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Bologna U16, Biavati: “Sentirsi appartenenti a una società è fondamentale”

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Il problema è che adesso, di questi tempi, si vuole tutto e subito. Non si tiene conto, per esempio, che per arrivare a ottenere buoni risultati – non per forza la vittoria – c’è bisogno di tempo, programmazione, mentalità, passione e…appartenenza.
Due settimane fa, abbiamo incontrato – tra le mura (e che mura…) di Casteldebole – Denis Biavati, allenatore dell’U16 del Bologna classificatosi quarto nella classifica della regular season, poi eliminato, al primo turno dei playoff direzione Scudetto, dalla Lazio (2-1). Abbiamo iniziato a chiedergli il loro percorso in campionato, ma per arrivare a certi successi bisogna innanzitutto partire da una base: quello su cui il mister – insieme ai colleghi – vuole puntare è proprio lo spirito di appartenenza, che lui stesso ha fatto 14 anni fa.

Mister, un ottimo attacco (46 gol) e una fase difensiva nella media – calcolando la voce ‘gol subiti’ – vi hanno fatto qualificare alla zona playoff, molto combattuta per tutto il campionato.
“Sì, il campionato è iniziato, per noi, in salita perché avevamo un calendario molto difficile con Atalanta, Spal e Milan nelle prime tre. Poi ci siamo resi conto che avevamo un’ottima squadra, soprattutto i ragazzi si sono resi conto di questo, e quindi hanno iniziato a prendere consapevolezza; per cui, passata la prima fase di 5-6-7 partite in cui alternavamo un po’, abbiamo avuto, mi pare, tredici partite consecutive senza perdere: quello ha fatto sì che ci elevassimo molto rispetto alla media degli altri avversari. Siamo arrivati nelle prime posizioni, toccando anche il secondo posto, e alla fine ci siamo qualificati come quarti all’ultima giornata vincendo con il Cagliari per 5-0. Quindi direi che è stato un campionato positivo, molto positivo, però c’è stato da combattere perché si poteva vincere con tutti: abbiamo sconfitto l’Inter 2-1 – imbattuta dall’anno precedente -, il Milan a Milano 4-3, l’Atalanta a Bergamo 2-1. Queste sono le tre squadre più forti e noi le abbiamo battute. Poi abbiamo fatto qualche passo falso, tipo al ritorno con il Brescia – stavamo vincendo 2-0 in casa, poi finita 3-3 -, abbiamo pareggiato 1-1 con l’Udinese in casa. Ci siamo qualificati un po’ all’ultimo, ma mi sembra con pieno merito”

Le vittorie con Atalanta e Milan, all’inizio del girone di ritorno, possono essere state le partite che hanno dato un’accelerata?
“Assolutamente sì. In realtà ne abbiamo fatte tre perché in mezzo abbiamo vinto anche con la Spal, diretta concorrente ai playoff che era davanti a noi. Quindi abbiamo battuto Atalanta, Spal e Milan: sicuramente 9 punti in 3 partite hanno fatto sì che entrassimo in zona playoff superando anche diverse avversarie. È stata una svolta che abbiamo mantenuto per un po’. Poi c’è stato un periodo centrale in cui abbiamo fatto qualche passo falso, ma ci siamo ripresi vincendo 6-1 col Verona, diretta concorrente. Abbiamo fatto 23 punti nel girone di ritorno e 17 in quello d’andata, quindi è stato un crescendo”

‘Uscendo’ dal campo, c’è qualche motto, una frase che dice ai suoi ragazzi capace di ‘portarli’ ai playoff?
“Io cerco di stimolare i ragazzi in modo diverso perché, secondo me, le cose ripetute non riescono a colpirti come la prima volta, e quindi ogni volta abbiamo cercato di pensare a qualche stratagemma diverso: video motivazionali prima della gara, 4-5’ di spezzoni di film, diverse riunioni col direttore in sala stampa in cui anche lui ha fatto vedere video,… Penso, però, che la cosa più importante è che loro abbiano preso consapevolezza dei loro mezzi dall’inizio dell’anno: risultati e vittorie con squadre molto importanti li ha sicuramente convinti ad avere delle capacità”

Più importante una tattica individuale o di squadra per arrivare a un risultato?
“A quest’età si inizia di più a lavorare sulla squadra, però io sono sempre partito a lavorare sull’individuo. Quindi prima l’individuo, poi – piano piano – siamo andati anche a lavorare sulla squadra, vedendo anche i nostri avversari, preparando più nello specifico le partite. Però, se non hanno qualità importanti individuali, fai fatica: l’obiettivo principale è migliorare il giocatore”

Riguardo alla lettera della Primavera a Niccolò Galli, quanto sono importanti i valori a livello giovanile? Si capisce subito chi ha questa determinazione, la dedizione di lavorare giorno per giorno?
“Sicuramente il fatto di sentirsi appartenenti a una società e di lasciare traccia è una cosa fondamentale, che si conquista con il tempo: non può arrivare un ragazzo da fuori e sentirsi appartenente, secondo me. Il fatto che in Primavera ci fossero diversi ragazzi che sono partiti dalla scuola calcio, sono qui da noi da 7-8 – se non più – anni, come il capitano Mazza, è molto importante e ti aiuta a sentirti appartenente. Quando, all’interno del gruppo, ci sono questi elementi qua che trascinano, poi magari anche gli altri che sono qua da meno tempo vengono portati a essere più attaccati alla storia della società, a quello che è avvenuto in passato e si sentono partecipi di qualcosa di importante: non è che puoi arrivare subito e sapere chi è Niccolò Galli. Troise aveva coinvolto tutti i ragazzi e allenatori in una serata in cui si parlava proprio del senso di appartenenza, tutti hanno partecipato interamente, quindi hanno letto la storia di Bologna, quello che era avvenuto, sono venuti a conoscenza di diverse cose: dopodiché ti scatta un po’ qualcosa. Poi l’annata della Primavera ha aiutato tanto con tutti i risultati che hanno ottenuto, a far parte di un gruppo importante. Questa cosa di Niccolò Galli è stata molto bella: io ho partecipato quattro volte al torneo dedicato a lui a Firenze con gli Esordienti del 2^ anno, conosco bene la famiglia, capisci anche i valori che aveva il ragazzo e da chi li ha presi. Persone veramente eccezionali che ti fanno sentire a casa quando vai da loro”

Cosa vuol dire allenarsi a Casteldebole? Perché tutti gli addetti ai lavori ne hanno sempre parlato bene.
“Io direi che è un vanto avere un centro sportivo così attrezzato, con così tanti campi, il fatto di potersi allenare con tutte le categorie insieme e di fianco anche alla prima squadra, cambiarsi con loro, c’è il ristorante dove possono mangiare i ragazzi e mangiano anche i giocatori della prima squadra. Insomma, essere a contatto ti fa capire che comunque sei in un bell’ambiente dove si sta bene e tutti si conoscono ti fa allenare e giocare con qualcosa in più. Se tu ti allenassi da solo, con i compagni di squadra e lo staff, insomma, sarebbe – secondo me – diverso. Questo è qualcosa in più, sempre in livello di appartenenza e di ambiente dove puoi avere stimoli, campioni vicino. Ce l’abbiamo da quando hanno ampliato il centro, perché qualche squadra giovanile non era qua. Adesso che siamo qua è una bellissima cosa”

Le faccio l’ultima domanda, forse quella più difficile: chi è Denis Biavati?
“Io mi sento appartenente a questa società perché sono qui da 14 anni, sono arrivato l’anno dopo che è stata fondata la scuola calcio da Daniele Corazza. Sono cresciuto insieme a lui fino al settore giovanile, ricoprendo diversi ruoli: non solo allenatore, ma anche lo scouting. Sono appassionatissimo di questo lavoro, di questo ambiente: sono una persona disponibile, umile, che vuole crescere e tutto quello che mi danno come mansione ci metto sempre il massimo impegno per portarlo a termine. Non lo faccio per uno scopo meramente economico, ma assolutamente per passione, quindi sono partito dal nulla e adesso ho avuto quest’opportunità quest’anno: la prima volta con delle categorie grandi, però mi sono trovato bene, penso che la società sia contenta. Vedremo il prossimo anno cosa mi faranno fare, ma lo farò col massimo entusiasmo”

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