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Canta che ti passa: Mi fido di te

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Piccolo racconto personale: due settimane fa, stavo parlando con il mio vecchio datore di lavoro – proprietario di una pizzeria – a proposito del fatto che gli allenatori, oggigiorno, sono sempre più oggetto di baratti piuttosto che umani con un cuore di un certo “colore sociale” (il mercato lo impone…). Lui, interista e interessato il giusto al mondo pallonaro, si sofferma su un nome: Gennaro Gattuso. Certo: nativo, vivente e – molto probabilmente – morituro rossonero. Ma non solo, siccome l’allenatore del Milan è molto apprezzato per la sua schiettezza, umiltà, simpatia e chi più ne ha, più ne metta. Da qui, frasi come “Gli affiderei il mio cane” o “Gli farei guidare la mia macchina” non suonano soltanto come buttate a caso: Gattuso buca lo schermo, parla un linguaggio “popolare” e si comporta come lo facesse un amico che ti sta simpatico e di cui, magari, ti fidi.

Quest’ultima settimana, però, mi sono accorto che un altro allenatore – sebbene non sia stato sempre fedele alla squadra che sta allenando ora – può essere comunque soggetto delle frasi di cui sopra: Sinisa Mihajlovic.

Come di buon uso in questi tempi, il serbo è passato da (leggermente) contestato a (nuovamente) salvatore della patria nel giro di quattro giorni. Quel “Qualcosa cambieremo” detto nel post gara di Sassuolo-Bologna non aveva fatto intendere per nulla la rivoluzione che il tecnico serbo avrebbe messo sul campo atalantino. Qualcuno aveva predetto la goleada locale, nessuno se la sarebbe aspettata in così pochi minuti: fatto sta che la bandiera bianca alzata ancor prima dell’inizio gara non era andata giù a tutti.
Mihajlovic, tuttavia, da vecchio volpone ha fatto suo il detto “con i se e con i ma, la storia non si fa”, quindi perché andare a rischiare di non avere un determinato giocatore in una partita ben più decisiva, quella con il Chievo, squadra compattissima e superata grazie a – soprattutto – i due rigori di Pulgar?
In una stagione in cui le certezze sono state veramente poche, meglio non tirare troppo la corda. E pazienza se quattro vittorie consecutive, in campionato, non arrivano dal 1967: spesso è consigliato avere il rinculo, per poi riprendere velocità.

Mi fido di te,
cosa sei disposto a perdere

Eh, no, qui ci giochiamo una retrocessione, c’è tutto da perdere. Ed è per questo che Miha, allo stesso tempo, non ha nulla da perdere: serve giocare a carte scoperte, senza sbagliare un colpo e lasciando il gioco al croupier, ovvero il calendario. A sette giornate dalla fine, l’allenatore deve fare conto su stato della squadra (si gioca da circa otto mesi), diffidati (il Bologna non ha una panchina affidabilissima), avversari in campo (meglio perdere punti a Bergamo che col Chievo, no?) e fuori dal campo (quella che si può chiamare “visione totale”: Sinisa darà un occhio per controllare contro chi gioca l’Empoli, ad esempio, o no?).

Jovanotti, nello storico pezzo “Mi fido di te”, elenca un sacco di frasi che – nell’insieme – sono senza senso (che cacchio c’entrano le canzoni per bimbi col frack con le corone d’alloro?), ma prese singolarmente fanno ragionare sul senso della canzone: “Tu credi che assassini per bene non ce ne siano o che la dea dell’amore non si muova nei jeans? Fidati di te, che ti faccio vedere”.
Non credo che Sinisa abbia interesse a mostrare ciò, ma vincendo contro il Chievo ha già avuto la prova che voleva: la fiducia dei tifosi, nuovamente tornati a riempire in modo cospicuo i settori del Dall’Ara – e non solo – nonostante il proprio allenatore non sia un “vecchio cuore rossoblù”. Insomma, Mihajlovic, di Gattuso, ha ben poco da invidiare.
Probabilmente, nelle prossime chiacchiere da…pizzeria, io – cameriere – e lui – proprietario del locale – parleremo anche di Mihajlovic, mentre lui è a passeggiare col mio cane…

(Mi fido di te – Jovanotti)

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