante il suo straordinario contributo alla storia del calcio e dello sport. Solo negli ultimi anni, grazie al lavoro di storici e giornalisti come Matteo Marani, la sua figura è stata finalmente restituita alla memoria collettiva. Oggi, il tecnico è giustamente celebrato come uno dei più grandi allenatori della storia del calcio, e la sua storia è una testimonianza dolorosa, da non dimenticare. Weisz ci lascia un’eredità che va oltre il calcio: il suo genio, la sua umanità e il suo sacrificio restano un monito per tutte le generazioni.
La celebrazione di Árpád Weisz
Ricordare Árpád Weisz è un dovere per mantenere viva la memoria e imparare dal passato. Domani alle 11, il Bologna si raccoglierà davanti alla targa commemorativa sotto la Torre di Maratona dello stadio Dall’Ara, posta nel 2009 su iniziativa del Comune. Successivamente, in via Valeriani, saranno posate le pietre d’inciampo dedicate a Weisz, alla moglie Elena e ai figli Clara e Roberto, davanti alla loro abitazione dei tempi gloriosi in cui l’allenatore guidava lo “squadrone che fa tremare il mondo“.
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