Bologna FC
Esclusiva – Benozzo: “Siamo un gruppo unito. Sto provando a scrivere un libro”
Camilla Benozzo, classe 2000, è un terzino destro cresciuta nelle giovanili del Sassuolo e in rossoblù da due stagioni. A pochi giorni dalla ripresa della stagione ha regalato ai nostri microfoni un’intervista in cui ha raccontato del suo approccio tardivo con il calcio, delle sue passioni e ha posto interessanti riflessioni sul mondo del calcio femminile.
Quando è cominciato il tuo rapporto con il calcio? C’è qualche figura particolarmente significativa che ti ha aiutata in questo tuo inserimento?
Ho iniziato a giocare a calcio tardi, circa a 12 e 13 anni, però è uno sport che mi è sempre piaciuto e che ho sempre voluto praticare. Ho un po’ combattuto per giocare, perché all’inizio mia mamma non voleva per i soliti stereotipi, poi in realtà si è ricreduta e mi ha molto aiutata nel mio cammino da calciatrice, sostenendomi e aiutandomi sempre di più. Mi sono avvicinata penso guardando qualche partita in TV, però è una passione che, secondo me, è quasi innata, non ho un momento preciso in cui ho detto: “Mi piace il calcio, voglio giocare a calcio”, ma mi sono sempre appassionata a questo sport fin dall’inizio.
Iniziando a 13 anni, sei passata già nelle squadre direttamente femminili?
No, ho giocato due anni coi maschi in una squadra mista fino ai quattordici anni.
È uno sport, il calcio femminile, che non è riconosciuto, se non al massimo livello, come professionistico in Italia, il che implica impegni extra-calcistici. Come vivi questa cosa? Ti crea delle problematiche con la gestione del tempo?
Sicuramente è un impegno, perché come diceva prima Elena (Bonacini) loro (Bonacini e Spallanzani) fanno un’ora di autostrada, io faccio un po’ meno però ho la macchina a Modena e quindi poi autonomamente mi sposto a Sassuolo dove abito. È un impegno, però se hai dei buoni compagni di viaggio, come io ho, il tempo passa nel migliore dei modi.
Ti senti ottimista su un possibile sviluppo a livello di riconoscimenti del calcio femminile?
Mi sento ottimista, però ci sono tante cose da cambiare a livello sistemico perché ci è voluto molto tempo per arrivare al professionismo in Serie A, quindi ci vorrà altrettanto tempo per l’intero movimento e soprattutto manovre di sponsorizzazioni del movimento stesso perché è poco conosciuto e si tende a sottovalutarlo, quando in realtà è semplicemente diverso rispetto a quello maschile. E diversità non significa inferiorità.
Come ti trovi con la società?
Mi trovo bene, il Bologna Calcio penso che sia una delle poche società già dalla Serie C ad aver investito tanto sul nostro movimento e ci dà tutti i mezzi di cui abbiamo bisogno, a partire dai campi. Poi ci alleniamo dove si allenano i maschi, penso che sia una delle poche società in Italia a equipararci quasi a livello maschile, chiaramente a livello formale, poi monetario è un altro discorso.
Le tue passioni extra calcio?
Suono il pianoforte, mi piace la musica e scrivo. Sto provando a scrivere un libro e vediamo cosa salta fuori!
Il linguaggio calcistico è prettamente maschile e poco inclusivo. È una problematica che senti?
Personalmente non mi tocca più di tanto se ci riferiamo al campo, perché le cose in cui serve parità sono principalmente altre, questa è una conseguenza di aspetti primari che ancora non ci sono. Prima bisognerebbe risolvere i problemi agli antipodi del nostro mondo e poi, successivamente, passare anche a queste cose che sono solo conseguenze di un concetto iniziale.
La vostra stagione per ora sta andando a gonfie vele. Quali sono le tue sensazioni sulla ripresa?
La squadra secondo me è molto forte, siamo un gruppo unito, crediamo in quello che facciamo, ma soprattutto lavoriamo tanto e secondo me il lavoro crea una sorta di consapevolezza che ti porta a vincere.
Un tuo sogno? Un tuo augurio a te stessa per il futuro?
L’augurio che mi faccio sempre è, un po’ come diceva Elena, di cercare di migliorarmi sempre, di provare a migliorare gli altri perché penso che migliorando gli altri si crei una sorta di riflesso in quello che è il nostro miglioramento. Io miglioro te, tu migliori me e ci miglioriamo assieme.
Quale è il tuo rapporto con la città?
Io abito a Sassuolo quindi Bologna, per me, è un luogo dove vengo principalmente ad allenarmi. Avendo anche amiche di Bologna, che mi sono fatta giocando qua, riesco a viverla sempre di più e mi pare una città molto inclusiva e importante. Soprattutto, una cosa che ho riscontrato, e che non ho visto nelle altre città, è che puoi sentirti abbastanza libero perché nessuno ti giudica per la maniera in cui ti poni, per il modo di vestire a qualsiasi altra cosa. Quindi mi piace perché è una città libera.
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