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Che rumore fa la felicità, secondo Pulgar

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Minuto 88 di Bologna-Sassuolo. Pomeriggio tanto grigio quanto piovoso (e non sto parlando del meteo su Bologna, ma NEL Bologna), nel quale Erick Pulgar disegna una parabola color arcobaleno che mette un punto fermo sulla prestazione offerta dai rossoblù fino a quel momento.
Punto e a capo. (speriamo…)

E allora musica, maestro! Il numero 5, con un gesto vellutato della bacchetta, abbassa il volume dei fischi con quel gesto provocatorio ma aspettato da tutti. Sì, credo che ogni singolo spettatore avrebbe firmato per una vittoria condita, però, con l’indice davanti alla bocca.
Se qualcuno avesse chiesto all’autore della marcatura decisiva che rumore facesse la felicità in quel momento, lui avrebbe risposto quello di mettere a tacere tutti quei maledetti rumori che facevano solo del male alla squadra.
Chiaro, Erick: quattro sconfitte su cinque nel giro di un mese e mezzo: vuoi che i tifosi non protestino?
Ma è anche questo il bello per un giocatore: quando si perde valore, si cerca di tirare fuori dalla manica quell’asso che lascia tutti a bocca aperta. Per cantare.

Mentre il senso delle cose muta
ed ogni sicurezza è ormai scaduta
appassisce lentamente
la coscienza della gente.

Infatti, proprio al minuto 88, Pau dei Negrita intona quella melodia tanto aspettata al Dall’Ara: “Che rumore fa la felicità?”

quanti spilli sulla pelle
dentro il petto sulle spalle

[…]

Che sapore ha, quando arriverà
sopra i cieli grigi delle città

Un sapore dolce-amaro: sono arrivati, finalmente, i tre punti, anche se la prestazione rimane. La Curva (soprattutto) non è mancata all’appuntamento di far notare ai propri giocatori tutto il disappunto possibile quando li ha esortati a mostrare un po’ più di grinta (diciamo così).
Ma è anche questo il rumore della felicità: dopo una partita del genere, arriva il sospirato raggio di luce a disegnare l’arcobaleno sul quale c’è scritto “Stavolta l’abbiamo sfangata”. Per il momento godiamocelo, questo bagliore.

Infine, arriviamo al vero senso del rumore della felicità: gol praticamente al 90’ che dà la vittoria alla propria squadra dopo settimane di digiuno. Felici tutti? Sì, anche Orsolini.
Vi starete chiedendo “Perché non sarebbe dovuto esserlo?”. Subito svelato l’arcano: quando Donadoni ha speso il terzo cambio con Helander al posto di Torosidis, il nuovo numero 8 ha finito il riscaldamento con la smorfia che sembrava avesse vita propria: “Perché non io che sono un attaccante? Voglio vincere!”. Dopo la rete di Pulgar, però, è saltato dalla panchina per festeggiare. Sembrerà banale, ma non è da tutti i giocatori.

Camminiamo ancora insieme,
sopra il male sopra il bene

Fischiamo ancora, se necessario. Ne abbiamo tutto il diritto. Dopo sarà ancora più dolce il rumore della felicità.

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