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Bolognesi e americani, hanno tutti torto – 27 Set

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Bolognesi e americani, hanno tutti torto.

E così è finito il match, o forse solo il primo round viste le ultime dichiarazioni di Tacopina. L’avvocato e Joey Saputo se ne sono tornati in America, a Bologna rimangono i “bolognesi” Guaraldi, Zanetti, Morandi e “compagnia cantante”. Un’occasione per ora persa, forse l’unica nell’ultimo mezzo secolo di sognare ancora quella “grandeur” che sotto le Due Torri manca da mezzo secolo esatto, da quello Scudetto del ’64 che nessuno avrebbe pensato sarebbe stato l’ultimo.
Mezzo secolo dopo il Bologna è addirittura in B, a vivacchiare con una squadra con più ambizioni che qualità, messa insieme alla bell’e meglio da un DT, Filippo Fusco, che oggettivamente ha fatto con quel pochissimo che ha avuto a disposizione. Una squadra senza né capo né coda affidata ad un semi-esordiente come Diego Lopez, tecnico volenteroso ma con qualità ancora tutte da dimostrare, dopo che in estate si era parlato addirittura di Zeman e di rinforzi dai nomi senz’altro più suggestivi di quelli che poi sono arrivati.
Guaraldi e i suoi soci, nel giro di pochi anni, sono riusciti a deprezzare in un modo incredibile una società che comunque aveva sempre un buon nome e una certa appetibilità, l’hanno riempita di debiti senza acquistare nessun campione e anzi, vendendo quei pochi che per miracolo spuntavano ogni tanto al “Dall’Ara”. È arrivata una retrocessione che ha saputo di ciliegina su una pessima torta, una discesa nel purgatorio della B lenta e inevitabile, senza che mai una volta sia sembrato che le cose potessero cambiare. Se una cosa la può insegnare, l’attuale dirigenza che presiede Casteldebole, è come non dirigere una squadra di calcio. Massimo Zanetti, invocato spesso e a più riprese come il salvatore della patria, non si è mai esposto in prima persona, risultando assente quando Diamanti partiva per la Cina per ragioni di bilancio, quando serviva il pagamento di un IRPEF che ha portato un’umiliante penalizzazione, però è ricomparso come per magia quando la società sembrava davvero poter passare di mano. Soldi, “Bologna ai bolognesi”, americani a casa. Una svolta inspiegabile e sicuramente tardiva, che ha dato l’impressione che più che al bene rossoblù il patron della Segafredo pensasse alla difesa di un proprio investimento, ne più ne meno.

Sottolineare le enormi, indifendibili e ingiustificabili colpe dell’attuale dirigenza, però, non significa non poterne trovare anche in chi teoricamente avrebbe voluto acquistare il Bologna ma in pratica non ha mai fatto niente di concreto in questo senso. Certo, “vasche” per la città, mani strette e monsignori, sindaci ed assessori incontrati. Dichiarazioni ambiziose e proclami altisonanti, “tornare tra le prime cinque d’Italia”, costruire un nuovo Stadio, oggi la A e domani il mondo. Ed un milione versato.
Peccato che, a ben guardare, sia difficile almeno non ipotizzare che Tacopina e i suoi soci – realmente conosciuto solo Joey Saputo, che ha detto più volte di “stare valutando” – puntassero ad un fallimento pilotato, a prendere il Bologna per “du’ spicci” (per dirla alla romana, ultima esperienza di “Zio Joe”). Sarebbe stato bello sapere i nomi dei soci come concordato con gli avvocati del Bologna il 24 settembre, così come concordato tra l’altro dalle parti una settimana prima. Sarebbe stato bello – e avrebbe reso, se possibile, Guaraldi e Zanetti ancor più indifendibili di quanto già non siano – se alle parole (Kobe Bryant, Roberto Mancini addirittura come consulente di Lopez e via dicendo) fossero appunto seguiti fatti concreti. Fatti che a parole erano stati concordati.

Sarò ingenuo, ma non riesco a capire come sia possibile che una persona (Saputo) che ha 3 miliardi di capitale non tiri fuori immediatamente una ventina di milioni, fossero anche trenta, e prenda una piazza come Bologna, importante, amata, seguita, storica per il calcio italiano. Una piazza che se amata saprebbe restituire quell’amore cento volte, che ormai non sogna da due generazioni e teme – a ragione – di non poterlo fare più. 
Si è detto che Guaraldi ha giocato al rialzo, che si è tenuto il milione di caparra: difficile crederlo, c’erano carte di avvocati nel mezzo, i prezzi erano stabiliti e pure l’utilizzo di quel milione. Ma anche se fosse quel che rimane inspiegabile è come uno dei 300 uomini più ricchi del pianeta non superi un’impasse come questa, ne faccia una questione di principio e molli tutto. Che da Roberto Mancini, un nuovo stadio e la rincorsa alla Champions a puntare i piedi per 10 milioni ce ne corre.

Chi ha torto quindi? In questo momento tutti. Guaraldi e la sua acclarata incapacità (i risultati sono lì a dimostrarlo) di gestire un club, di trascinare una piazza che in fondo si conquisterebbe con poco, con solo un po’ di buona volontà. Zanetti e la sua immobilità, sciolta solo nel momento in cui ha corso il rischio di perdere il Bologna e che tenta poi di spacciarsi come il salvatore di una baracca che andava salvata molto tempo fa e in più occasioni. Tacopina (che ha senz’altro ricavato da questa vicenda un po’ di pubblicità, che non fa mai male per chi prima di questi giorni conoscevamo solo come avvocato di Amanda Knox, almeno noi) che ha parlato tanto e combinato poco, illudendo una piazza ma non rispettando gli accordi presi con gli avvocati. Saputo, che con tutti i soldi che ha, poteva investire davvero sul Bologna, fregandosene di Guaraldi, di Zanetti, di tutti, dimostrando ai tifosi del Bologna che ogni tanto è lecito sognare, anche se ami la bandiera rossoblù.

Già, i tifosi. L’unica parte sana di questa vicenda, l’unica che ha ragione da vendere. Che hanno sognato e sognano ancora che fosse vera una cosa che non ha mai avuto davvero i contorni del reale, ma dopo tanto tempo e dopo tante cattive gestioni non importava: meglio un sogno incerto che una grigia realtà? E chi lo sa. È sempre sbagliato, nelle questioni di cuore, credere al primo che passa solo perché chi c’è al momento ci delude. Rimane il fatto che sembra impossibile che in questo calcio moderno fatto di brand, di merchandising, di marchi e immagine nessuno abbia voglia di puntare su quello che una volta era uno squadrone che faceva tremare il mondo.

E’ di oggi la notizia che per Tacopina nulla è ancora chiuso, che la partita è aperta, che finito il primo round, ne seguirà almeno un altro. Con le spalle che si ritrova l’avvocato americano, c’è da credere che un round non basti per abbatterlo. Ma volente o nolente, dovrà stare alle regole dettate dai proprietari attuali, che hanno il diritto di dettarle, nonostante tutto. Non basterà aver convinto la gente, il Sindaco e continuare a parlare di Bologna da primi 5 posti in Serie A: serviranno fatti concreti. Zanetti o Tacopina, Guaraldi o Saputo, la partita non è finita. E non è finita la voglia del popolo rossoblu, di vedere ancora “tremare il mondo” alla sola vista dei propri colori.

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