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Christmas Tale – Una maglia lunga un sogno

La partita di Natale – Una racconto natalizio della rubrica “Christmas Tale”

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21 Dicembre 2000.

Claudio è un bambino di 8 anni, e vive a Valledolmo, un piccolo paese nella provincia di Palermo.
È un ragazzino molto vispo, quel Claudio. Sin da piccolissimo, sembra possedere doti innate, tanto che ad appena 1 anno è capace, in completa autonomia, di ruotare per il verso giusto una pagina di giornale, anche se gli viene sottoposta al contrario. E, soprattutto, ha una memoria fotogenica: a 5 primavere, grazie all’atlante geografico regalato da una zia materna, conosce tutti i capoluoghi di regione italiani, le capitali europee e qualcuna relativa agli altri continenti. Pare essere nata una piccola, grande passione per Claudio, quella per la Geografia. Così, a menadito, se gli domandano quale sia la capitale della Svezia risponde Stoccolma, il capoluogo del Friuli Trieste, quello dell’Emilia-Romagna Bologna. Senza esitazioni.

Qualcosa, però, sta per cambiare completamente i suoi interessi.

1 Febbraio 1998.

La famiglia di Claudio si trova a Palermo, in visita da alcuni parenti. Dopo pranzo il padre Salvatore, appassionato di calcio, decide di dirigersi verso lo stadio della Favorita, dove alle 14.30 è in programma la partita tra i rosanero di casa e l’Ascoli, valida per il campionato di C1. Arrivato sull’uscio di casa, però, sente che qualcosa, o meglio qualcuno, sta strattonando i suoi pantaloni violentemente, da cartellino giallo.

È il figlio, e vuole andare con lui.

Claudio non sa praticamente nulla di calcio. Conosce a malapena i nomi di due giocatori: Roberto Baggio e Alex Del Piero, solo perché decantati dalla figura paterna, al quale è strettamente legato. Già, della partita non gli interessa veramente niente, lui vuole solo passare un pomeriggio col suo papà.
Da una parte, la madre Letizia non sembra essere molto convinta all’idea che il figlio, così piccolo, possa andare allo stadio. Dall’altra, Claudio non accenna a sganciarsi dalle povere brache di Salvatore. Alla fine, dopo mille raccomandazioni tra le quali “non allontanarti da solo”, “tieni sempre la mano a papà” e “non azzardarti ad andare in curva”, rivolto al più grande dei due uomini, chi ha la meglio è il giovanissimo ragazzo. Si parte.

Non sarà la più entusiasmante delle partite. Uno scialbo 0-0, visto dalla tribuna laterale, accompagna i due verso l’uscita. Ma Claudio è rimasto folgorato da due cose: la prima è un coro cantato da due ragazzotti seduti alle sue spalle, che fa “se venite voi qua, o veniamo noi lì, vi faremo un c*** così”, e che un imbarazzato Salvatore cerca di non far ripetere al figlio nella strada verso casa. La seconda è lo spettacolo dei ventidue giocatori sul campo, il pallone che rotola sull’erba.
È nata una nuova grande passione, che diverrà maggiore della prima. A contribuire ad ingrandirla è una maglia bianconera con su scritto il nome Inzaghi e il numero 9, comprata nelle bancarelle appena fuori dall’impianto. Quella di Baggio? Introvabile, figurati se a Palermo vendono le maglie del Bologna, mentre per quanto riguarda Del Piero l’unica presente avrebbe fatto da soprabito al piccolo Claudio. A quel punto, subentra la fede juventina del padre, che vede bene quell’attaccante alla sua prima stagione con la Vecchia Signora. E, col senno di poi, ci avrebbe visto lungo.

Ma torniamo al 21 Dicembre del 2000. I primi videogiochi di FIFA, gli album di figurine e la scuola calcio hanno accresciuto a dismisura l’iniziale puro e semplice interessamento di Claudio. Il quale, tra una capitale e l’altra, qualche paio di pantaloni strappati dopo aver giocato in strada insieme agli amici con la prima palla trovata e i susseguenti rimproveri una volta giunto a casa, ha anche imparato a riconoscere i giocatori e la relativa squadra di appartenenza. Sa, ad esempio, che un certo Julio Ricardo Cruz gioca per il Bologna, e gli piace da morire la divisa gialla indossata saltuariamente dai felsinei. Così, al telefono col padre, confessa che gli piacerebbe tanto avere la terza maglia di quella stagione, riportante nome e numero del “Jardinero”, come regalo di Natale.

Nel momento in cui, insieme alla madre e alla sorella Adriana, intorno alle 19 sale sul Treno Notte che da Palermo lo condurrà a Bologna, cova la speranza che nella vicina Imola, sotto l’albero troverà il tanto agognato cimelio.

Salvatore, infatti, per motivi di lavoro, aveva dovuto lasciare la natia Valledolmo e la propria famiglia, in direzione Nord, appena 6 mesi prima. Le vacanze per la festività sarebbero stata l’occasione per il primo, temporaneo ricongiungimento.

Nel corso del lunghissimo tragitto, Claudio sta ripensando a cosa racconterà al padre una volta giunto a destinazione. Gli parlerà delle imprese del Valledolmo, squadra della quale Salvatore era addirittura stato presidente, nel campionato di Seconda Categoria. Anzi, no, prima gli leggerà quel tema in cui racconta di quella volta in cui tornarono alla Favorita per vedere la semifinale playoff tra Palermo e Savoia, nel 1999. E che pianti che fece, sulla macchina, al termine della partita persa. E chissà se papà avrà trovato, sulle bancarelle del Dall’Ara, la maglietta di Cruz…

Un’eterna agonia, quelle ore. E man mano, l’arrivo sembra tanto più prossimo, quanto più lontano. Firenze Santa Maria Novella, Prato, una sosta alla stazione di Vaiano per attendere una coincidenza che sembra non terminare mai. E, finalmente, Bologna Centrale.

È ora di scendere. Mamma Letizia si occupa prevalentemente della più piccola Adriana, pur avendo un occhio vigile su Claudio, al quale puntualmente ricorda di rimanerle vicino.

Parole vane. Ad un certo punto, in lontananza, si scorge la figura di Salvatore. Claudio trattiene il fiato e si lancia in una corsa a perdifiato, non lasciando a mamma Letizia nemmeno il tempo di dire “cosa stai facendo???”. È quasi un aeroplanino alla Montella, quello che porta Claudio dritto tra le braccia del papà, il quale si lascia andare a delle lacrime liberatorie che mai il figlio aveva visto sgorgare sulle sue guance.

Quel giorno, Claudio scoprì, con immenso stupore, che anche i grandi piangono. E non gli sembrava vero, così come non gli parse reale, una volta giunti a casa, di poter tenere tra le proprie mani la maglietta, rigorosamente contraffatta, di Cruz. E peccato se non era gialla come voleva, ma solamente nella più ordinaria tenuta rossoblu, ma gli bastava sapere che comunque Salvatore aveva fatto di tutto per esaudire il suo desiderio. E, soprattutto, almeno per qualche giorno, poteva nuovamente stare al suo fianco.

Perché possono esistere mille passioni nella vita, ma il calore di un padre, in fondo, viene prima di ogni altra cosa.

Sedici anni dopo gli eventi sopra raccontati, il nostro augurio è che possiate trascorrere le vostre festività insieme ai vostri cari, vicini o lontani, o che possiate ricordarli nel migliore dei modi, qualora non sia possibile passare le giornate con loro.

Tanti auguri a tutti!

 

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