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Ci mancherai Vujadin… – 28 Apr

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Sta per finire una normale e noiosa domenica pomeriggio, le partite son ormai finite da due ore, e tu sei li che ti bevi una birra e fai due chiacchiere in compagnia prima di tornartene a casa per cena e ti arriva un messaggio sul telefonino da un tuo amico, poche parole “È morto Boskov”… Ci rimani stranito, apri facebook e vedi tutti i post di saluto a un allenatore, ma ancor prima ad un uomo, un uomo normale e genuino, che ha vissuto una vita nel calcio e per il calcio, rimanendo sempre sé stesso e che per questo è sempre stato amato da tutti, tifosi avversari e non. Ripensi, ripensi alle sue frasi storiche e agli aneddoti che giravano su di lui… La prima che ti viene in mente è sempre quella, la più famosa “Rigore è quando arbitro fischia!!!” che dice tutto di quell’allenatore, che viveva il calcio per com’era, un gioco, senza voler mai alzare i toni o creare polemica, ma piuttosto sempre pronto allo scherzo o alla battuta. Il buon Vujadin ha sempre avuto ben chiaro il ruolo dell’allenatore, e l’ha sempre accettato perchè come ogni gioco il calcio ha le sue regole, “Nel calcio c’è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono” così spiegava con uno dei suoi aforismi una delle grandi verità del calcio, oppure quando disse “Gli allenatori sono come le gonne: un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’armadio” per spiegare come mai certi bravi allenatori non trovassero panchina, ma sapeva esser anche duro con i suoi colleghi sopravvalutati, come quando disse “Gli allenatori sono come i cantanti lirici. Sono molti e anche bravi, ma soltanto due o tre possono cantare alla scala di Milano” esprimendo al massimo il concetto. 

Sapeva come trattare i giocatori, coccolandoli, punendoli ed amandoli allo stesso tempo, spiegando il suo rapporto con loro con questa semplice frase “L’allenatore deve essere al tempo stesso maestro, amico e poliziotto”, per far capire che anche i giocatori sotto sotto son uomini, e han bisogno di essere puniti, guidati, amati e consigliati, ma bisogna pur sempre anche farli sentir importanti, come quando rispose a Mancini che gli chiedeva la tattica “Tattica?? Pagliuca palla a Vierchowod, Mancini – Vialli – Gol !”, quando esaltava Lombardo dicendo di lui “Lombardo è come Pendolino che esce dalla galleria”, quando di Gullit appena arrivato alla Sampdoria dal Milan diceva “Gullit è come cervo che esce di foresta”, rettificando subito l’anno successivo al ritorno dello stesso al Milan dicendo “Gullit è come cervo ritornato in foresta”, oppure dimostrando l’ammirazione per un giocatore e la totale fiducia in lui, come quando con la faccia sbigottita, quasi a non voler credere a quello che era appena successo, si giró verso il suo allenatore in seconda e gli disse “Chi ha sbagliato? Pagliuca?” dopo un gol subito a causa di un grosso errore del portiere, o dimostrando l’ammirazione verso la sua intera squadra, come quando disse “Sampdoria è come una bella ragazza… che tutti vogliono mandare baci!!”. Viveva il calcio come un gioco, non amava contestazioni o arrabbiature, e sapeva sempre accettar le sconfitte con un sorriso sulle labbra, sempre pronto ad offrire battute per sdrammatizzare anche quelle peggiori, come quando disse “In campo sembravamo turisti. Con la differenza che per entrare allo stadio non abbiamo pagato il biglietto”, “Meglio perdere 4-0 che perdere 5-0”, oppure “Meglio perdere una partita 6 a 0 che sei partite 1 a 0”. 

Questo era Boskov, una vita nel calcio, sintetizzata da un’altra sua frase “Se mettessi in fila tutte le panchine che ho occupato, potrei camminare chilometri senza toccare terra”, una vita per il calcio, innamorato di questo sport, che riusciva ad emozionarlo ancora dopo tanti anni, e che gli fece dire “Non ho bisogno di fare la dieta. Ogni volta che entro a Marassi perdo tre chili” per spiegare l’amore verso la squadra blucerchiata e quello stadio.

Era un allenatore d’altri tempi, in un calcio di altri tempi, un allenatore che appena tre anni dopo aver lasciato la panchina del Real Madrid dove aveva vinto coppe, campionati ed aveva raggiunto una finale di Champions League scelse di scendere in serie B a guidare l’Ascoli, con la stessa passione e determinazione, al contrario di molti altri suoi colleghi di adesso, che dopo tre partite fatte bene si credono i nuovi messia del calcio e rifiutano chiamate da squadre non abbastanza blasonate secondo loro. 

 Mi mancherai Vujadin, mi mancherai tu che m’hai insegnato a prendere il calcio per quello che è, un gioco, e m’hai insegnato che anche di fronte a una sconfitta, il rimedio migliore non è arrabbiarti, criticare, ma una semplice battuta e un sorriso, sto provando a seguire questo insegnamento, ma purtroppo ogni tanto mi viene ancora difficile… E son sincero, un po invidio i tifosi sampdoriani, che hai fatto esultare e festeggiare per aver avuto la possibilità di vivere le tue stagioni sulla loro panchina, i tuoi trionfi con loro, ma anche la delusione della Champions persa in finale, quel trofeo per te maledetto, con due sconfitte su due finali. 

Decido anch’io di salutarti con uno stato su facebook, e tra tutte le tue storiche frasi scelgo quella che hai dedicato a Perdomo tanti anni fa, e che quest’anno avresti avuto l’imbarazzo della scelta su chi dedicarla tra i giocatori del mio Bologna “Se io slego il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo”, rettificata poi con l’altra frase ” Io non dire che Perdomo giocare come mio cane. Io dire che lui potere giocare a calcio solo in parco di mia villa con mio cane”.

Ciao Vujadin, ciao maestro, ciao mister Boskov, purtroppo questa volta il triplice fischio non è arrivato da un arbitro ma da Dio, che ha deciso di metter la parola fine sulla tua migliore e più lunga partita… 

Ci mancherai mister Vujadin, davvero… Ciao mister!!!!

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